Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6017 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. I, 23/02/2022, (ud. 24/11/2021, dep. 23/02/2022), n.6017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18526/2019 proposto da:

R.H. elettivamente domiciliato in Roma, Via Taranto, 90 presso

lo studio dell’Avvocato Luciano Natale Vinci, e rappresentato e

difeso dall’Avvocato Giuseppe Mariani, per procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui

uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12 domicilia;

– controricorrente –

nonché

PREFETTO DELLA PROVINCIA DI RAGUSA, QUESTURA DI RAGUSA;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Giudice di Pace di Ragusa n. 136/2019,

depositata il 03/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice di Pace di Ragusa con l’ordinanza in epigrafe indicata ha rigettato il ricorso proposto da R.H., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto della Provincia di Ragusa in data 10 marzo 2019.

Il Giudice di Pace ha ritenuto l’infondatezza dei motivi proposti sulla mancanza di delega del funzionario che aveva emesso il decreto in sostituzione del prefetto – nell’intervenuto deposito in giudizio di copia del provvedimento prefettizio di delega -, sulla notifica del provvedimento dedotta dal ricorrente come non intervenuta né in originale né in copia conforme all’originale – nella rilevata attestazione dell’incombente da parte di un pubblico ufficiale con conseguente fidefacenza della relata fino a querela di falso – e sul difetto di motivazione, nella rilevata indicazione contenuta nel decreto impugnato dell’esistenza di altri due precedenti decreti di espulsione.

2. R.H. ricorre per la cassazione dell’indicata ordinanza con due motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Per ordinanza interlocutoria n. 18015 del 2021, questa Prima sezione ha disposto il rinnovo della notifica del ricorso al Prefetto di Ragusa presso il suo ufficio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13.

Il ricorrente impugna il provvedimento del Giudice di Pace nella parte in cui aveva ritenuto il Prefetto l’unica Autorità competente all’adozione del provvedimento di espulsione dal territorio dello Stato.

L’affermazione non avrebbe trovato rispondenza a disciplina di legge che fa salva, invece, la figura del “vicario” (D.Lgs. n. 139 del 2000; D.M. 18 novembre 2002; Circolare Ministero interno 9 gennaio 2013; D.Lgs. n. 29 del 2004; D.P.R. n. 180 del 2006) la quale, avverandosi un caso di impedimento, assenza o temporanea vacanza del titolare competente, è legittimato a compiere gli atti riservati all’ufficio, di cui è vicario.

Oltre al titolare dell’ufficio, e quindi oltre il Prefetto, competente ad emettere il provvedimento espulsivo sarebbe stato solamente il Viceprefetto Vicario che può esercitare in via sostitutiva generale, nei casi previsti, il potere attribuito al titolare dell’ufficio, a garanzia del buon andamento e della continuità dell’azione amministrativa e del rilievo del diritto su cui il provvedimento espulsivo incide.

In ricorso si era inoltre dedotta la mancanza dell’atto di delega in capo al funzionario che aveva firmato l’atto, evidenza che avrebbe reso nullo il decreto di espulsione.

2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 445 del 2000 e L. n. 241 del 1990, art. 3.

L’ordinanza impugnata nulla diceva anche in merito alla sollevata eccezione di nullità dell’atto per mancata attestazione di conformità all’originale richiesta, invece, ai fini di validità dalla giurisprudenza della Corte di cassazione a cui non suppliva la clausola di stile contenuta nella relata di notifica senza indicazione del numero degli originali in cui è stato redatto invece necessaria per dimostrare che al ricorrente era stato consegnato un originale del decreto in questione.

L’ordinanza impugnata dinanzi al giudice di Pace era inoltre invalida perché priva di una efficace motivazione sulla pericolosità sociale del ricorrente. La pericolosità semplice, quale era quella contestata al ricorrente, con riferimento alle categorie previste dal D.Lgs. n. 159 del 2011, lett. a) e b) e delle prescrizioni imposte, doveva intendersi violativa dell’art. 2 del Protocollo n. 4 della Cedu per mancanza di prevedibilità delle condotte ascritte.

3. Il ricorso è inammissibile perché generico e sconfinante nel merito.

3.1. Il ricorrente non deduce di aver fatto valere dinanzi al giudice del merito la questione della competenza del vice prefetto aggiunto a sottoscrivere il decreto espulsivo e tanto vale, nella novità della stessa, a qualificare in termini di squisito merito la questione dedotta.

La pure dedotta questione di nullità del decreto per mancata allegazione della delega al funzionario che ha sottoscritto il decreto è già stata proposta al Giudice di Pace che, rilevata l’intervenuta produzione di detta delega, ne ha ritenuto l’infondatezza.

Il motivo a fronte di siffatta motivazione e senza confrontarsi con la stessa reitera l’iniziale censura con conseguente sua inammissibilità per mancanza di specificità della critica.

3.2. Il motivo sulla mancanza di motivazione con denunciata violazione della L. n. 241 del 1990 sul provvedimento amministrativo è inammissibile perché, ancora una volta, reiterativo di iniziale censura e non di confronto con il provvedimento impugnato, che aveva escluso il denunciato difetto attraverso un pieno scrutinio dei contenuti del decreto, con l’effetto di condurre critica generica ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass. 24/09/2018 n. 22478) e comunque diretta ad un sindacato sul merito non consentito in sede di legittimità.

3.3. Il richiamo, poi, alla sentenza della Grande Camera della Corte di Strasburgo De Tommaso c/Italia è comunque generico non chiarendo, con il riferimento alle categorie delle persone pericolose di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011 – da valere in materia di misure di prevenzione ed oggetto della sentenza della Corte Edu indicata cui è seguita la sentenza n. 40076 del 27/04/2017, Rv. 270496 – 01, delle Sezioni Unite Penali di questa Corte che hanno ritenuto la non capacità di quelle condotte di integrare il reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 75 -, il rilievo dalla prima assunto nella diversa materia del giudizio di pericolosità che si accompagna alla misura amministrativa dell’espulsione.

3.4. La questione dedotta circa la mancanza di attestazione di conformità all’originale del decreto è anch’essa, in modo inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, reiterativi di censura alla quale il Giudice di Pace ha già fornito risposta e nel mancato confronto con quest’ultima si traduce in un motivo che difetta della dovuta specificità (Cass. 24/09/2018, n. 22478).

4. Il ricorso è in via conclusiva inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese di lite secondo soccombenza come in dispositivo indicato.

Essendo il procedimento esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al Ministero dell’interno le spese di lite che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Essendo il procedimento esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 24 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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