Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6001 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. un., 04/03/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 04/03/2021), n.6001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sezione –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6524/2020 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso il

proprio studio, rappresentato e difeso da sè medesimo;

– ricorrente –

contro

N.E., N.R.;

– intimati –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

31227/2018 del TRIBUNALE di ROMA;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2021 dal Consigliere MAURO DI MARZIO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale

ALBERTO CARDINO, il quale chiede che la Corte voglia dichiarare la

giurisdizione dello Stato italiano (Tribunale di Roma), assumendo i

provvedimenti di cui all’art. 382 c.p.c..

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. – L’avvocato G.V. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma N.E. e N.R. ed ha chiesto che il primo fosse condannato al pagamento di quanto da entrambi dovuto, in veste di garanti, per corrispettivo dell’attività da lui prestata in cinque cause civili, tra altre, che egli aveva curato su incarico conferitogli da N.R. in rappresentanza della madre Mo.Ma.Vi..

2. – A fondamento della domanda l’attore ha invocato una scrittura privata del 2 febbraio 2001, sottoscritta da N.E. e N.R., scrittura che secondo la sua prospettazione documenterebbe l’assunzione di un’obbligazione autonoma di garanzia, del seguente tenore: “Egregio Avvocato G., non potendo soddisfare immediatamente i suoi compensi anche con la vendita dei cespiti, ci impegnamo all’esito dei giudizi, e una volta passata in giudicato le sentenze, di corrisponderle i massimi tariffa decurtate del 10%”.

3. – N.E. ha resistito alla domanda formulando eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, in ragione del domicilio di esso convenuto in (OMISSIS), a (OMISSIS), e contestando il merito dell’avversa pretesa, sull’assunto, tra l’altro, che la scrittura menzionata fosse frutto di abusivo riempimento.

4. – N.R. ha aderito alla domanda attrice, contrastando viceversa l’assunto concernente l’abusivo riempimento.

5. – Proposta dall’attore, pendente il giudizio di merito, domanda cautelare di sequestro conservativo della quota dell’eredità materna di N.E., il giudice adito, nel contraddittorio con i convenuti, l’ha respinta, dichiarando che “in relazione alla tutela cautelare richiesta ha giurisdizione il giudice svizzero”.

Il Tribunale di Roma ha in proposito richiamato l’art. 16 della convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 secondo cui: “L’azione della controparte contrattuale avverso il consumatore può essere proposta solo davanti al giudice dello Stato vincolato dalla presente convenzione nel cui territorio è domiciliato il consumatore”, osservando che nei rapporti tra avvocato e cliente quest’ultimo riveste la qualità di consumatore ed aggiungendo che: “La circostanza di fatto che il giudizio di merito sia stato introdotto anche nei confronti del fratello R., consumatore residente a Roma (che si è impegnato, unitamente al fratello E., al pagamento dei compensi professionali dovuti da quest’ultimo) non determina, infatti, una concorrente giurisdizione del giudice italiano e conseguente competenza del Tribunale di Roma sia per la domanda di merito che per il procedimento cautelare in corso di causa. La domanda proposta nei confronti del fratello S. è, infatti, scindibile e può essere separata da quella principale, proposta nei confronti del Sig. N.E. per il pagamento dei compensi professionali”.

6. – Dopodichè G.V. ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, illustrato da memoria.

7. – N.E. e N.R. non hanno svolto difese in questa sede.

8. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale, ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., sulle conclusioni scritte del P.G., depositate il 29 luglio 2020, di declaratoria di giurisdizione dello Stato italiano.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

9. – Secondo il ricorrente ricorrerebbero simultaneamente tre diversi argomenti tali da comportare il radicamento della controversia presso il giudice italiano.

9.1. – In primo luogo, secondo quanto si sostiene in ricorso, consumatore sarebbe esclusivamente il contraente che, al di fuori della sua attività di impresa o professionale, stipula un contratto con un professionista, sicchè non potrebbe ritenersi tale il terzo, che, anche se per un suo personale interesse, abbia assunto un’obbligazione autonoma di garanzia; esclusa la veste di consumatore del N.E., occorrerebbe fare applicazione, al riguardo, dell’art. 5, comma 1, della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, in forza del quale la persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla convenzione può essere convenuta in un altro Stato vincolato dalla stessa convenzione, in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.

9.2. – In secondo luogo, si aggiunge, dovrebbe farsi applicazione dell’art. 5, comma 2, della detta Convenzione, che attribuisce la giurisdizione sull’illecito aquiliano al giudice del luogo ove l’illecito è stato consumato ovvero ha prodotto i suoi effetti: e, nel caso in esame, il convenuto N.E. aveva chiesto l’accertamento della falsità della scrittura contenente la garanzia, in via principale, mentre un accertamento di segno opposto era stato richiesto dall’altro convenuto N.R..

9.3. – In terzo luogo è invocato l’art. 6 della Convenzione, secondo cui la persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato può essere convenuta in un foro diverso da quello del suo domicilio quando fra le cause sussista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione o una decisione unica, cosa che accadeva nel caso di specie, dal momento che “le domande del ricorrente e quelle proposte dai convenuti erano tra loro inscindibili, dipendenti l’una dall’altra, per cui sussisteva un Litisconsorzio processuale necessario”.

RITENUTO CHE:

10. – Va dichiarata la giurisdizione del giudice italiano, sebbene sulla base di considerazioni diverse da quelle così sintetizzate.

10.1. – N.E., a fronte della domanda spiegata dal G., è si da considerare, difatti, consumatore, ma non certo per i fini dell’applicazione dell’art. 16 della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007.

10.1.1. – Occorre premettere che, in ordine alle questioni di giurisdizione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono anche il giudice del fatto, sicchè possono e devono esaminare l’atto negoziale la cui valutazione incida sulla determinazione della giurisdizione, tenendo conto, peraltro, che le risultanze fattuali vanno apprezzate, ai sensi dell’art. 386 c.p.c., per come emergenti dalla domanda giudiziale e dalla sua eventuale precisazione, avuto riguardo alla causa petendi e al petitum sostanziale della stessa, non assumendo rilevanza la successiva attività istruttoria diretta a verificare il fondamento degli elementi dedotti ed allegati (Cass., Sez. Un., 9 gennaio 2020, n. 156).

10.1.2. – Ora, il ricorrente muove anzitutto dall’assunto secondo cui la scrittura di cui si è dato conto in espositiva, e che è stata posta a fondamento della domanda spiegata in sede di merito, documenterebbe un contratto autonomo di garanzia: di guisa che – questa la tesi ridotta all’essenziale – la pretesa creditoria spiegata trarrebbe origine non dal contratto di patrocinio in forza del quale il G. ha svolto l’attività difensiva nelle cinque cause per le quali chiede di essere retribuito, ma dall’autonoma obbligazione assunta dai N. con la sottoscrizione della menzionata scrittura.

La tesi è però destituita di fondamento, come osservato anche dal Procuratore Generale nella propria requisitoria: e cioè, è da escludere che la scrittura abbia natura di contratto autonomo di garanzia.

Con il contratto autonomo di garanzia, infatti, il garante si impegna a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento dell’obbligazione gravante sul debitore principale, in ciò differenziandosi dal fideiussore, il quale, garantendo l’adempimento dell’obbligazione altrui, è tenuto ad una prestazione identica a quella dovuta dal debitore principale (p. es. da ult. Cass. 5 marzo 2020, n. 6177).

Orbene, dalla scrittura (“non potendo soddisfare immediatamente i suoi compensi anche con la vendita dei cespiti, ci impegnamo all’esito dei giudizi, e una volta passata in giudicato le sentenze, di corrisponderle i massimi tariffa decurtate del 10%”) non emerge alcunchè, sul piano letterale, da cui desumere che N.E. e N.R. abbiano assunto l’obbligazione di tenere indenne il G. dall’inadempimento dell’obbligazione gravante sulla Mo.Ma.Vi., secondo quanto lo stesso G. ha invece sostenuto nella sua prospettazione: prospettazione sintetizzata in ciò, che l’incarico difensivo gli sarebbe stato conferito dal N.R. “quale mandatario della propria madre che gestiva la comunione tacita di godimento dei beni della loro famiglia” (così a pagina 4 del ricorso; identico concetto è ribadito a pagina 12, dove sono trascritte le conclusioni prese nel giudizio di merito), dando così corso alla stipulazione di un contratto di patrocinio Mo.- G., quantunque evidentemente concluso anche nell’interesse degli stessi N., quali partecipanti della comunione che ella gestiva (per lo scontato principio secondo cui il contratto di patrocinio può essere concluso anche da un terzo diverso dalla parte rappresentata in giudizio, v. tra le tante Cass. 6 dicembre 1988, n. 6631; e già Cass. 4 dicembre 1967, n. 2880; in seguito Cass. 8 giugno 1996, n. 5336; Cass. 26 aprile 2004, n. 7926; Cass. 27 dicembre 2004, n. 24010; Cass. 24 febbraio 2010, n. 4489; Cass. 28 marzo 2012, n. 4959).

Viceversa, il dato letterale, nel quadro di applicazione dell’ultimo inciso dell’art. 1362 c.c., comma 1, depone inequivocamente – fatte salve le difese del convenuto N.E. in ordine al riempimento abusivo del documento, che qui non rilevano, per i fini del giudizio sulla giurisdizione – per il riconoscimento di un preesistente debito, anche proprio di essi N.E. e N.R., debito che gli stessi non erano al momento in grado di soddisfare (il che presuppone necessariamente che vi fossero obbligati) neppure attraverso la vendita di beni: e detto riconoscimento di debito, inquadrabile nella previsione di cui all’art. 1988 c.c., deve ritenersi titolato, a cagione del riferimento alla spettanza di “compensi”, da corrispondersi al passaggio in giudicato delle sentenze, e cioè derivante dallo svolgimento dell’attività professionale del G., quale avvocato, da liquidarsi secondo la tariffa professionale.

L’indagine sull’intenzione, pure richiesta dal citato art. 1362 c.c., depone nel medesimo senso: non potendo pagare al momento, gli interessati con la scrittura in questione, i N. – fatta salva, si ripete, la questione dell’abusivo riempimento – hanno per un verso manifestato l’intento di rassicurare il debitore in ordine alla sussistenza del proprio debito, e per altro verso riconosciuto l’entità della somma dovuta, attraverso il richiamo della tariffa, da corrispondersi all’esito del passaggio in giudicato delle sentenze.

Non dunque un contratto autonomo di garanzia, ma un riconoscimento di debito.

10.1.3. – La giurisdizione si determina sulla base della domanda, individuata con riferimento al petitum sostanziale, identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto della causa petendi, vale a dire della effettiva consistenza della situazione soggettiva giuridicamente tutelata dedotta in giudizio, identificata con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico di cui essi sono rappresentazione. Occorre dunque guardare al petitum sostanziale, in funzione della causa petendi, rappresentata dalla “intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio”, che il giudice deve accertare “con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione” (così, ad es., nel contesto di un indirizzo consolidato, Cass., Sez. Un., 8.5.2007, n. 10374; in seguito tra le tante Cass., Sez. Un., 16 maggio 2008, n. 12378; Cass., Sez. Un., 25 giugno 2010, n. 15323; Cass., Sez. Un., 11 ottobre 2011, n. 20902; Cass., Sez. Un., 21 maggio 2014, n. 11229; Cass., Sez. Un, 12 novembre 2020, n. 25578).

Ed inoltre, anche “la giurisdizione nei confronti dello straniero si determina sulla base dell’oggetto della domanda”, da individuarsi “con esclusivo riferimento alla domanda stessa, essendo irrilevanti i mezzi di difesa proposti dal convenuto” (così, ad es., Cass., Sez. Un., 2 aprile 2007, n. 8095: perciò si è detto che la questione dell’abusivo riempimento non ha rilievo in questa sede e di essa si occuperà il giudice di merito). E dunque, ad esempio, al fine di determinare l’ambito della giurisdizione italiana, ai sensi dell’art. 6, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (resa esecutiva con L. 21 giugno 1971, n. 804), rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della causa petendi (Cass., Sez. Un., 9 febbraio 2015, n. 2360).

10.1.4. – Nel caso in esame, dunque, occorre muovere dalla già evidenziata constatazione che l’originario attore ha posto a fondamento della domanda la predetta scrittura, che come si è visto documenta un riconoscimento di debito, titolato, rinveniente dal contratto di patrocinio stipulato dal G. nella sua veste di avvocato.

E’ dunque di tutta evidenza che non regge il primo degli argomenti addotti dal ricorrente, nel sostenere che la giurisdizione si radicherebbe dinanzi al giudice italiano, esclusa la veste di consumatori dei convenuti, in forza dell’obbligazione autonoma di garanzia da essi assunta, con conseguente applicazione dell’art. 5, comma 1, della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, il quale stabilisce che la persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla convenzione può essere convenuta in un altro Stato vincolato dalla stessa convenzione, in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.

10.1.5. – Al contrario, occorre considerare, alla luce di quanto in precedenza evidenziato con riguardo al petitum sostanziale ed alla causa petendi che anima la domanda attrice, che nei rapporti tra avvocato e cliente quest’ultimo riveste la qualità di consumatore, ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 3, comma 1, lett. a), a nulla rilevando che il rapporto sia caratterizzato dall’intuitu personae e sia non di contrapposizione, ma di collaborazione (tra le molte Cass. 13 settembre 2017, n. 21187), anche senza considerare che tale qualificazione ricorre ancora nei confronti degli eredi del consumatore (p. es. Cass. 13 luglio 2018, n. 18579; Cass., Sez. Un., 19 maggio 2009, n. 11532, in motivazione) e ben può ricorrere nei confronti del garante (Cass. 8 maggio 2020, n. 8662).

10.1.6. – Ma la qualità di consumatore del N.E., nei rapporti con l’avvocato G., secondo le regole del diritto interno, non comporta affatto, automaticamente, l’applicazione dell’art. 16 della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, secondo quanto invece erroneamente affermato dal Tribunale di Roma, che del testo normativo ha dato una lettura soltanto parziale ed approssimativa.

La Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, recepita dalla Decisione del Consiglio del 27 novembre 2008 relativa alla conclusione della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2009/430/CE), dedica la Sezione quarta alla: “Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori”, stabilendo, per quanto qui rileva, che: “1. Salve le disposizioni dell’art. 4, e dell’art. 5, paragrafo 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione:

a) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali; o b) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni; o c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato vincolato dalla presente convenzione in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato, purchè il contratto rientri nell’ambito di dette attività”.

Premesso che la clausola di salvezza con cui la norma esordisce (riferita all’art. 4, e art. 5, comma 5) non ha rilievo in questa sede, è dunque palese che la disciplina così congegnata distingue tra contratti conclusi con consumatori che ricadono sic et sipliciter nell’ambito di applicazione della convenzione (vendita a rate di mobili; prestiti con rimborso rateizzato o altre operazione di credito connesse con il finanziamento di vendite di mobili) e contratti con consumatori per i quali è ulteriormente richiesto che: a) il professionista svolga la sua attività nello Stato vincolato in cui è domiciliato il consumatore; b) l’attività del professionista sia diretta, con qualsiasi mezzo, verso lo Stato vincolato in cui è domiciliato il consumatore.

Espressione, quest’ultima, la quale individua l’intenzione del professionista di dirigere la propria attività verso lo Stato vincolato di domicilio del consumatore: di offrire, in altri termini, le sue prestazioni ai consumatori, alla potenziale clientela di quello Stato (v. p. es. Cass., Sez. Un., 19 maggio 2009, n. 11532, in motivazione, che ha escluso l’applicabilità delle norme relative ai contratti con i consumatori sul rilievo che la parte che le invocava non aveva nè allegato nè provato che le attività del professionista si dirigessero verso lo Stato di domicilio del consumatore: poichè la decisione appena citata è stata resa con riguardo al Regolamento numero 44/2001, varrà precisare che, come ricorda Cass., Sez. Un, 18 marzo 2019, n. 7621, il testo della Convenzione di Lugano in esame è il medesimo del corrispondente articolo del Regolamento numero 44/2001, Bruxelles I, e del successivo Regolamento numero 1215/2012, Bruxelles I bis).

Ebbene, è allora sufficiente osservare che, a quanto emerge dagli atti di causa, N.E. ha posto a fondamento della sua eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, in favore di quello svizzero, la circostanza del suo domicilio in Svizzera, ma non ha neppur dedotto che l’avvocato G. sia abilitato all’esercizio della professione in Svizzera, alla stregua della Legge federale sulla libera circolazione degli avvocati (Legge sugli avvocati, LLCA) del 23 giugno 2000: sicchè non v’è modo di ritenere che l’avvocato G. svolga la sua attività in Svizzera o voglia dirigerla verso quel Paese.

Il che, per il tramite dell’art. 15, della Convenzione, rende inapplicabile il successivo art. 16, comma 2, secondo cui: “L’azione della controparte contrattuale avverso il consumatore può essere proposta solo davanti al giudice dello Stato vincolato dalla presente convenzione nel cui territorio è domiciliato il consumatore”.

10.1.7. – La regola generale posta dalla Convenzione, all’art. 2, comma 1, è che: “1. Salve le disposizioni della presente convenzione, le persone domiciliate nel territorio di uno Stato vincolato dalla presente convenzione sono convenute, a prescindere dalla cittadinanza, davanti ai giudici di quello Stato”. Ma, ai sensi del successivo art. 5: “La persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla presente convenzione può essere convenuta in un altro Stato vincolato dalla presente convenzione: 1) a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita”.

Nel caso in esame, come si è già detto, il G. agisce per il corrispettivo di attività professionale svolta in Italia e da retribuirsi in Italia.

Sicchè il giudice italiano ha giurisdizione. Tanto va dichiarato.

11. – Infine, esclusa la necessità di ulteriori statuizioni per essere già pendente il giudizio dinanzi al giudice qui dichiarato munito di giurisdizione, le spese di questo giudizio di regolamento meritano di essere integralmente compensate attese le ragioni della decisione, che conducono al radicamento della giurisdizione in Italia sulla base di argomenti in contrasto con quelli sostenuti dal ricorrente.

12. – Inoltre, non integrando il regolamento di giurisdizione un mezzo di impugnazione, non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

P.Q.M.

dichiara la giurisdizione del giudice italiano e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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