Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5997 del 08/03/2017
Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 15/02/2017, dep.08/03/2017), n. 5997
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25515/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Dogane, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale
dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla Via dei Portoghesi n.
12 domicilia ex lege;
– ricorrente –
contro
PAMAB Food International s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti
Alessandro Fruscione e Salvatore Mileto, elettivamente domiciliata
in Roma alla via Vico n. 22 presso lo studio Santacroce, Procida
& Fruscione, per procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Liguria n. 92/9/11 depositata il 21 settembre 2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 febbraio 2017
dal Consigliere Dott. Enrico Carbone.
Udito l’Avv. Alessandro Fruscione per la controricorrente.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
In rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle dogane, la Commissione Tributaria Regionale della Liguria confermava l’annullamento di primo grado dell’avviso di rettifica n. 515 del 4 gennaio 2008 emesso nei confronti della PAMAB Food International s.r.l. per recupero daziario su importazione a tasso agevolato.
Il giudice d’appello ribadiva l’effetto sanante del certificato FORM A presentato dall’importatrice in seguito ai rilievi doganali circa l’irregolarità di un primo certificato d’origine preferenziale.
L’Agenzia delle dogane ricorre per cassazione sulla base di unico motivo.
PAMAB Food International s.r.l. resiste mediante controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso denuncia violazione degli artt. 47 e segg. (in particolare, art. 92) Reg. CEE n. 2454/93, art. 2697 c.c., per aver il giudice d’appello attribuito effetto sanante a un certificato d’origine rilasciato “a posteriori” fuori dei casi ammessi ed irregolare a sua volta.
2. Il ricorso è infondato.
La base normativa dell’analisi sta nel Reg. CEE n. 2454/93, disposizioni di applicazione del codice doganale comunitario (DAC), applicabile ratione temporis, relativo al “sistema delle preferenze generalizzate” (SPG), attraverso il quale l’Unione europea concede vantaggi tariffari all’importazione di prodotti originari dei Paesi in via di sviluppo (artt. 66 segg.).
In questo sistema è eccezionalmente ammesso il rilascio “a posteriori” del certificato d’origine (con dicitura “delivrè a posteriori” o “issued retrospectively”), qualora esso non sia stato rilasciato al momento dell’esportazione per errore, omissione involontaria o circostanze particolari (art. 81 DAC).
Sembra essere il caso di specie, nel quale l’autorità pubblica del Paese di esportazione (Emirati Arabi Uniti) ha rilasciato un certificato con dicitura “issued retrospectively” sul verosimile presupposto che nessun idoneo certificato d’origine fosse stato emesso prima.
Quindi, la tesi erariale per cui il certificato “a posteriori” sarebbe stato rilasciato fuori dei casi ammessi risulta astratta e indimostrata.
Piuttosto, l’Agenzia delle dogane pare voler conseguire in questa sede una rivisitazione del giudizio di fatto sulle irregolarità del secondo certificato, irregolarità che – in thesi – ne minerebbero l’efficacia.
Tuttavia, premesso che il certificato d’origine non è inficiato da irregolarità tanto lievi da non alterarne la genuinità (art. 92 DAC), il giudizio sulla “lievità” delle discordanze è un giudizio riservato al merito.
Nella specie, quindi, in assenza di censure motivazionali, resta insindacabile la valutazione del giudice di merito sul fatto che il posizionamento delle diciture e la forma dei timbri non privassero il documento della sua funzione probatoria tipica.
Non risulta d’altronde – circostanza decisiva – che il secondo FORM A sia stato contestato nei modi regolamentari.
Il sistema delle preferenze generalizzate è governato da metodi di cooperazione amministrativa (artt. 93 ss. DAC): i Paesi beneficiari accreditatisi presso l’Unione garantiscono il rilascio dei certificati d’origine, le autorità doganali europee interloquiscono con l’autorità pubblica di quei Paesi nell’ipotesi di controllo “a posteriori”.
In particolare, ai sensi dell’art. 95 DAC, nell’ipotesi di controllo “a posteriori”, l’autorità di importazione rispedisce il certificato d’origine all’autorità di esportazione, specificando le ragioni di merito o forma che giustificano un’inchiesta, e soltanto in caso di omissione o insufficienza della risposta, e dopo ancora una comunicazione, l’autorità di importazione rifiuta di concedere il trattamento preferenziale.
Questa Corte ha evidenziato che gli obblighi cooperativi sulla regolarità dei certificati d’origine della merce nel sistema dei controlli “a posteriori” sono funzionali a tutelare anche gli interessi dell’esportatore per l’eventualità di errori amministrativi a lui non riferibili (Cass. 25 luglio 2014, n. 17027, Rv. 632143).
Ciò appare in linea con quanto emerge dalla giurisprudenza unionale, che modula l’onere della prova circa l’origine delle merci nei controlli “a posteriori” in base all’imputabilità dell’inesattezza del certificato all’esportatore o al Paese terzo (Corte giust., 9 marzo 2006, C-293/04, Beemsterboer; Corte giust., 8 novembre 2012, C-438/11, Lagura).
Il qui censurato effetto sanante – se così può chiamarsi – deriva dall’omessa contestazione bilaterale del certificato “a posteriori” e dalla sostanziale unilateralità del recupero a dazio pieno.
Vale il seguente principio: “in tema di dazi all’importazione, nel “sistema delle preferenze generalizzate” delineato dagli artt. 66 e segg. Reg. CEE n. 2454/93, applicabile ratione temporis, il certificato d’origine della merce rilasciato “a posteriori” dall’autorità del Paese di esportazione dopo il rilascio di un primo certificato inidoneo non può essere respinto unilateralmente dall’autorità del Paese di importazione ai fini del recupero del dazio pieno, essendo necessario che quest’ultima attivi la procedura cooperativa disciplinata dall’art. 95, anche a tutela del soggetto esportatore per l’eventualità di errori di rilascio del certificato a lui non imputabili”.
3. Il ricorso deve essere respinto, e tuttavia la peculiarità della fattispecie (doppio FORM A) impone di compensare le spese di giudizio.
PQM
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017