Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 599 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 12/01/2011), n.599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ALIMURI DI MARTINO MARIA GRAZIA & C. S.N.C., in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Cardinal De Luca 10, presso lo studio dell’avv. Elefante Tullio, che

la rappresenta e difdende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI META, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via Germanico n. 96, presso lo studio Costanzo,

rappresentato e difeso dall’avv. Maresca Antonio;

– controricorrente –

Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sez. 51^, n. 41, depositata il 4 aprile

2008;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarita’ delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che, in controversia in tema di tarsu per l’anno 2005, la decisione indicata in epigrafe ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla s.n.c. Alimuri, con notifica eseguita a mezzo posta, per mancata allegazione dell’avviso di ricevimento, da parte del Comune appellato e contumace in appello, del plico raccomandato;

rilevato:

– che, avverso tale decisione, la societa’ contribuente ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi, deducendo: “insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia”;

nullita’ della sentenza in quanto recante cancellazione vergata a mano di intero periodo dattiloscritto; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 20 e 22 come richiamati dal successivo art. 53, comma 2; violazione e falsa applicazione dell’art. 350 c.p.c.;

– che il Comune ha resistito con controricorso;

osservato:

– che il ricorso va disatteso;

– che il primo motivo di ricorso e’ inammissibile, m quanto denunzia sostanzialmente un vizio di motivazione in diritto, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non puo’ avere rilievo di per se’ (cfr. Cass. 16640/05, 11883/03);

– che il secondo motivo e’ manifestamente infondato, posto che l’inosservanza dell’art. 46, disp. att. c.p.c., comma 2 – secondo il quale “le aggiunte, soppressioni o modificazioni” degli atti giudiziari in concreto, peraltro, solo finalizzate alla meramente formale correzione dell’errata pronunzia di compensazione delle spese del giudizio in una pronunzia di non luogo a provvedere sulle spese per difetto di costituzione della parte vincitrice) “debbono essere fatte in calce all’atto, con nota di richiamo senza cancellare la parte soppressa o modificata”) – non comportano la nullita’ dell’atto irregolarmente corretto (cfr. Cass. 11571/04, 6425/02);

che le ulteriori doglianze della societa’ ricorrente sono non di meno manifestamente infondate, posto che e’ giurisprudenza di questa Corte che, nel processo tributario – allorche’ l’atto di appello sia notificato a mezzo del servizio postale (vuoi per il tramite di ufficiale giudiziario, vuoi direttamente dalla parte ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16) e l’appellato non si sia costituito – l’appellante ha l’onere, a pena di inammissibilita’ del gravame, di produrre in giudizio, prima della discussione, l’avviso di ricevimento attestante l’avvenuta notifica, od in alternativa di chiedere di essere rimesso in termini, ex art. 184 bis c.p.c., per produrre il suddetto avviso e di essersi attivato per tempo nel richiedere un duplicato all’amministrazione postale, previa dimostrazione di averlo incolpevolmente perduto (cfr. Cass. 9769/08, ss.uu. 627/08);

ritenuto:

che, pertanto, il ricorso va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, per la soccombenza, la societa’ contribuente va condannata al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE respinge il ricorso; condanna la societa’ contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessive Euro 700,00 (di cui Euro 600,00 per onorari oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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