Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6011 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 04/03/2020), n.6011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22655-2018 proposto da:

MULTIMEDICA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO DE PACE e domiciliata

presso la cancelleria della Corte di Cassazione.

– ricorrente –

contro

G.V., in proprio e quale procuratore speciale di

G.A., F.A., G.A.A. e G.M., tutti

rappresentati e difesi dall’avvocato CARLO EDOARDO ROCCA e

domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione.

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 2702/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 13.6.2013 F.F., F.A. e G.V., proprietari di alcuni immobili prospicienti gli edifici dell’ospedale (OMISSIS), evocavano in giudizio Multimedica S.p.a.

innanzi il Tribunale di Milano per sentirla condannare alla rimozione dell’impianto di condizionamento posizionato sul tetto di alcuni reparti del nosocomio ed al risarcimento del danno. Si costituiva in giudizio Multimedica S.p.a. resistendo alla domanda e deducendo, inter alla, di aver proposto prima del giudizio ricorso ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c., per l’accertamento dello stato dei luoghi, il cui esito aveva confermato l’indispensabilità dell’impianto per il funzionamento dell’ospedale.

Con sentenza n. 907/2017 il Tribunale di Milano respingeva la domanda condannando gli attori alle spese del grado.

Interponevano appello avverso detta decisione gli originari attori e si costituiva in seconde cure Multimedica S.p.A. resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 2702/2018, la Corte di Appello di Milano accoglieva l’impugnazione condannando Multimedica S.p.A. al ripristino ed al risarcimento del danno nella misura di Euro 15.000.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Multimedica S.p.A. affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso G.V., in proprio e quale procuratore speciale di G.A., F.A., G.A.A. e G.M., spiegando a loro volta ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo. I controricorrenti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1079 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto esperibile l’azione proposta nei confronti della società di gestione dell’ospedale, senza considerare che all’epoca della realizzazione degli impianti oggetto della domanda Multimedica S.p.a. non aveva ancora acquisito la gestione dell’ospedale. Ad avviso della ricorrente l’azione avrebbe dovuto essere proposta nei confronti dell’Ente Morale Provincia Lombardo Veneta dell’Ordine Ospedaliero S. Giovanni di Dio, che fino al 2006 aveva avuto la gestione del nosocomio.

La doglianza è infondata, alla luce del principio secondo cui le azioni in materia di servitù devono essere esperite nei confronti dei soggetti che hanno un rapporto attuale con il fondo servente, poichè solo nei confronti di tali soggetti può esser fatto valere il giudicato di accertamento contenente l’ordine di astenersi dalla turbativa nei confronti del titolare della servitù – in caso di actio confessoria servitutis – o di cessazione dell’esercizio del diritto – in caso di actio negatoria servitutis – e la conseguente ingiunzione di rimessione in pristino. Gli autori materiali della lesione, invece, possono essere eventualmente chiamati in giudizio, quali destinatari dell’azione ex art. 1079 c.c., soltanto se la parte istante deduca che la loro condotta abbia concorso con quella di uno o più dei soggetti aventi un rapporto attuale con la res (cfr. Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 1332 del 22/01/2014, Rv.629492 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1383 del 11/02/1994, Rv.485282).

Identico schema si applica anche all’azione inibitoria contro le molestie provenienti dal fondo vicino prevista dall’art. 844 c.c., la quale rientra nello schema della negatoria servitutis qualora l’attore miri ad ottenere un divieto definitivo delle immissioni e l’accertamento dell’infondatezza della pretesa, anche solo eventuale e teorica, relativa al diritto di produrre siffatte immissioni (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26882 del 22/10/2019, Rv. 655665).

Nel caso specifico Multimedica S.p.A. non ha contestato l’esistenza di un rapporto attuale e diretto con la res, confermando – anzi – di avere attualmente la gestione dell’ospedale, nè ha eccepito il fatto che la domanda avrebbe dovuto essere proposta nei confronti del proprietario del fondo. Piuttosto, si è limitata ad eccepire la propria carenza di legittimazione passiva sul presupposto che la gestione del nosocomio fosse, alla data in cui fu realizzato il camino sulla sommità dell’edificio che risulta compreso nell’oggetto del giudizio, affidata all’Ente Morale Provincia Lombardo Veneta dell’Ordine Ospedaliero S. Giovanni di Dio (cfr. pag. 8 del ricorso). Detta contestazione, tuttavia, non coglie nel segno, in quanto l’azione di cui all’art. 1079 c.c., può ben essere proposta anche nei confronti del detentore del fondo, o di colui che comunque ha un rapporto di fatto con lo stesso, occupandolo e gestendolo; è semmai quest’ultimo che, nel costituirsi, ha l’onere di eccepire che la domanda, per le concrete modalità con cui essa è stata formulata da parte attrice, non si riferisce soltanto all’attività in concreto ed attualmente svolta nel fondo, ma alle intrinseche caratteristiche di quest’ultimo, con conseguente responsabilità, concorrente od esclusiva, del proprietario del fondo stesso o dell’autore della violazione. La società ricorrente non ha dedotto – nel motivo in esame – di aver tempestivamente sollevato le predette contestazioni; si limita ad affermare di non essere titolare della gestione dell’ospedale nel presumibile momento in cui il camino fu realizzato, valorizzando in tal modo un elemento che non risulta decisivo ai fini dell’esclusione della sua legittimazione passiva, da presumere – in difetto non soltanto di prova contraria, ma financo di contraria allegazione – per effetto del semplice rapporto di fatto attualmente esistente rispetto al fondo.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

La censura è inammissibile in quanto si risolve nell’invocazione di una revisione del giudizio di fatto e dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie condotto dal giudice di merito, da ritenere entrambe precluse in Cassazione (quanto al primo profilo, cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790; quanto al secondo, cfr. Cass. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Per effetto del rigetto del ricorso principale, il ricorso incidentale condizionato proposto dai controricorrenti va dichiarato assorbito.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dei contro ricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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