Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5984 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 04/03/2021), n.5984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 5896/2014 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

L.M., rappresentato e difeso dall’avv. Elefante Tullio,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Cardinal

de Luca, n. 10;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, sezione n. 04, n. 565/04/13,

pronunciata il 15/07/2013, depositata il 24/07/2013.

Sul ricorso iscritto al n. 6060/2015 R.G. proposto da:

L.M., rappresentato e difeso dall’avv. Elefante Tullio,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Cardinal

de Luca, n. 10;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, sezione n. 12, n. 7577/12/14,

pronunciata il 07/07/2014, depositata l’11/08/2014.

Sul ricorso iscritto al n. 13603/2016 R.G. proposto da:

L.M., rappresentato e difeso dall’avv. Elefante Tullio,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Cardinal

de Luca, n. 10;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente, con atto di costituzione –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione n. 29, n. 10557/29/15, pronunciata il 20/10/2015,

depositata il 25/11/2015.

Sul ricorso iscritto al n. 34059/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

L.M., rappresentato e difeso dall’avv. Elefante Tullio,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Cardinal

de Luca, n. 10.

– controricorrente –

Avverso l’ordinanza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, sezione n. 05, n. 1086/05/18,

pronunciata il 16/04/2018, depositata il 17/04/2018.

Sul ricorso iscritto al n. 14387/2019 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

L.M., rappresentato e difeso dall’avv. Elefante Tullio,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Cardinal

de Luca, n. 10.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, sezione n. 05, n. 9407/05/18,

pronunciata il 15/10/2018, depositata il 30/10/2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 febbraio

2021 dal Consigliere Guida Riccardo.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

(i) Preliminarmente, i ricorsi con R.G. nn. 6060/2015, 13603/2016, 34059/2018, 14387/2019, vengono riuniti a quello più risalente, con R.G. n. 5896/2014, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., per ragioni di connessione, quali controversie, tra le stesse parti, riguardanti l’impugnazione di cartelle di pagamento per il recupero dell’IRPEF, relativa a varie annualità, che (come sarà chiarito appresso) pongono tutte un’identica questione di diritto.

Ricorso con R.G. n. 5896/2014

1. Luongo Marco impugnò, dinanzi alla CTP di Avellino, la cartella di pagamento con la quale l’Amministrazione finanziaria, all’esito del controllo formale della dichiarazione dei redditi, per il 2005, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-ter, riprendeva a tassazione, ai fini dell’IRPEF, disconoscendone la deducibilità, oneri dedotti, ex art. 10 TUIR, comma 1, lett. c), in aggiunta all’assegno periodico dovuto al coniuge separato. Nell’accordo di separazione personale dei coniugi, omologato dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, in data 12/04/2005, il contribuente, oltre a riconoscere alla moglie una somma mensile a titolo di mantenimento (Euro 1.500,00), assumeva altresì l’obbligo di corrispondere “per l’intero e sino ad integrale estinzione del debito, i ratei mensili di mutuo gravanti su (…) immobile in comproprietà tra i coniugi (sito in …) e afferenti al relativo contratto di mutuo ipotecario”.

1.1. Il primo giudice accolse il ricorso, con sentenza (n. 185/02/11) confermata dalla CTR della Campania (sezione staccata di Salerno), la quale, a sua volta, con la pronuncia indicata in epigrafe, rigettò l’appello dell’Agenzia, sul rilievo che il pagamento periodico delle rate di mutuo ha la funzione di assicurare all’altro coniuge (separato) un sostegno (indiretto) in vista del suo mantenimento, donde la sua natura assistenziale e l’assimilabilità agli assegni periodici, deducibili, ai sensi dell’art. 10 TUIR, comma 1, lett. c).

1.2. L’Agenzia ricorre con un motivo e il contribuente resiste con controricorso.

1.3. Con l’unico motivo di ricorso (“1. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10TUIR, comma 1, lett. c) – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere erroneamente assimilato, sul piano della deducibilità del relativo onere dal reddito imponibile, il pagamento delle rate residue di un mutuo ipotecario, quale “esborso (…) meramente patrimoniale”, all’assegno periodico a favore del coniuge separato, trascurando, da un lato, che il contribuente aveva assunto su di sè l’intero debito residuo, mediante accollo interno di una precisa voce di spesa; dall’altro, che la determinazione dell’assegno di mantenimento era contenuta in una separata clausola dell’accordo di separazione.

Ricorso con R.G. al n. 6060/2015

2. Il contribuente impugnò, inoltre, dinanzi alla CTP di Avellino, la cartella di pagamento, per i redditi del 2006, fondata sui medesimi presupposti della cartella relativa all’annualità precedente (cfr. p. 1).

2.1. Il primo giudice accolse il ricorso, con sentenza (n. 43/05/2012) riformata dalla CTR della Campania (sezione staccata di Salerno), la quale, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha accolto l’appello dell’ufficio, sul rilievo che il pagamento dei “ratei di mutuo” non poggia sui medesimi presupposti dell’assegno di mantenimento, in quanto detti “ratei” vengono corrisposti, tramite l’ex coniuge”, all’istituto mutuante, con la precisazione che non è deducibile l’assegno versato all’altro coniuge “che per sentenza viene erogato mensilmente per un periodo di tempo definito”, perchè la rateizzazione del pagamento è solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo pattuito tra le parti, al fine di dare un assetto definitivo ad ogni loro rapporto, che non va confuso con la corresponsione periodica di un assegno, “il cui importo è invece rivedibile nel tempo (Risoluzione n. 153 del 11 06 2009)”.

2.2. Il contribuente ricorre per la cassazione con due motivi e l’Agenzia resiste con controricorso.

2.3. Con il primo motivo di ricorso (“1. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”), s’addebita alla CTR di non essersi pronunciata sull’eccezione della parte privata (sollevata nelle controdeduzioni depositate nel giudizio d’appello) di omessa notifica dell’atto d’appello dell’Agenzia sia al contribuente sia al procuratore speciale, presso il quale egli aveva eletto domicilio (per entrambi i gradi di merito), e, quindi, di non avere rilevato l’inammissibilità dell’appello. Il ricorrente rimarca che, nel giudizio di appello, aveva dedotto che, in caso di notifica a mezzo del servizio postale, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, il vizio di notifica dell’atto di gravame, derivante dalla mancata allegazione dell’avviso di ricevimento del plico spedito a mezzo posta, importa l’inesistenza giuridica della notificazione.

2.4. Con il secondo motivo (“2. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), il ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere compreso che l’accollo del mutuo, pattuito negli accordi di separazione, ha la medesima natura della corresponsione dell’assegno periodico di mantenimento, ragion per cui, sul piano fiscale, il relativo onere è deducibile (ex art. 10 TUIR cit.) alla stessa stregua dell’assegno di mantenimento.

Ricorso con R.G. n. 13603/2016

3. Il contribuente impugnò, dinanzi alla CTP di Avellino, anche la cartella di pagamento per i redditi del 2008, fondata sui medesimi presupposti delle cartelle relative alle annualità precedenti (cfr. p.p. 1,2).

3.1. Il primo giudice accolse il ricorso, con sentenza (n. 431/2013) riformata dalla CTR della Campania, la quale, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha accolto l’appello dell’ufficio sul rilievo che l’assegno di mantenimento e l’accollo delle rate mensili di mutuo sull’immobile in comproprietà dei coniugi, fino alla sua estinzione, sono (cfr. pag. 3 della sentenza) “due obblighi ontologicamente diversi: il primo discende dai doveri coniugali ed infatti la sua fonte è nel dovere di mantenimento dell’altro coniuge anche dopo la separazione; il secondo, invece, è frutto di regolamentazione pattizia fra i coniugi e, come tale ha un contenuto diverso rispetto all’obbligo di mantenimento in quanto trova la sua fonte non nei doveri coniugali, bensì nella volontà dei coniugi di dare un determinato assetto ai loro rapporti patrimoniali nella piena libertà contrattuale proprio perchè esula dal campo dell’obbligo di mantenimento”.

3.2. Il contribuente ricorre per la cassazione con un motivo e l’Agenzia resiste con atto di costituzione.

3.3. Con l’unico motivo di ricorso (“1. Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), il ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere compreso che l’accollo del mutuo, pattuito negli accordi di separazione, ha la medesima natura della corresponsione dell’assegno periodico di mantenimento, il che comporta, sul piano fiscale, che il relativo onere sia deducibile (ex art. 10 TUIR cit.) così com’è deducibile l’esborso per l’assegno di mantenimento.

Ricorso con R.G. n. 34059/2018

4. Il contribuente impugnò, altresì, dinanzi alla CTP di Avellino, la cartella di pagamento per i redditi del 2009, fondata sui medesimi presupposti delle cartelle relative alle annualità precedenti (cfr.

4.1. Il primo giudice, con sentenza n. (7547j/02/15, accolse parzialmente il ricorso; la CTR della Campania (sezione staccata di Salerno), con la sentenza n. 8663/2017 (depositata il 17/10/2017) – benchè nel dispositivo sia scritto, per mero errore materiale, “accoglie l’appello” – rigettò l’appello dell’Agenzia, ritenendo di aderire all’orientamento di legittimità (Cass. 02/04/2015, n. 6794) che, si legge in parte motiva, aveva statuito in “fattispecie del tutto conforme al caso di specie”.

4.2. Con ordinanza n. 1086 del 16/04/2018 (depositata il 17/04/2018), emessa su ricorso del contribuente ex art. 287 c.p.c., la CTR ha corretto il dispositivo della sentenza n. 8663/05/2017, sostituendo il verbo “accoglie” con il verbo “rigetta”.

4.3. L’Agenzia ricorre, testualmente (cfr. pag. 1 del ricorso per cassazione), avverso la “sentenza della Commissione Tributaria Regionale Campania/Salerno, sez. 5, n. 1086/18, depositata in data 17/04/2018, non notificata”, sulla base di un motivo e il contribuente resiste con controricorso.

4.4. Con l’unico motivo di ricorso (“1). Violazione e falsa applicazione del D.P.R. m. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c). (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia assume che il precedente nomofilattico (Cass. n. 6794/2015) su cui si fonda la sentenza qui impugnata, diversamente da quanto stabilito dalla CTR, affronta la diversa questione delle somme corrisposte dal contribuente “in vece e per conto del coniuge separato, ad estinzione dei ratei di mutuo a quest’ultimo intestato”, mentre nel caso in esame gli oneri contestati afferiscono a somme versate in aggiunta all’assegno periodico corrisposto al coniuge separato. Indi, addebita alla CTR l’erronea interpretazione dell’art. 10 TUIR, comma 1, lett. c), in base al quale sono deducibili gli assegni corrisposti al coniuge in conseguenza e nei limiti di quanto previsto in sede di separazione legale, laddove, invece, qui si controverte di un accollo interno di debito (relativo alle restanti rate del mutuo gravante sull’abitazione in comproprietà dei coniugi), assunto dal marito negli accordi di separazione consensuale omologata.

4.5. Preliminarmente, non è fondata l’eccezione del contribuente di tardività del ricorso per cassazione dell’Agenzia.

4.5.1. L’ufficio ha proposto il ricorso per cassazione, avverso la sentenza n. 8663/05/2017 (depositata il 17/10/2017), in data 19/11/2018, nel rispetto del termine c.d. “lungo” (semestrale, cui va aggiunta la sospensione feriale) d’impugnazione, ex art. 327, c.p.c. Tale termine “lungo” decorrente dalla pubblicazione dell’ordinanza (n. 1086/05/2018), depositata il 17/04/2018, che (come suaccennato) emendava il dispositivo della medesima sentenza, scadeva proprio lunedì 19/11/2018. Va riaffermato, in assenza di ragioni ostative, il costante

indirizzo nomofilattico (ex multis: 10/04/2018 n. 8863), per il quale “Il termine per l’impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288 c.p.c., u.c., se con essa sono svelati “errores in iudicando” o “in procedendo” evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l’errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l’adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione.”. Nella specie, rileva questa Corte che l’ordinanza della CTR non si limita a correggere un errore formale, ma incide sul contenuto sostanziale della decisione, elidendo la radicale antinomìa tra plesso argomentativo e dispositivo.

Ricorso con R.G. n. 14387/2019

5. Infine, il contribuente impugnò, dinanzi alla CTP di Avellino, la cartella di pagamento per i redditi del 2010, fondata sui medesimi presupposti delle cartelle relative alle annualità precedenti (cfr. p.p. 1,2,3,4).

5.1. Il primo giudice accolse il ricorso, con sentenza (n. 205/04/2016) confermata dalla CTR della Campania (sezione staccata di Salerno), la quale, a sua volta, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettò l’appello dell’Agenzia ritenendo di aderire all’orientamento di legittimità (Cass. 02/04/2015, n. 6794) che considerava deducibili, ai sensi dell’art. 10 TUIR, comma 1, lett. c), le rate di mutuo pagate dal coniuge separato al coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento.

5.2. L’Agenzia ricorre con un motivo e il contribuente resiste con controricorso.

5.3. Preliminarmente, è infondata l’eccezione del contribuente d’inammissibilità del ricorso dell’A.F., testualmente (cfr. pag. 3 del controricorso) “perchè mancante di svariate pagine nella copia notificata all’odierno controricorrente”. Risulta dagli atti che, nell’originale del ricorso per cassazione, le cui pagine non sono numerate, e non soltanto nella copia dell’atto notificata al contribuente, alla fine della decima pagina, il periodo (un brano del testo della circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 7/E del 2017, trascritto in corsivo, tra virgolette) s’interrompe, e l’incipit della pagina successiva, dopo la parola “Conclusioni”, reca il petitum (ossia la richiesta di cassazione dell’impugnata sentenza, con le conseguenti statuizioni in punto di spese), il che, però, a giudizio della Corte, nonostante l’evidente lacuna della proposizione, non impedisce affatto di cogliere, con esattezza, le ragioni che sorreggono la domanda, così come esposte nell’unico motivo d’impugnazione di seguito illustrato.

5.4. Con l’unico motivo di ricorso (“1. Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c) (t.u.i.r.) e art. 156 c.c. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere erroneamente assimilato, sul piano della deducibilità dei correlati esborsi dal reddito imponibile, due obblighi ontologicamente diversi, quali, da un lato, l’assegno di mantenimento ex art. 156 c.c., dall’altro, quello di versare a un terzo (l’ente creditore) le rate residue di un mutuo ipotecario, in aggiunta e non in sostituzione dell’assegno di mantenimento, previsto in sede di separazione. L’ufficio soggiunge che i principi sanciti da Cass. n. 6794/2015 non si attagliano al caso in esame in quanto, in quella pronuncia, la Corte si è limitata ad affermare la legittimità della prestazione, alternativa rispetto all’obbligo di corrispondere mensilmente al coniuge l’assegno di mantenimento, eseguita con il pagamento delle rate di mutuo, con conseguente legittimità della loro deduzione dal reddito dell’obbligato.

6. I motivi sub p.p. 1.3., 4.4., 5.4. (quanto ai ricorsi dell’Agenzia), 2.4., 3.3. (quanto ai ricorsi del contribuente), che come suaccennato (cfr. p. i) sottendono un’unica questione di diritto, sono fondati nei seguenti termini.

6.1. E’ questione di diritto cruciale discernere se sia o meno onere deducibile, ai sensi dell’art. 10 TUIR, comma 1, lett. c), il pagamento delle rate del mutuo (sull’abitazione) contratto dall’altro coniuge (o da entrambi i coniugi), in ottemperanza al patto di accollo (interno) assunto dal coniuge in sede di separazione consensuale omologata.

Per prassi diffusa si prevedono, in seno agli accordi di separazione, accanto all’assegno di mantenimento nominatim menzionato, altre erogazioni periodiche, per così dire sui generis o “atipiche”, che pongono a carico del coniuge “forte” costi specifici: oneri condominiali, spese per baby-sitter, canoni di locazione abitativa, ratei di mutuo a fini abitativi etc. Si tratta di attribuzioni che, seppur non bilanciate da alcuna controprestazione, sono dirette “alla composizione unitaria dei rapporti che sorgono in conseguenza della separazione personale o del divorzio”. L’argomento ha attratto l’interesse degli studiosi e vi è chi, in letteratura, ha negato, per esempio, che i trasferimenti immobiliari, operati nell’àmbito della crisi coniugale, siano qualificabili come liberalità non donative. L’atto di attribuzione patrimoniale in favore del coniuge beneficiario, soprattutto se periodico, trova la sua ratio nell’esigenza, comune agli stipulanti, di risolvere ogni questione patrimoniale esistente tra i coniugi, definendo i rapporti economici post-coniugali. In altri termini, si è acutamente notato che l’utilizzo degli strumenti negoziali, in sede di crisi coniugale, è funzionale ad una vigorosa tutela del coniuge in condizione di inferiorità economica, a titolo d’esempio tramite una congrua integrazione delle sue disponibilità periodiche, in chiave perequativa.

6.2. Svolta questa premessa di carattere generale, è utile comporre la cornice normativa e giurisprudenziale di riferimento: sul piano normativo, l’art. 10 TUIR, comma 1, in tema di “Oneri deducibile” statuisce che: “Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: (…) c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria”. L’art. 50 TUIR, comma 1, lett. i), nell’individuare i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, menziona espressamente gli assegni periodici indicati tra gli oneri deducibili dal citato art. 10, comma 1, lett. c). Resta, però, stabilito, dal successivo art. 52, comma 1, lett. c), che a tali assegni non si applicano le regole sulla determinazione del reddito da lavoro previste dall’art. 51 e che “si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli”, ossia dal decreto di omologa degli accordi di separazione consensuale, dalle sentenze di separazione e divorzio, oltre che dagli eventuali decreti di modifica pronunciati a norma degli artt. 710 c.p.c., 9L. div..

6.3. Sul versante giurisprudenziale, questa Sezione tributaria (Cass. 22/11/2002, n. 16462, cui aderisce Cass. 06/11/2006, n. 23659, anch’essa in tema di indeducibilità, dal proprio reddito, dell’assegno divorzile versato all’ex coniuge in unica soluzione), in passato, occupandosi, da una diversa angolazione, del tema degli “oneri deducibili”, ai sensi dell’art. 10, cit., ha affermato il principio di diritto -che, negli anni successivi, ha orientato il percorso nomofilattico della Corte – secondo cui “In tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, comma 1, lett. g), (al pari del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c) limita la deducibilità, ai fini dell’applicazione dell’IRPEF, solo all’assegno periodico e non anche a quello corrisposto in unica soluzione – al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tale differente trattamento – come affermato dalla Corte costituzionale nella ordinanza n. 383 del 2001 – è riconducibile alla discrezionalità legislativa la quale, riguardando due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l’altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta nè irragionevole nè in contrasto con il principio di capacità contributiva.”.

Successivamente, Cass. 31/01/2011, n. 2236, ha negato la deducibilità dei premi dell’assicurazione sulla vita pagati dal “marito a favore della moglie divorziata”, avallando il ragionamento del giudice d’appello, il quale aveva notato che “la deducibilità è limitata agli oneri costituiti dall’assegno di mantenimento del coniuge divorziato, e il beneficio non si estende ai premi pagati per l’assicurazione sulla vita a favore della moglie, ancorchè ciò fosse stato stabilito con la sentenza del tribunale. Invero tali statuizioni attengono al diverso settore civilistico dei rapporti tra coniugi, e non possono rilevare ai fini fiscali, non essendo consentita un’interpretazione analogica della disciplina di favore in siffatta materia.”.

Si è altresì affermato (Cass. 24/05/2013, n. 13029) che “In tema di IRPEF, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10, comma 1, lett. c) dispone la deducibilità dal reddito degli “assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli”, realizzando un contributo al mantenimento ex art. 156 c.c., in conseguenza di separazione o divorzio o annullamento del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria; ne consegue che rientrano in tale deducibilità anche le spese afferenti all’immobile di abitazione della moglie e del figlio, con limitazione in questo caso alla metà degli importi, ove il bene sia a disposizione di entrambi, ai sensi del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 3.”. Più specificamente, la Corte precisa che “le spese per assicurare al coniuge la disponibilità di un alloggio costituiscono un contributo per il di lui mantenimento, ai sensi dell’art. 156 c.c.. In quanto la disponibilità di un’abitazione costituisce elemento essenziale per la vita di un soggetto (a differenza del premio assicurativo per la polizza-vita che non concorre al “mantenimento” dell’assicurato ma costituisce una futura fonte di somme, sganciate dalle esigenze del “mantenimento” cfr. Cass. civ., sez. trib., 31-01-2011, n. 2236). Il contributo-casa è inoltre periodico, e corrisposto al coniuge stesso; inoltre è determinato dal giudice, sia pur “per relationem” a quanto risulta da elementi certi e conoscibili.”.

In progresso di tempo, infine, la giurisprudenza (Cass. 02/04/2015, n. 6794) ha escluso la legittimità del recupero a tassazione, ai fini dell’IRPEF, delle somme corrisposte da un contribuente “in vece e per conto” del coniuge separato, ad estinzione di “ratei” del mutuo a quest’ultimo intestato, in quanto esse non erano d’importo maggiore dell’ammontare dell’assegno di mantenimento determinato dal provvedimento giudiziale adottato nel procedimento di separazione personale, ragion per cui, opina ancora la Corte “appare che del tutto correttamente il giudice del merito abbia ritenuto legittimamente fungibile, come modalità di adempimento dell’obbligo alimentare solitamente attuata a mezzo della diretta corresponsione dell’assegno periodico, quella che consiste nell’accollo dell’obbligazione pecuniaria gravante sul coniuge, che in tal modo ne resta sollevato. Ed invero, nell’ottica della realizzazione dell’interesse pratico tutelato dalla legge civile (l’assistenza materiale alla persona che – a causa della separazione personale tra i coniugi – versa in stato di bisogno economico), le due modalità non differiscono in alcun modo, pervenendo entrambe al medesimo risultato e costituendo forme di adempimento entrambe satisfattive dell’obbligo giudizialmente imposto: d’altronde delegazione, espromissione ed accollo (…) sono contemplate come “modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento”, a mente dell’art. 1268 c.c. e ss., sicchè non è chi non veda che a mezzo di siffatta modalità la coniuge debitrice è rimasta di certo sollevata dall’onere di adempiere in prima persona, in tal modo avvantaggiandosi, nell’ottica del sollievo dallo stato di bisogno, alla stessa stregua di come sarebbe avvenuto se la corresponsione dell’assegno periodico fosse avvenuta direttamente a suo favore con le modalità consuete”.

6.4. Così tracciate le coordinate del thema decidendum, il nodo concettuale all’esame può essere agevolmente sciolto facendo riferimento ai seguenti principi di diritto: “In tema di imposte dirette, in base al tenore letterale dell’art. 10 TUIR, comma 1, lett. c), è onere deducibile l’assegno di mantenimento periodico corrisposto da un coniuge all’altro, in conseguenza di separazione legale (ed effettiva), nella misura risultante dal provvedimento dell’autorità giudiziaria o dall’accordo di separazione. La prescrizione dell’art. 10 TUIR, comma 1, lett. c), non impedisce, anzi consente al coniuge, tenuto a corrispondere l’assegno di mantenimento (ed è il caso all’esame di Cass. n. 6794/2015, certamente diverso dalla res litigiosa di questo giudizio), di adempiere alla propria obbligazione versando al terzo creditore le rate del mutuo a carico dell’altro coniuge, e maturando, in àmbito fiscale (che è l’unico che qui rileva), il diritto alla deduzione, dal proprio reddito, dei relativi esborsi, entro il limite del valore dell’assegno di mantenimento. Del pari, sono oneri deducibili i ratei del mutuo sull’abitazione (intestata all’altro coniuge o cointestata) pagati da un coniuge in ottemperanza al patto di accollo interno contenuto in un accordo di separazione omologato dal Tribunale, ove tale esborso sia finalizzato al mantenimento del coniuge “debole””.

6.5. L’esegesi dell’art. 10, cit., che deriva dai principi di diritto sopra enunciati, collima con i criteri fissati dall’Amministrazione finanziaria in materia di spese deducibili. A tale proposito è sufficiente ricordare, per esempio, la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 7/E, del 27 aprile 2018, che stabilisce che “devono ritenersi deducibili le somme corrisposte in sostituzione dell’assegno di mantenimento per il pagamento delle rate di mutuo intestato all’ex coniuge nel caso in cui, dalla sentenza di separazione, risulti che l’altro coniuge non abbia rinunciato all’assegno di mantenimento.”. In precedenza, con circolare n. 17/E, del 24 aprile 2015, l’Agenzia aveva precisato che, per essere considerati alla stregua dell’assegno di mantenimento, e, quindi, ai fini della deducibilità dal reddito complessivo del coniuge erogante, ai sensi dell’art. 10 TUIR, comma 1, lett. c), gli importi stabiliti a titolo di spese per il canone di locazione e spese condominiali dell’alloggio del coniuge separato devono essere disposti dal giudice, quantificabili e corrisposti periodicamente all’ex coniuge.

7. Nelle fattispecie all’esame, ciascuna delle sentenze impugnate non si è attenuta alle regulae iuris sopra enunciate in quanto, errando, la CTR (nelle diverse pronunce) ha alternativamente affermato o negato la deducibilità delle rate di mutuo (recte: della quota, a carico del coniuge del contribuente, del 50% di ciascuna rata di mutuo), senza compiere la necessaria indagine circa l’esatta portata della clausola pattizia sub iudice, al fine di stabilire se l’esborso ivi previsto contribuisse, in modo determinante, al mantenimento del coniuge “debole”. Nella prima ipotesi, infatti, quell’onere sarebbe deducibile dalla base imponibile del coniuge erogante; al contrario, lo stesso onere non sarebbe deducibile se fosse configurabile come un’obbligazione liberamente concordata dalle parti, che affianca e non sostituisce l’assegno di mantenimento spettante al coniuge economicamente più debole, finalizzata a conferire un assetto stabile, su un piano prettamente civilistico, ai reciproci rapporti patrimoniali.

8. Con riferimento al ricorso avente R.G. al n. 6060/2015, non è fondato il primo motivo (cfr. p. 2.3.).

Costituisce ius receptum (ex multis: Cass. 06/12/2017, n. 29191), che non necessita d’un revirement, il principio in base al quale non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo. (Nella specie, la S.C. ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame). D’altra parte, la statuizione (implicita) del giudice d’appello s’appalesa conforme a diritto in quanto, nonostante l’omessa produzione in giudizio, da parte dell’Agenzia, dell’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta dell’atto di gravame, la Commissione regionale ha accertato l’effettiva e valida integrazione del contraddittorio, desumendola dalla costituzione in giudizio dell’appellato (sul punto, con riferimento alla notifica del ricorso nel processo tributario, ex aliis: Cass. 17/04/2018, n. 9432, che cita Cass. 10/04/2013, n. 8717).

9. In conclusione, in base alle precedenti considerazioni, i ricorsi (riuniti) vanno accolti, nei termini sopra indicati, con cassazione delle sentenze impugnate, e rinvio alla Commissione regionale, in diversa composizione, per il nuovo esame delle controversie al lume degli enunciati principi di diritto, e anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte riunisce al ricorso con R.G. n. 5896/2014 i ricorsi con R.G. nn. 6060/2015, 13603/2016, 34059/2018, 14387/2019; accoglie i ricorsi nei termini di cui in motivazione, cassa le sentenze impugnate, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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