Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6010 del 13/03/2018


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Cassazione civile, sez. III, 13/03/2018, (ud. 19/09/2017, dep.13/03/2018),  n. 6010

Fatto

L.L. adì il Tribunale di Roma affermando che in relazione all’immobile C1 di 116 mq. ubicato in (OMISSIS) locatogli originariamente da C.R. e successivamente da C.P., nel gennaio 1999 i condomini dello stabile antistante il locale, ritenuta l’area comune di esclusiva proprietà condominiale, avevano prima parcheggiato le proprie autovetture, impedendo al ricorrente il carico e scarico delle merci e, successivamente, avevano posizionato due paletti che impedivano il transito e l’uso dell’area in questione; che, inoltre, il condominio aveva realizzato un’apertura nella parete del locale, di circa mq. 1,5, per accedere al vano ascensore ad esso adiacente; che erano stati effettuati lavori nell’appartamento soprastante da cui erano derivati il distacco di una pignatta dal soffitto e perdite di acqua. Chiese, pertanto, il risarcimento dei danni, indicando l’importo di Euro 45.167.

La C. si costituì in giudizio affermando che il contratto non prevedeva una servitù di passaggio carrabile o per la sosta dei veicoli in favore del locale oggetto di locazione e che, in ogni caso, lei non era legittimata a rispondere dei danni derivanti dall’apertura del vano ascensore. Espletata una CTU, il Tribunale di Roma accertò e dichiarò che il L. non aveva dato dimostrazione concreta e adeguata nè del periodo in cui il passaggio era risultato impedito nè della natura del danno subito. In appello il L. eccepì la nullità della sentenza per omessa lettura del dispositivo in udienza e ne chiese la riforma nel merito, presentando dei conteggi e aggiornando la propria domanda di danni nella misura di Euro 51.171,53 oltre rivalutazione e interessi. La Corte d’Appello di Roma per quanto qui rileva, pur escludendo la servitù di passaggio sulla proprietà condominiale, ha ritenuto che, chi aveva acquisito in locazione un bene di proprietà esclusiva, posto all’interno di uno stabile condominiale, comunque acquistava, salvo patto contrario o specifica previsione del regolamento di condominio, la facoltà di utilizzare anche le parti di fabbricato di natura condominiale funzionali al godimento dell’immobile locato, ivi compresa la facoltà di transitare nei cortili condominiali ed eventualmente di usufruire del previsto transito carrabile. Tale facoltà sarebbe implicita nel tipo di attività svolta nel locale – assemblaggio e riparazione di componenti elettronici, antenne satellitari e terrestri comportante non solo la ricezione e quindi lo scarico delle apparecchiature da riparare, dei pezzi di ricambio e di tutte le attrezzature destinate a tali scopi, ma anche il successivo carico dei componenti riparati e delle apparecchiature destinate ad essere installate presso abitazioni dei clienti. Ad avviso del giudice d’appello che questa fosse la volontà delle parti si ricavava sia da una nota del 17/3/1999, dell’avv. Roberto Le Donne inviata all’amministratore del condominio, con la quale veniva contestata l’installazione di paletti che impedivano il carico e scarico delle merci, sia dalle discussioni svolte in assemblea condominiale e verbalizzate dalle quali si evinceva che l’intervento della C. nei confronti del condominio per il ripristino dell’uso dell’area condominiale antistante il locale non era stato effettuato solo a tutela della sua proprietà, ma anche a tutela delle ragioni del conduttore L.. A sostegno di questa tesi vi sarebbero anche altri documenti, versati in atti, con i quali la C. aveva comunicato l’intenzione di agire nei confronti del condominio per la restituzione della somma anticipata a L. di L. 6.000.000, a saldo e stralcio del mancato uso “della nota servitù di passaggio nonchè per l’impedimento delle operazioni di carico e scarico e/o altro relativamente ai locali ceduti in locazione”. La Corte d’Appello ha stimato che il danno ammontasse, per l’appunto, ad Euro 3.098,74 corrispondente a quanto già riconosciuto dal locatore per il solo periodo intercorrente tra gennaio 1999 e gennaio 2000, allorchè il passaggio venne ripristinato – con rivalutazione e interessi legali; ha accolto la richiesta di risarcimento per la ridotta utilizzazione di una delle pareti del locale, quantificando il danno, in base alla CTU, in termini percentuali del 2% del canone versato, per l’importo di Euro 1.500 ed ha rigettato le ulteriori voci di danno. Ha condannato C.P. al pagamento di Euro 3.098,74 oltre rivalutazione monetaria e interessi legali per la mancata disponibilità dell’area condominiale; e di Euro 1.500 a titolo equitativo per il mancato uso della parete; ha condannato altresì l’appellata C. alla metà delle spese di lite, liquidate per il primo grado in Euro 3.777 e per il grado di appello in Euro 3.457,50 compensando tra le parti la residua metà, comprese quelle di CTU.

Avverso la sentenza la C. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste L.L. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione delle norme di diritto e contraddittorietà manifesta, assumendo che la sentenza impugnata sia viziata per difetto della propria legittimazione passiva, non avendo ella assunto alcun obbligo nei confronti del conduttore relativamente alla servitù di passaggio ma essendosi soltanto adoperata per salvaguardare le ragioni proprie e del conduttore. La C. non avrebbe potuto garantire e ristorare il conduttore rispetto a comportamenti assunti dal condominio, in mancanza di specifici obblighi in tal senso documentati e provati in giudizio. In mancanza di prova circa l’esistenza della servitù di passaggio, dell’apertura della parete e di altri danni lamentati dal L., in ogni caso, ad avviso della ricorrente, le domande non erano state correttamente indirizzate al soggetto giuridicamente responsabile – il condominio – ma alla proprietaria locataria dell’immobile, del tutto estranea alle modalità di uso dell’area condominiale. Le lettere prodotte in giudizio dimostravano soltanto che il proprietario dell’immobile locato, pur in assenza di qualsivoglia legittimazione, si era attivato per cercare di risolvere un problema, andando ben al di là della propria ordinaria diligenza, per garantire al conduttore il godimento dell’immobile. Il L. avrebbe dovuto citare in giudizio i veri autori delle condotte impeditive del godimento senza coinvolgere la C.. L’interpretazione svolta dalla Corte d’Appello sarebbe priva di qualsiasi fondamento di fatto e di diritto, non avendo C.F. prima e C.P. poi, mai assunto alcuna garanzia nei confronti del conduttore circa la possibilità di usare l’area condominiale antistante il locale dato in locazione.

Il ricorso è infondato. La ratio decidendi dell’impugnata sentenza consiste nell’esistenza di molestie di diritto sul godimento della cosa, in relazione alle quali, ai sensi dell’art. 1585 c.c., comma 1, il locatore è tenuto a garantire il conduttore se riducono l’uso o il godimento della cosa e arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima. All’obbligazione assunta con il contratto il locatore, nella prospettazione dell’impugnata sentenza, ha adempiuto sia ottenendo in sede condominiale la rimozione di paletti e lucchetti impeditivi del passaggio nel cortile antistante il locale, sia ristorando economicamente il conduttore per il ridotto uso dell’area e di una parete del locale. La sentenza, avendo dato atto di detto adempimento, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la molestia di diritto, dalla quale il conduttore ha diritto di essere garantito dal locatore ai sensi dell’art. 1585 c.c., può essere anche realizzata dal comportamento del terzo volto a contraddire il diritto del conduttore al pieno godimento della cosa attraverso una menomazione materiale del bene che ne limiti il godimento e dimostri, al contempo, la volontà di contestare il diritto del locatore contrapponendovi un diritto proprio (Cass., 3, n. 13774 del 20/12/1991; Cass., 3 n. 11514 del 9/5/2008). Sicchè il primo motivo di ricorso deve essere rigettato.

Con un secondo motivo denuncia l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, con riguardo alla statuizione, contenuta nell’impugnata sentenza, secondo cui sussiste un preteso obbligo del locatore nei confronti del conduttore di garantirlo da comportamenti del condominio in grado di incidere sul godimento della cosa. Al di là di mere dichiarazioni di intenti non vi sarebbe alcuna prova dell’obbligo del locatore di garantire il godimento dell’area antistante il locale. La Corte d’Appello avrebbe violato le norme sull’onere della prova nel prescindere dalla dimostrazione, il cui onere incombeva sulla parte interessata a far valere in giudizio le relative pretese, dell’esistenza di un obbligo del locatore circa la garanzia del pacifico godimento, da parte del conduttore, delle aree comuni. Peraltro, il Giudice non ha tenuto in considerazione la mancanza di una prova circostanziata del danno e la circostanza che l’attività del L. era comunque cessata alla data del 31/12/1991. Il motivo è infondato nella prima parte per le ragioni espresse nell’esame del primo motivo, inammissibile nella parte in cui richiede un diverso apprezzamento dei fatti, rimesso esclusivamente al giudice di merito e correttamente e congruamente motivato.

Conclusivamente il ricorso è rigettato, con ogni conseguenza sulle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, e sul raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.000 (oltre 200 per esborsi), accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto dell’esistenza dell’obbligo da parte del ricorrente di pagare una somma corrispondente a quanto versato per il ricorso principale a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2018

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