Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6017 del 09/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 09/03/2017, (ud. 22/11/2016, dep.09/03/2017),  n. 6017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22602-2013 proposto da:

C.B. (OMISSIS), C.G. (OMISSIS),

T.C. (OMISSIS), considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato SALVATORE SCIBETTA giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

ISTITUTO ITC E GEOMETRI E (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1184/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 19/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel (OMISSIS) C.S., all’epoca minorenne, si ferì all’interno dei locali dell’Istituto Tecnico Commerciale “(OMISSIS) (d’ora innanzi, per brevità, “l’Istituto”), allorchè – dopo avere inciampato su un “montante bloccaporta” – cadde infrangendo una porta a vetri e ferendosi alla mano ed al polso.

2. Adducendo tali circostanze di fatto, nel 2004 C.S. e C.B. convennero dinanzi al Tribunale di Catania, sezione di Mascalucia, il suddetto Istituto, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza dell’infortunio.

L’Istituto si costituì e negò la propria responsabilità.

Con sentenza 6.4.2009 n. 210 il Tribunale accolse la domanda.

3. La sentenza venne appellata dall’Istituto.

La Corte d’appello di Catania, con sentenza 19.7.2012 n. 1184, accolse il gravame e rigettò la domanda.

Ritenne la Corte d’appello che:

(-) la presunzione di cui all’art. 2048 c.c. non s’applica nel caso di danni causati dall’allievo a se medesimo;

(-) gli attori non avevano invocato la responsabilità contrattuale della scuola, ma solo quella aquiliana;

(-) gli attori avevano dunque l’onere di provare il nesso di causa e la colpa del convenuto, prova che era mancata.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.B., C.G. e T.C., i quali hanno dichiarato di agire “quali eredi di C.S.” (e così qualificati già in appello), con ricorso fondato su un motivo.

5. Il ricorso venne fissato una prima volta per la discussione alla pubblica udienza del 15.7.2015. All’esito, con ordinanza 6.10.2015 n. 19993, questa Corte ordinò ai ricorrenti di rinnovare la notificazione del ricorso all’Istituto, effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, in luogo di quella Generale.

I ricorrenti hanno rinnovato la notificazione.

L’Istituto non si è difeso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il motivo unico di ricorso.

1.1. Con l’unico motivo del proprio ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, non altrimenti precisate.

Il motivo, pur formalmente unitario, contiene molteplici censure così riassumibili:

(a) la Corte d’appello ha errato nel ritenere inapplicabile al caso di specie la presunzione di cui all’art. 2048 c.c.;

(b) la Corte d’appello ha errato nel ritenere non allegati, da parte degli attori, i fatti costitutivi della responsabilità contrattuale dell’Istituto, perchè in realtà la responsabilità dell’Istituto era stata debitamente provata;

(c) la scuola ha violato gli obblighi di protezione degli alunni;

(d) la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale sono cumulabili;

(e) alla responsabilità della scuola si applica l’art. 1218 c.c.;

(f) al momento del fatto il bloccaporte non tratteneva l’anta dell’infisso.

1.2. Tutte le censure sopra riassunte sono o manifestamente infondate, o manifestamente inammissibili.

1.3. La censura sub (a) è infondata: l’art. 2048 c.c. disciplina infatti le ipotesi in cui il minore arrechi danno a terzi, non quelle in cui per un difetto di vigilanza arrechi un danno a se medesimo (così Sez. U, Sentenza n. 9346 del 27/06/2002, Rv. 555385).

1.4. La censura sub (b) è infondata.

La Corte d’appello ha ritenuto che gli attori non avessero allegato, nell’atto di citazione, gli elementi costitutivi della responsabilità contrattuale e comunque nemmeno esaminare la sussistenza d’una responsabilità contrattuale dell’Istituto.

I ricorrenti hanno impugnato tale statuizione sostenendo che nel corso del giudizio era stata fornita la prova dei fatti come descritti nell’atto di citazione.

Tale censura tuttavia è inconferente rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

E’, infatti, irrilevante stabilire se la dinamica del sinistro fosse stata provata o meno, perchè la domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale è stata rigettata dalla Corte d’appello per difetto di allegazione, non per difetto di prova.

1.5. La censura sub (c), parimenti, non è conferente rispetto alla ratio decidendi, e comunque essa è anche inammissibile per difetto di specificità, ex art. 366 c.p.c., n. 6, giacchè i ricorrenti non spiegano in che termini venne prospettata in primo grado la violazione, da parte dell’Istituto, degli obblighi di vigilanza.

1.6. Le censure sub (d) ed (e) sono del tutto estranee alla ratio decidendi adottata dalla sentenza impugnata.

1.7. La censura sub (f), infine, è una mera deduzione in fatto, come tale inammissibile in questa sede, e comunque rispetto alla quale non è nemmeno indicato da quali fonti di prova emerga.

2. Le spese.

2.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’Istituto.

2.2. Sebbene il ricorso sia stato rigettato, non è dovuto da parte dei ricorrenti il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), essendo stati tutti e tre i ricorrenti ammessi al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017

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