Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6013 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. I, 23/02/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 23/02/2022), n.6013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24754/2020 proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Noemi Nappi, giusta

procura alle liti in calce al ricorso per cassazione ed

elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza San salvatore in

Campo, n. 33;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di FIRENZE, n. 2970/2019,

pubblicata il 10 dicembre 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 ottobre 2021 dal consigliere DOTT. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. D.M., proveniente dalla (OMISSIS), (OMISSIS), ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del Tribunale di Firenze del 10 maggio 2018, con la quale era stato confermato il provvedimento della Commissione territoriale competente di diniego della protezione internazionale richiesta.

2. Il ricorrente ha riferito di essere fuggito perché non voleva unirsi alla setta degli (OMISSIS), di cui il padre faceva parte, e alla quale anche lui doveva aderire.

3. La Corte d’appello ha ritenuto non credibile e contraddittorio il racconto del richiedente e ha affermato che non sussistevano i presupposti di legge per la concessione della protezione sussidiaria, anche tenuto conto delle fonti richiamate e aggiornate al 2019; quanto alla protezione umanitaria, i giudici hanno evidenziato che non poteva ritenersi realizzata l’integrazione del richiedente in Italia, sulla base della partecipazione ad attività generiche di frequentazione (studio della lingua e attività socialmente valide), né era decisivo, a tali fini, il contratto di lavoro prodotto a tempo determinato e per la stagione della raccolta dell’uva.

4. L’Amministrazione intimata si è costituita al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, lett. E) e la violazione dell’art. 111 Cost., per omessa motivazione nella mancata concessione dello status di rifugiato ed essendo venuta meno la Corte di appello agli obblighi di cooperazione istruttoria.

1.1 Il motivo è inammissibile.

1.2 Ed invero, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. c), e tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero sotto il profilo della mancanza assoluta della motivazione, della motivazione apparente, o perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass., 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., 12 giugno 2019, n. 15794).

1.3 Nel caso in esame, la Corte di appello ha ritenuto che la vicenda personale non consentiva alcun vaglio positivo in ordine alla credibilità del richiedente, in quanto priva di riscontro documentale e contraddittorio, laddove prima aveva affermato che il padre lo voleva nella setta e successivamente aveva riferito che il padre lo aveva invitato a non farne parte e che nell’immediatezza aveva raccontato di essere fuggito per il timore di subire violenze dai terroristi di (OMISSIS), non facendo alcun riferimento alla setta degli (OMISSIS); i giudici di secondo grado, inoltre, riportando, a pag. 6 della sentenza impugnata, il contenuto del report del Centro ricerche protezione internazionale, hanno evidenziato che le affermazioni del richiedente contraddicevano quanto riferito dagli studiosi sulla setta degli (OMISSIS), riferendo che l’adesione alla stessa era volontaria e ricercata per le posizioni di potere, mentre l’insistenza per l’affiliazione era collegata ad una promessa del padre in riferimento al primogenito, nel caso in esame, non dedotta.

Il ricorrente, peraltro, a fronte di tali considerazioni, non ha evocato circostanze diverse, sicché la doglianza costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione.

1.4 Non sussiste nemmeno il vizio di motivazione apparente, perché la motivazione dettata dalla Corte territoriale a fondamento della decisione impugnata e’, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881) e, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, ha specificamente indicato quali erano gli elementi di inverosimiglianza e di confusione della narrazione, come già detto, neppure idoneamente censurata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.5 E’ utile precisare che questa Corte, anche di recente, ha ribadito quale sia il riparto degli oneri di allegazione e prova, ed in qual senso debba essere intesa la nozione di “cooperazione istruttoria” invocata dal ricorrente, ricondotta alla previsione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, affermando che il richiedente ha l’onere di allegare in modo circostanziato i fatti costitutivi del suo diritto circa l’individualizzazione del rischio rispetto alla situazione del paese di provenienza, atteso che l’attenuazione del principio dispositivo, in cui la cooperazione istruttoria consiste, si colloca non sul versante dell’allegazione ma esclusivamente su quello della prova; ne consegue che solo quando il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione sorge il potere – dovere del giudice di cooperazione istruttoria, che tuttavia è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente (Cass., 14 agosto 2020, n. 17185; Cass., 9 luglio 2019, n. 18431).

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2, lett. G, e D.Lgs. n. 241 del 2007, art. 14 e il vizio di motivazione nella mancata concessione della protezione sussidiaria, avendo la Corte di appello sorvolato sulle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b) senza considerare le vicende vissute con riferimento all’uccisione della madre e al padre e all’entrata obbligatoria nella setta, mentre con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. c non aveva compiuto un’accurata indagine sul paese di provenienza del ricorrente.

2.1 Il motivo è inammissibile.

2.2 E’, in primo luogo, inammissibile perché non coglie il segno per difetto di specificità e pertinenza rispetto alla “ratio decidendi”, avendo la Corte rigettato la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b), per la scarsa verosimiglianza del racconto, ostativa alla configurabilità di una minaccia individuale alla vita o alla persona in relazione alla vicenda prospettata dal richiedente.

2.3 E’, in secondo luogo, inammissibile nella parte in cui ha ad oggetto l’accertamento dell’insussistenza della situazione di conflitto armato rilevante ai fini del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), trattandosi di accertamento in fatto non adeguatamente censurato con il ricorso.

2.4 La Corte di merito, in particolare, ha provveduto ad escludere, sulla base di fonti espressamente richiamate e aggiornate al 2019, la sussistenza di situazioni di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c)), affermando che la regione di provenienza del ricorrente si trovava nel sud della (OMISSIS) ((OMISSIS)), dove si assisteva solo a contrasti tra forze statali e gruppi armati in lite per l’utilizzo delle risorse petrolifere che le violenze indiscriminate di (OMISSIS) erano limitate nella zona nord-est della (OMISSIS).

3. Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e il vizio di motivazione nella mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avendo la Corte di appello considerato che il ricorrente, rientrando in (OMISSIS), sarebbe stato esposto ad una persecuzione per mano della setta segreta.

3.1 Il motivo è inammissibile, non essendo stata censurata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, ovvero la circostanza che non poteva ritenersi realizzata l’integrazione del richiedente in Italia, sulla base della partecipazione ad attività generiche di frequentazione (studio della lingua e attività socialmente valide), né era decisivo, a tali fini, il contratto di lavoro prodotto a tempo determinato, riguardante la stagione della raccolta dell’uva.

3.2 Peraltro, contrariamente a quanto affermato, a pag. 9 del ricorso per cassazione, il racconto del ricorrente non è stato ritenuto credibile dalla Corte di appello e, sul punto, va richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, se è pur vero che la valutazione in ordine alla sussistenza dei suoi presupposti deve essere il frutto di autonoma valutazione avente ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti, tuttavia, la necessità dell’approfondimento da parte del giudice di merito non sussiste se, già esclusa la credibilità del richiedente, non siano state dedotte ragioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte per le protezioni maggiori (Cass., 24 dicembre 2020, n. 29624).

4. Il ricorso va, conclusivamente, dichiarato inammissibile.

Nessuna statuizione va assunta sulle spese, perché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

 

 

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