Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5990 del 23/02/2022
Cassazione civile sez. lav., 23/02/2022, (ud. 18/11/2021, dep. 23/02/2022), n.5990
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5838-2016 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO
STUMPO, VINCENZO TRIOLO, ANTONIETTA CORETTI;
– ricorrente –
contro
S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTO RUFO 23,
presso lo studio dell’avvocato BRUNO TAVERNITI, rappresentato e
difeso dagli avvocati EMANUELE BUTTINI, ROBERTO VALETTINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 405/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 31/12/2015 R.G.N. 370/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del
18/11/2021 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 31.12.2015, la Corte d’appello di Genova, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato non dovute le somme pretese dall’INPS a carico di S.P. a titolo di indennità di mobilità e ha condannato l’Istituto a restituirgli quanto già trattenutogli, con esclusione di quanto percepito nel periodo 28 febbraio-9 marzo 2008, in cui egli aveva prestato attività lavorativa temporanea presso l’Istituto Comprensivo di Borghetto;
che i giudici territoriali hanno ritenuto che, essendo il ritardo nella comunicazione dell’assunzione imputabile a problemi informatici del datore di lavoro, nessuna colpa potesse addebitarsi al lavoratore;
che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che S.P. ha resistito con controricorso;
che entrambe le parti hanno depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 9, comma 1, lett. d), per avere la Corte di merito ritenuto che l’odierno controricorrente, pur non avendo provveduto personalmente a comunicare la propria occupazione temporanea entro cinque giorni dall’assunzione, non fosse decaduto dal diritto al trattamento di mobilità, essendo dipeso il ritardo nella comunicazione all’INPS dell’assunzione da problemi informatici dell’Istituto Comprensivo di Borghetto, ove egli aveva prestato attività nel periodo 28 febbraio-9 marzo 2008;
che, al riguardo, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che l’obbligo di comunicare all’INPS lo svolgimento di una data attività lavorativa entro cinque giorni dall’assunzione, a pena di decadenza dal trattamento di mobilità, è posto dalla L. n. 223 del 1991, art. 9 (nel testo modificato dal D.L. n. 510 del 1996, art. 4, comma 38, conv. con L. n. 608 del 1996), esclusivamente a carico del lavoratore, onde è da escludere che possa ritenersi equipollente l’analoga comunicazione rivolta all’INPS dal datore di lavoro, avente finalità affatto diverse da quelle sottese dalla legge con l’imposizione dell’onere a specifico carico del lavoratore (così Cass. n. 3776 del 2009, in motivazione);
che, con riguardo all’analoga previsione di cui al D.L. n. 86 del 1988, art. 8, comma 5, (conv. con L. n. 160 del 1988), che comminava la decadenza dall’integrazione salariale a carico del lavoratore che non avesse comunicato all’INPS lo svolgimento di altra attività lavorativa, si è precisato che l’onere di comunicazione a carico del beneficiario del trattamento sussiste ancorché l’attività lavorativa prestata sia compatibile con il trattamento medesimo, essendo la comunicazione finalizzata allo scopo di consentire all’INPS proprio la verifica tra la compatibilità dell’attività da svolgere e il perdurare del rapporto di lavoro che è presupposto dell’integrazione salariale (così da ult. Cass. n. 24455 del 2017);
che, non essendosi i giudici territoriali attenuti all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022