Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6012 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. I, 04/03/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 04/03/2021), n.6012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

I.A., (alias E.A.), rappr. e dif. dall’avv.

Daniela Gasparin, daniela.gasparin.milano.pecavvocati.it, elett.

dom. presso lo studio in Milano, via Lamarmora n. 42, come da

procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Milano 25.4.2019, n. 3942/2019,

in R.G. 12545/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 9.2.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. I.A. (alias E.A.) impugna il decreto Trib. Milano 25.4.2019, n. 3942/2019, in R.G. 12545/2018 di rigetto del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. il tribunale, per quanto qui di residuo interesse, ha ritenuto, all’esito dell’udienza: a) circoscritta la credibilità della richiedente solo alla zona di provenienza (Edo State, Nigeria), non invece ai presupposti di persecuzioni o gravi timori per il rientro, in particolare apparendo, per contraddizioni ed inverosimiglianza, non credibile il vissuto rappresentato quale coniuge attuale di un connazionale accusato di omicidio e attivista di un movimento independentista (Biafra), anche in ragione del mutamento della versione iniziale data e della non corrispondenza, sul punto, a quella, parimenti criticata perchè contraddittoria, fornita dal marito attuale in separato procedimento; b) insussistenti i rischi di atti persecutori, nè provati comportamenti in tal senso compressivi dei diritti umani fondamentali, anche valorizzando il pregresso contesto di violenze o maltrattamenti subiti dal precedente marito, con il quale la relazione si era chiusa; c) insussistenti i presupposti della protezione sussidiaria, per difetto di danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), nonchè il conflitto armato ai sensi dell’art. 14 cit., lett. c), non risultando segnalazioni di tal fatta per la Nigeria, stante anche la diversità di localizzazione di altri scontri con fazioni ribelli, secondo le fonti citate; d) infondata la richiesta di protezione umanitaria, mancando altre situazioni di vulnerabilità o radicamenti apprezzabili in Italia (insufficiente in sè e nel caso non adeguata), nè potendo costituire – stante anche la non credibilità condizione di comparazione il richiamo all’integrazione sociale, nonostante l’allegato (e peraltro non documentato) mero inserimento scolastico di una figlia in Italia, a fronte della residua permanenza in Nigeria di altra figlia, attesa anche la permanenza di una rete familiare nel Paese d’origine che tuttora vi provvede;

3. il ricorrente propone tre motivi di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, oltre che per assenza di motivazione, la pronuncia resa sul punto del giudizio di non credibilità, imperniato anche su fatti personali (creduti dal tribunale) e non solo del marito (invece non creduti), tenuto conto altresì di errori di traduzione delle dichiarazioni, la messa a disposizione del certificato scolastico della minore messo nonostante la non disposta riaudizione e l’intervento di consulenza psicologica, così violando le norme procedimentali in materia;

2. con il secondo mezzo si deduce l’erroneità del decreto per violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria, dei parametri di giudizio sulla credibilità, della valutazione del danno grave, anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

3. con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, oltre che per assenza di motivazione, la violazione dei parametri normativi inerenti alla richiesta protezione umanitaria, non avendo il decreto considerato la vulnerabilità effettiva del richiedente al rientro;

4. i primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono inammissibili, pur nella eterogenea deduzione di vizi tra loro incompatibili, imponendo essi di isolare – quale nucleo fondamentale – la sostanziale critica alla motivazione in cui si risolve la censura; per un verso, si premette, l’invocazione di un preteso dovere violato, da parte del tribunale, circa una seconda audizione, s’infrange con il limite redazionale dello stesso ricorso che non precisa quali fatti nuovi o decisivi chiarimenti in ordine al narrato il richiedente intendeva integrare mediante la qui censurata omessa rinnovazione, riportando di averlo fatto in una specifica istanza, ma evitando di condurre in questa sede in una critica immune dal difetto di sufficiente specificità del ricorso, prospettando oltre tutto fatti secondari; infatti, si ribadisce, “ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero” (Cass. 5973/2019); si tratta di adempimento dunque non strettamente necessario, ” a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass. 21584/2020);

5. nel motivo, invece, non è dato superare il principio per cui, proprio nel solco di quanto affermato da Cass. 21584/2020, “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza” (Cass. 25312/2020); va pertanto ribadito che il principio “equivale a costruire l’audizione pur sempre come oggetto di una facoltà, non di un obbligo; sebbene di una facoltà che, laddove esercitata in un senso o nell’altro, presupponga (come ovvio) l’esplicitazione dei motivi della afferente decisione”;

6. quanto alla credibilità, il motivo è inammissibile anche per tale profilo, alla luce del principio, pienamente osservato nella motivazione, per cui “del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, enuncia alcuni parametri, meramente indicativi e non tassativi, che possono costituire una guida per la valutazione nel merito della veridicità delle dichiarazioni del richiedente, i quali, tuttavia, fondandosi sull'”id quod plerumque accidit”, non sono esaustivi, non precludendo la norma la possibilità di fare riferimento ad altri criteri generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese, non essendo, in particolare, il racconto del richiedente credibile per il solo fatto che sia circostanziato, ai sensi del comma 5, lett. a), della medesima norma, ove i fatti narrati siano di per sè inverosimili secondo comuni canoni di ragionevolezza” (Cass. 20580/2019); va invero ribadito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 3340/20149);

7. nella specie, l’intera doppia censura, appare enunciata in via del

tutto generica ove indica un decreto privo di motivazione, mentre la doglianza si atteggia, nella sostanza, in una lunga e reiterata non condivisione dell’apprezzamento di fatto cui è giunto il tribunale, laddove, scindendo il narrato della richiedente, le attribuisce credibilità per il proprio vissuto, negando invece, per le contraddizioni dei riferimenti all’attuale marito, che tale situazione in sè e per sè potesse determinare l’esposizione anche della medesima agli stessi pericoli o danni gravi; nè l’integrazione con gli elementi documentali richiamati (come l’iscrizione scolastica della seconda figlia convivente) assume connotato di decisività nell’economia della decisione, che non ha centrato la reiezione della domanda su tale aspetto ed anzi ne ha considerato l’ininfluenza; in ogni caso, il nucleo essenziale della motivazione resa dai giudici milanesi, in punto di ravvisata non credibilità del narrato riferito al marito e comunque di separatezza di quei fatti, è oggetto di critica che s’infrange nei limiti cui è sottoposto il giudizio di legittimità sulla motivazione (Cass. s.u. 8083/2014);

8. quanto alla situazione della Nigeria, il decreto vi ha correttamente attribuito rilevanza, stante il pronunciato giudizio sulla credibilità (negata dal giudice di merito), orientando negativamente la valutazione sulla protezione sussidiaria di cui di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), anche valorizzando l’assenza di atti di persecuzione o danni gravi in proprio subiti dalla richiedente; circa il transito in Libia, la ricorrente ha omesso di indicare come, dove e quando eventuali conseguenze perduranti ed attuali sarebbero state indicate avanti al giudice di merito, apparendo in difetto la questione nuova e dunque anch’essa inammissibile;

9. quanto al profilo sviluppato con riguardo del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), il ricorso appare inammissibile per le considerazioni già anticipate in punto di giudizio negativo sulla credibilità; parimenti, non appare censurata l’altra ratio decidendi su cui s’impernia il rigetto, e cioè l’assenza in Nigeria, nell’Edo State e secondo le fonti indicate, di un conflitto armato ai sensi e per gli effetti di protezione invocati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c);

10. il terzo motivo è fondato; benchè il tribunale abbia escluso la permanenza di patologie (“danni alla salute fisica o psichica”, pag. 13) connessi alla permanenza in Libia, risulta tuttavia priva di esame l’evidenziazione della certificazione medica e il conseguente bisogno di cura della richiedente, elementi che possono interferire con la situazione di vulnerabilità al rientro, per deficit terapeutico; si tratta di lacuna che non permette di attuare una comparazione effettiva sulla compromissione di un diritto fondamentale, secondo le indicazioni di completezza istruttoria, tanto più quanto oggetto di allegazione puntuale anche in questa sede compiuta dalla parte ma non soddisfatta dalla parte motiva della pronuncia;

il ricorso va dunque accolto quanto al terzo motivo, dichiarati inammissibili i primi due, con cassazione e rinvio al tribunale, anche per la liquidazione delle spese del procedimento.

PQM

dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo motivo, cassa e rinvia al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

 

 

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