Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6016 del 13/03/2018


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Cassazione civile, sez. III, 13/03/2018, (ud. 14/11/2017, dep.13/03/2018),  n. 6016

Fatto

C.V. ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1511 del 5/3/2015 che, rigettando l’appello, ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa città di rigetto della propria domanda di riconoscimento del diritto a subentrare alla nonna F.M., deceduta in data (OMISSIS), nell’assegnazione dell’immobile di edilizia residenziale pubblica sito in (OMISSIS). Il Tribunale aveva ritenuto che la domanda dovesse essere rigettata perchè alla stessa doveva applicarsi non la L.R. Lazio n. 33 del 1987, ma la diversa legge Regione Lazio del 1999. Insistendo nella richiesta di applicazione della previgente normativa, l’appellante C. aveva rappresentato di essere entrato nel nucleo familiare della nonna, assegnataria dell’alloggio, nel gennaio 1994 e di aver convissuto ininterrottamente con lei fino alla sua morte, secondo quanto documentato dalle risultanze anagrafiche e comprovabile attraverso prove testimoniali. La Corte d’Appello, pur condividendo l’assunto che la legge applicabile al caso in esame fosse la n. 33/1987, ha escluso il diritto al subentro nel contratto di locazione in quanto il nipote non era contemplato tra i soggetti ammessi al beneficio, essendo tali il solo marito dell’assegnataria, C.M. e i figli D. e G.. Per configurare il diritto al subentro sarebbe stato necessario, da un lato, riconoscere le finalità di costituzione di una stabile e duratura convivenza con i caratteri della mutua solidarietà ed assistenza economica ed affettiva (L.R. n. 33 del 1987, art. 20, comma 5), dall’altro che la condizione di appartenenza al nucleo familiare fosse fatta constare all’ente gestore e fosse dal medesimo riconosciuta ai sensi della predetta legge. Nel caso di specie, invece, il diritto non poteva ritenersi riconosciuto in quanto l’appellante non aveva documentato l’inoltro, da parte dell’originaria assegnataria, di alcuna richiesta di ampliamento del nucleo familiare e tanto meno aveva potuto documentare che la richiesta fosse stata accolta. L’unica richiesta riscontrabile, nel caso in esame, riguardava solo l’autorizzazione ad una ospitalità, di carattere temporaneo, richiesta dal nipote C.V. alla nonna nel corso del periodo di convivenza nell’immobile. Avverso detta sentenza il C. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso l’ATER del Comune di Roma.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L.R. Lazio n. 33 del 1987, artt. 20 e 21 (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione al capo di sentenza che ritiene non documentato l’inoltro, da parte dell’originaria assegnataria, di alcuna richiesta di ampliamento del nucleo familiare. Questa statuizione sarebbe contrastante con le indicate disposizioni che richiederebbero, soltanto, l’intervenuto riconoscimento, da parte dell’ente gestore, del nuovo componente del nucleo familiare. In particolare l’art. 21, prevederebbe che i soggetti siano ritenuti partecipanti del nucleo familiare purchè tale condizione sia stata fatta constatare all’ente gestore e da questo riconosciuta ai sensi di legge, condizione questa verificatasi nel caso in esame.

Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, perchè si determini un diritto al subentro all’originario assegnatario degli alloggi Ater, è necessario che l’ente abbia, nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa, verificato il rispetto dei presupposti di legge per l’ampliamento del nucleo familiare, il che presuppone l’esplicazione di un procedimento di riconoscimento dell’ampliamento del nucleo.

Nel caso di specie la Corte d’Appello ha correttamente accertato che nessuna istanza di ampliamento del nucleo familiare fosse stata mai proposta dall’originaria assegnataria e che, non sussistendo, pertanto, il provvedimento positivo di ampliamento, mancassero i presupposti per il discrezionale apprezzamento dell’ente circa il riconoscimento del diritto al subentro del nipote C.. La ratio della norma è rappresentata dallo scopo di estendere il diritto al subentro a favore dei nuovi soggetti che siano entrati a far parte del nucleo familiare del titolare dell’assegnazione nel corso del rapporto, previo riconoscimento, da parte dell’ente gestore, della loro qualità. Nel caso di specie, invece, non si era realizzato l’ampliamento del nucleo familiare, presupposto necessario per vantare successivamente il diritto al subentro nel contratto di locazione (Cass., 1, n. 4305 del 29/4/1999; Cass., 1, n. 18738/2004 e Cass., 1, n. 9783/2015).

Da qui l’infondatezza del primo motivo di ricorso. Con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4). Con il terzo denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5). Nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e art. 281 sexies c.p.c. e all’art. 111 Cost., comma 6 (art. 360 c.p.c., n. 4).

I motivi secondo e terzo possono essere trattati congiuntamente in quanto riguardano, entrambi, la pretesa omissione di circostanze responsabili, d’un lato, di viziare per ultrapetizione la sentenza e, dall’altro, di condurre alla nullità della stessa sentenza ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 281 sexies c.p.c..

La sentenza impugnata sarebbe censurabile per aver pronunciato ultra petita partium nella parte in cui ha considerato la comunicazione del C. di ospitalità temporanea del 1994 (all’ente gestore) e non ha, invece, considerato altri indizi dai quali desumere l’esistenza del diritto al subentro, quali le risultanze dei registri dello stato civile del Comune di Roma, il censimento relativo all’anno 1996, l’inserimento del nominativo del C. nella scheda relativa all’immobile, quale avente diritto al subentro e non quale ospite temporaneo, la quantificazione e il pagamento del canone di locazione in misura corrispondente al numero degli effettivi occupanti.

I motivi sono infondati in quanto gli indicati elementi, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non possono tenere il luogo del procedimento amministrativo all’interno del quale l’ente deve poter accertare la sussistenza dei presupposti per il diritto all’ampliamento del nucleo familiare dell’originaria assegnataria. Quindi per realizzare i presupposti del diritto al subentro sarebbe stato necessario che l’ente potesse svolgere la propria verifica sui presupposti del diritto in base alla legge vigente in materia.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con le conseguenze sulle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, e sul raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000 (più Euro 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2018

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