Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6009 del 12/03/2010

Cassazione civile sez. I, 12/03/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 12/03/2010), n.6009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.D.A. (c.f. (OMISSIS)), (in proprio e nella

qualita’ di rappresentante della procedura fallimentare e

concordataria contro la societa’ D.D.A.), e D.

D.E. (c.f. (OMISSIS)), nella qualita’ di erede di

P.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 28, presso l’avvocato TESTONE ANNUNZIATINA (STUDIO LEGALE AVV.

RICCARDO BOLOGNESI), rappresentati e difesi dagli avvocati DELL’ANNO

MARIA GIULIANA, RECCHIONI STEFANO, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA DELL’ADRIATICO S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), gia’ SAN PAOLO

BANCA DELL’ADRIATICO S.P.A., in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI CROCIFERI 44, presso l’avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MACCARONE SALVATORE,

giusta procura speciale per Notaio avv. ENNIO VINCENTI di ALBA

ADRIATICA (TERAMO) – Rep. n. 161.129 del 09.05.08;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13914/2007 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 14/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2009 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato MARIA GIULIANA DELL’ANNO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

lette le conclusioni scritte del Cons. Deleg. GIANCOLA Maria

Cristina: il ricorso puo’ essere trattato in Camera di consiglio,

ricorrendo i requisiti di cui agli artt. 391 bis e 375 c.p.c..

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, all’esito dell’adunanza in Camera di consiglio del 9.11.2009, svoltasi con la presenza del Sost. Proc. Gen. dr M. Velardi osserva e ritiene:

– che il relatore designato, nella relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. in data 16.02.2009, ha formulato la proposta di definizione che di seguito interamente si trascrive:

“Visto il ricorso (notificato rispettivamente il 21 – 23.04.2008 ed il 18.04.2008), proposto per revocazione di sentenza della Corte di Cassazione ex artt. 391 bis c.p.c., n. 5, ex art. 395 c.p.c., n. 5 nonche’, subordinatamente, ricorso straordinario ex art. 111 Cost., comma 7 da A. ed D.D.E. nei confronti della San Paolo Banca dell’Adriatico S.p.A. e della Banca popolare dell’Adriatico s.p.a. nonche’ il controricorso (notificato il 27.05.2008) della Banca dell’Adriatico S.p.A. (gia’ San Paolo Banca dell’Adriatico S.p.A.).

Osservato e ritenuto:

– che i ricorrenti hanno impugnato la sentenza in data 24.04 – 14.06.2007, non notificata, con cui questa Corte ha accolto “per quanto di ragione” il ricorso contro la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, depositata il 21.01.2003,proposto dalla Banca popolare dell’Adriatico s.p.a. nei confronti dei medesimi D. D., e, decidendo nel merito, ha ridotto ad Euro 16.191,62 l’importo da detta Banca dovuto in restituzione, perche’ percepito in eccesso rispetto a quanto dovutole quale creditore chirografario, in adempimento del concordato fallimentare proposto dalla Di Dionisio &

C. s.a.s. e dai soci illimitatamente responsabili, omologato dal Tribunale di L’Aquila con sentenza depositata il 26 giugno 1991;

– che la pregressa vicenda giudiziaria attiene essenzialmente alla pretesa restitutoria che i falliti tornati in bonis hanno esercitato nei confronti di un istituto bancario, creditore chirografario, assumendo la riscossione di somme eccedenti i patti di concordato fallimentare, eccedenza indebita che conclusivamente, con decisione di merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., ora impugnata, questa Corte ha rideterminato in misura inferiore a quella stabilita in appello;

– che, in particolare, con la sentenza impugnata, questa Corte, premesso anche che la Banca era stata pagata in ragione del 105% del suo credito e rilevato tra l’altro, che il concordato ormai definitivamente omologato e del quale, dunque, si doveva soltanto prendere atto, prescindendo da eventuali profili di inammissibilita’, era riconducibile alla figura del c.d. concordato dilatorio ed implicava una percentuale di pagamento dei creditori chirografari non predeterminata ma individuabile tra il limite minimo prevedibile del 65% delle loro ragioni ed il limite massimo del pagamento integrale, ha conclusivamente ritenuto che i ricorrenti potessero ripetere solo l’importo del 5% eccedente l’integrale pagamento del loro credito chirografario, questo costituendo il limite massimo di soddisfazione delle ragioni dei creditori, e, non, invece, come ritenuto dalla Corte distrettuale, il maggiore importo rinveniente da diverso computo, effettuato maggiorando del 5% la percentuale concordataria del 60%, calcolata in rapporto all’attivo all’epoca conseguito;

– che a fondamento del ricorso i ricorrenti formulano i seguenti motivi, la cui illustrazione e’ seguita dalla formulazione di alcuni quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2):

1. Revocazione della decisione della Corte di Cassazione, adottata ex art. 384 c.p.c., ex art. 395 c.p.c., n. 5 per contrasto con altra sentenza passata in giudicato. In linea subordinata richiesta rimessione atti alla Corte Costituzionale per illegittimita’ costituzionale del combinato disposto degli artt. 391 bis e 391 ter c.p.c. per violazione sia della garanzia del diritto di difesa ex art. 24 Cost., comma 2, sia per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., riferendo l’asserito conflitto di giudicati al rapporto tra la sentenza impugnata e la sentenza del Tribunale di L’Aquila di omologazione del concordato fallimentare ed assumendo, oltre alla sicura ammissibilita’, nonostante il silenzio normativo, della revocazione per il caso di contrasto di giudicati, anche avverso le decisioni adottate nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., in sintesi che:

a. era preclusa a questa Corte l’interpretazione del concordato, secondo il principio di diritto gia’ affermato pure con la precedente sentenza di legittimita’ n. 10634 del 2007, pubblicata il 9.05.2007, inerente ad identica vicenda, intercorsa tra i medesimi ricorrenti e diverso istituto bancario e decisa in senso aderente alla loro tesi;

b. la riqualificazione della natura del concordato, avulsa dal rilievo di vizi motivazionali nell’impugnata decisione di merito, si e’ risolta nella violazione del giudicato di omologazione;

c. e’ erronea la conclusione della ricorrenza di un concordato con percentuale “fluttuante” ed indeterminata, anche perche’ contraddetta dal tenore testuale dei patti omologati e non aderente alla volonta’ delle parti coinvolte nel concordato fallimentare.

2. Revocazione della sentenza di merito della Cassazione ex art. 391 bis e 391 ter c.p.c. con riferimento all’art. 395 c.p.c., n. 4 per errore di fatto, assumendo che l’errore percettivo e’ consistito nell’avere negato che la sentenza di omologazione recasse, pure in mancanza di determinazione numerica, l’esistenza di una prestabilita percentuale concordataria, agevolmente individuabile e da assumere come secondo dato, in aggiunta all’aumento del 5%, ai fini del computo di quanto dovuto ai creditori chirografari.

3. In linea di ulteriore e rigoroso subordine, Ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 in relazione a:

1) violazione del giudicato esterno formatosi ex art. 2909 c.c. e nullita’ della stessa ex art. 360 c.p.c., n. 4 in riferimento all’art. 384 c.p.c.;

2) Nullita’ della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per omissione di pronuncia sulle domande di condanna al pagamento degli interessi legali e rivalutazione monetaria sulle somme indebitamente percepite sino alla data della restituzione;

3) nullita’ della sentenza per travalicamento dei poteri decisori nel merito ex art. 384 c.p.c., assumendo che:

a. la pronuncia nel merito ex art. 384 c.p.c., ove affetta da vizi di legittimita’, non puo’ restare inattaccabile, pena la violazione degli artt. 3 e 24 Cost.;

b. vi e’ omissione di pronuncia, con violazione dell’art. 112 c.p.c., e conseguente nullita’ della sentenza impugnata, in ordine agli accessori del capitale, non avendo la Corte statuito anche sugli interessi e sulla rivalutazione, come chiesto con l’atto di citazione;

c. nella specie non ricorrevano i presupposti per la decisione di merito ex art. 384 c.p.c., non potendosi quantificare ex novo il credito ed ancora che, in ogni caso, la sentenza revocanda e’ affetta da errore di fatto per ulteriori due profili, in quanto ha preso a base del computo dati non corrispondenti a quelli reali, risultanti dagli atti della procedura fallimentare, ed in particolare fissato l’importo del credito della banca in misura erronea, perche’ superiore a quella di L. 608.960.842, complessivamente ammessa al passivo fallimentare, ed inclusiva di un ulteriore importo non ammesso.

– che le censure appaiono inammissibili, in quanto:

1. non sembrano configurare alcun contrasto tecnico di giudicati, integrante il caso previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 5, rilievo che anche assorbe i dedotti profili di incostituzionalita’ (in tema, cfr Cass. 200810867), ma questioni di interpretazione degli atti posti a fondamento della pretesa restitutoria azionata dai D.D., atti la cui interpretazione resa dalla Corte di merito era stata dalla Banca censurata per vizi motivazionali e percio’ rivisitata in questa sede di legittimita’, senza condizionamenti rinvenienti dal favorevole apprezzamento gia’ espresso da questa Corte relativamente all’iter argomentativo seguito in diversa pronuncia di merito con analogo oggetto, tra i medesimi ricorrenti ed altro istituto bancario.

2. alcun errore di percezione, integrante vizio revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4 appare configurabile laddove il giudizio valutativo si fondi, non gia’ direttamente sul dato storico in tesi erroneo, ma, come nella specie, sull’interpretazione degli atti (in tema, da ultimo Cass. 200817443).

3. nel vigente sistema processuale non appare esperibile avverso le decisioni della Corte di cassazione il ricorso straordinario ex art. 111 Cost. (cfr cass. SU, ord., 200407583).

4. non sembrano nemmeno violati i limiti imposti dall’art. 384 c.p.c. alle decisioni di merito, tra l’altro emergendo dallo stesso tenore del primo ricorso in questa sede, dei D.D. i dati fattuali poi pedissequamente assunti per l’applicazione dell’individuato criterio di quantificazione del credito, e non potendosi nemmeno porre questione di accessori, dal momento che gli stessi ricorrenti riconoscono essere stata la domanda proposta soltanto in citazione e, quindi, non ritualmente devoluta al giudizio di questa Corte.

5. che, in conclusione, il ricorso puo’ essere trattato in Camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui agli artt. 391 bis e 375 c.p.c.” che la relazione e’ stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

che il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;

che avverso le proposte contenute nella relazione i D.D. hanno mosso osservazioni nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., che non emergono elementi che possano portare a conclusioni diverse da quelle rassegnate nella relazione di cui sopra, dal momento che:

a. i rilievi dei D.D. inerenti all’inapplicabilita’ del rito semplificato camerale, di cui all’art. 380 bis c.p.c., per difetto dei relativi presupposti, inerendo, a loro parere, la soluzione proposta con la relazione a questioni non d’inammissibilita’ dell’impugnazione ma semmai di sua infondatezza nel merito, non appaiono pertinenti in ragione delle peculiarita’ che il procedimento, quale previsto dalla suddetta disposizione cui rinvia l’art. 391 bis c.p.c., comma 3, assume nel caso di revocazione delle sentenze (di legittimita’ o di merito) della Corte di cassazione, in relazione al quale occorre distinguere la fase rescindente, da esperire con il rito semplificato, dalla successiva ed eventuale fase rescissoria, da trattare in pubblica udienza, fase questa espressamente condizionata alla pronuncia camerale di ammissibilita’ dell’impugnazione;

b. non risultano nel merito criticate le ragioni d’inammissibilita’ dell’impugnazione rilevate dal relatore, se non per i profili 1) della non facile comprensibilita’ di quella riferita all’inammissibilita’ anche della chiesta revocazione per violazione dell’art. 112 c.p.c. in punto di interessi e rivalutazione sul credito restitutorio, di cui la sentenza impugnata ha solo ridotto l’importo capitale, confermando nel resto la sentenza d’appello, e 2) d’incostituzionalita’ del sistema ove si negasse il ricorso straordinario ex art. 111 Cost. avverso le sentenze di merito della Corte di Cassazione affette da nullita’ o vizi ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5 c.p.c.;

c. in relazione al rilievo sub 1), puo’ chiarirsi che pure il ricorso per revocazione di sentenza di merito della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per vizio di omessa pronunzia deve essere sul punto specifico ed autosufficiente ossia deve consentire di desumere che la domanda che si sostiene non decisa dal giudice di legittimita’ sia stata effettivamente trascurata (in tema, cfr Cass. 200602425), in quanto anche gia’ devoluta al giudice della sentenza cassata, precisazione che, invece, nella specie e’ mancata, essendosi i ricorrenti limitati a sostenere e a ribadire nella memoria, di averla proposta con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado e non anche nel primo giudizio d’appello;

d. il rilievo sub 2) appare meramente teorico e non in linea con i principi gia’ affermati da questa Corte ed ai quali va data continuita’ (Cass., SU n. 7583 del 2004 e n. 10867 del 2008 nonche’ Cass. 200618234), secondo cui “Il ricorso presentato ex art. 111 Cost. avverso le decisioni della Corte di Cassazione va dichiarato inammissibile, non essendo consentita, avverso tali sentenze, secondo il vigente ordinamento processuale, alcun rimedio diverso da quello di cui all’art. 391 bis c.p.c.” e “Contro la sentenza della Corte di cassazione che abbia deciso la causa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., l’impugnazione per revocazione e’ ammissibile anche ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 5, per far valere la contrarieta’ di detta sentenza ad altra precedente avente tra le medesime parti autorita’ di cosa giudicata”.

e. che, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile;

f. che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento in favore della Banca dell’Adriatico S.p.A., delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2010

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