Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6014 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. I, 04/03/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 04/03/2021), n.6014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7570/2019 proposto da:

M.Y., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Andrea Castiglione, del foro di Udine che lo rappresenta e difende

(pec: andrea.castiglione.avvocatiudine.it);

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura dello Stato in Roma,

via dei Portoghesi, n. 12;

– resistente –

avverso il decreto n. 152/2019 del Tribunale di Trieste;

udita la relazione della causa svolta all’udienza camerale del

17/2/2021 dal consigliere relatore Dott. Giovanni Ariolli.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. M.Y., cittadino del (OMISSIS), ricorre per cassazione avverso il decreto n. 152/2019 del Tribunale di Trieste con cui è stato rigettato il ricorso avverso la decisione con la quale la Commissione territoriale di Gorizia – Udine aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale ed umanitaria.

2. Svolgendo due motivi chiede l’annullamento del decreto impugnato.

2.1. Con il primo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. C e omessa motivazione in ordine all’esistenza di un danno grave secondo il parametro del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B e C, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. da 2 a 6 nonchè art. 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e degli artt. 2 e 3 della Cedu.

2.2. Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., numeri 3 e 5, violazione delle norme che regolano il diritto alla protezione umanitaria, omessa motivazione, violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c).

3. Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o rigettato nel merito.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1. Il primo motivo, in tema di protezione sussidiaria, è manifestamente infondato. Orbene, tale deduzione, che muove dall’esistenza di un conflitto di carattere privato (faida familiare per motivi di proprietà terriera), al di là degli aspetti attinenti alla mancata credibilità del racconto, è comunque estranea al paradigma della protezione internazionale. Questa, infatti, non è accordabile quale rimedio al pericolo di offese provenienti da un privato e non dallo Stato o da un’organizzazione collettiva che ne surroghi il potere, a danno di un soggetto la cui unica vulnerabilità consisterebbe nella carenza di appoggi familiari e/o amicali, atteso che i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave solo ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi, evenienza, quest’ultima, motivatamente esclusa dal provvedimento impugnato, anche in ragione della obiettiva genericità sul punto del narrato (ex multis, Cass., sent. n. 23796/2020; ord. n. 23281/2020). Ne residua, a livello di allegazione, una domanda di giustizia asseritamente inevasa, la quale non è essa stessa una persecuzione o un danno grave, ma – come palesato dalla piana esegesi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) – è il presupposto della protezione internazionale, che spetta solo se ed in quanto lo Stato di provenienza non possa o non voglia fornire tutela, ai sensi dell’art. 6, comma 2, dello stesso D.Lgs., contro una persecuzione o un danno grave. Ne deriva che va esclusa la protezione internazionale individualizzata.

Inoltre, il Tribunale ha scrutinare la credibilità del racconto del richiedente, escludendola sulla scorta delle evidenti contraddizioni e lacune in ordine agli aspetti essenziali del narrato, ma ha ulteriormente verificato che, nel paese di provenienza, il Pakistan e, in particolare, nella regione ove viveva il richiedente, vi fosse una situazione tale da riconducibile alla previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, escludendola sulla base del richiamo del rapporto Easo 2017 (in termini, vedi Cass., n. 2411/2020). Di guisa che, al riguardo, il motivo non fa che sollecitare una diversa valutazione del fatto già esaminato dal giudice di merito e che si sottrae al sindacato di questa Corte.

4.2. Anche il secondo e ultimo motivo è inammissibile poichè del tutto generico. Non sono, infatti, stati allegati nel corso del giudizio di merito, nè dedotti con il presente motivo di ricorso per cassazione, profili di vulnerabilità soggettiva del ricorrente, essendosi il ricorrente limitato a fare riferimento ad una generica compromissione della zona di provenienza, peraltro motivatamente esclusa dal provvedimento impugnato. Nè si è allegato alcunchè in ordine allo stato di integrazione raggiunto in Italia. Ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è necessario, infatti, operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (S.U., n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062).

5. In conclusione va dichiarata l’inammissibilità del ricorso. La condanna alle spese – liquidate come in dispositivo – segue la soccombenza.

6. Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna M.Y. alla rifusione in favore del Ministero dell’interno delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito, I.V.A., cassa forense e spese forfettarie. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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