Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6006 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 04/03/2020), n.6006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21989-2018 proposto da:

P.P., rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO VALENTE e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

FLLI B. S.P.A.

– intimata –

avverso la sentenza n. 699/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 06/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 25.2.2002 P.P. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 169/2001 del Tribunale di Trani, sezione distaccata di Ruvo di Puglia, con il quale gli era stato ingiunto di pagare la somma di lire 148.273.738 in favore di F.lli B. S.r.l. (oggi S.p.A.) a titolo di saldo di alcune forniture di piante e fiori. Nella narrativa dell’atto di citazione l’attore esponeva che la fornitura era stata in parte saldata con assegni bancari ed in parte contestata e proponeva riconvenzionale per il pagamento della somma di lire 100.000.000 per i danni derivatogli dai vizi della merce ricevuta. Si costituiva l’opposta resistendo all’opposizione ed invocandone il rigetto.

Con sentenza n. 27/2011 il giudice di prime cure accoglieva l’opposizione, revocando il decreto opposto, rigettando la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno spiegata dal P..

Interponeva appello la F.lli B. S.r.l. e si costituiva in seconda istanza il P., resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 699/2017, accoglieva l’impugnazione rigettando l’opposizione spiegata dal P. e condannando quest’ultimo alle spese del doppio grado di giudizio.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione P.P. affidandosi a tre motivi. La società intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o errata applicazione dell’art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel ravvisare la mancanza della prova del pagamento delle fatture emesse dalla società F.lli B. a fronte delle forniture da quest’ultima effettivamente eseguite. Secondo il ricorrente, tale prova sarebbe stata offerta mediante deposito degli assegni con cui erano state saldate le consegne eseguite ad agosto 2001, per lire 53.578.231, e ad ottobre 2001, per lire 44.629.175. Le altre consegne eseguite ad ottobre 2001, invece, erano state contestate dal P. con missive del 30.11.2001 e del 5.11.2001 allegate agli atti del giudizio di merito.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o errata applicazione degli artt. 1334 e 1998 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte barese avrebbe errato nel ritenere che la firma apposta dal ricorrente stesso “per presa visione” sull’estratto conto fatture prodotto dalla società fornitrice avesse valore di riconoscimento del debito risultante da detto documento.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione o errata applicazione dell’art. 2710 c.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte pugliese avrebbe erroneamente ritenuto idonee, ai fini della prova del credito, le scritture contabili prodotte dal fornitore, le quali in realtà erano prive dei requisiti formali (bollatura e vidimazione) previsti ai fini della prova.

Le tre censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili, in quanto si risolvono in una richiesta di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790). Nè è possibile, in questa sede, invocare una nuova valutazione delle risultanze istruttorie, posto il principio per cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Del pari inammissibile è l’istanza di revisione del giudizio della Corte territoriale in relazione alla configurabilità, per effetto della firma dell’estratto conto fatture allegato in atti di causa, di un riconoscimento dell’esistenza del debito di cui è causa. Da un lato, infatti, tale valutazione si risolve in un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, ove lo stesso sia fondato su una motivazione immune da vizi logici (per l’affermazione del principio, in relazione alla confessione, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12803 del 27/09/2000, Rv.540542 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6246 del 24/11/1981, Rv.417056). Dall’altro lato, la Corte di Appello ha ricostruito il rapporto complessivamente esistente tra le parti, valorizzando non soltanto la sottoscrizione apposta dal P. sul documento di cui anzidetto, ma anche la circostanza che le parti avessero intrattenuto, con reciproca soddisfazione, un rapporto commerciale sin dal 1996 (cfr. pagg. 7 ed 8 della sentenza). Peraltro la Corte territoriale ha evidenziato che il P. avesse sottoscritto l’estratto conto in ogni sua pagina, ritenendo che in tal modo egli si fosse dichiarato “ben consapevole dell’esistenza di un debito” (cfr. pag.8). Nè il ricorrente, per contro, deduce nel corpo del secondo motivo di ricorso di aver corredato la sua sottoscrizione con qualsivoglia espressione idonea a contestare gli importi esposti nel documento e a fondare la presunzione che la firma non costituisse riconoscimento del debito.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte della società intimata nel presente giudizio di legittimità.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma del art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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