Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5982 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 04/03/2020), n.5982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35502/2018 R.G. proposto da:

C.S.F., rappresentato e difeso dall’avv.

Giuseppa Cannizzaro e dall’avv. Salvatore Galvagno, con domicilio

eletto in Roma, Via Mirabello n. 25, presso l’avv. Fulvio Neri.

– ricorrente –

contro

T.L., rappresentato e difeso dall’avv. Adriano Cavallaro,

con domicilio eletto in Roma alla Via Martin Sicuro n. 5, presso

l’avv. Antonietta Mastrangelo.

– controricorrenti –

e

L.S..

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1923/2018,

depositata in data 14.9.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

12.11.2019 dal Consigliere Dott. Fortunato Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catania, confermando la pronuncia di primo grado, ha definitivamente accolto la domanda di L.S. volta ad ottenere la demolizione di una camera di ventilazione realizzata dagli appellanti in violazione della distanza legale.

La sentenza ha ritenuto che l’opera costituisse una costruzione, non risultasse completamente interrata ed avesse modificato la struttura del piano di campagna e la conformazione del suolo, reputando irrilevante la conformità urbanistica dell’opera.

La cassazione di questa sentenza è chiesta da C.S.F. sulla base di un unico motivo di ricorso.

T.L. ha depositato controricorso mentre L.S. non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza

per violazione dell’art. 872 c.c., comma 2 e art. 75 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando che la condanna alla demolizione dell’opera era stata emessa a carico del ricorrente, sulla base della sussistenza di una comunione indivisa dell’immobile tra i soccombenti, mentre, con atto divisionale del 27.3.2013, la porzione attinta dall’ordine di demolizione era stata assegnata con effetti ex tunc al solo T.L., sicchè il ricorrente non sarebbe più in condizione di eseguire la sentenza.

Configurandosi, in capo al ricorrente, un difetto di legittimazione processuale passiva, la questione sarebbe rilevabile d’ufficio e deducibile anche in sede di legittimità, dovendosi evitare che sentenza sia inutiliter data o comunque non eseguibile.

Il motivo non merita accoglimento.

Il giudizio è stato proposto con citazione notificata in data 7.2.2013, mentre la divisione dell’immobile e l’assegnazione al ricorrente della porzione attinta dalla pronuncia di demolizione risale al rogito del 27.3.2013, per cui il trasferimento della porzione illegittima in capo all’altro convenuto si era già perfezionata prima della definizione della causa in primo grado.

La circostanza che la porzione interessata dall’ordine di demolizione fosse stata attribuita al solo L. configurava comunque un’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi dell’art. 111 c.p.c., comma 1.

La norma costituisce espressione del principio generale secondo il quale gli effetti sostanziali della domanda giudiziale continuano ad

essere rilevanti sul piano processuale nonostante le modificazioni eventualmente intervenute nella titolarità del diritto controverso, trovando applicazione anche nel caso in cui il mutamento della titolarità di tale diritto si ricolleghi ad una divisione ereditaria, giacche l’efficacia retroattiva dell’attribuzione patrimoniale da essa operata non possono eliminare la portata intrinsecamente e sostanzialmente traslativa della divisione medesima (Cass. 3842/1980).

Tale conclusione appare ancor più valida alla luce del principio, recente espresso dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui lo scioglimento della comunione non accerta o dichiara una situazione giuridica preesistente, ma immuta sostanzialmente la realtà giuridica.

Se è vero che – sul piano puramente economico – il passaggio dalla contitolarità pro quota dei beni comuni alla titolarità esclusiva della porzione non determina alcun incremento patrimoniale per il condividente, tuttavia, sul piano della modificazione della sfera giuridica degli interessati, nel fenomeno divisorio deve ravvisarsi un effetto costitutivo, sostanzialmente traslativo, perchè con la divisione ogni condividente perde la (com)proprietà sul tutto (che prima aveva) e – correlativamente – acquista la proprietà individuale ed esclusiva sui beni a lui assegnati (che prima non aveva): le quote ideali spettanti a ciascun condividente su tutti i beni facenti parte della comunione sono convertite in titolarità esclusiva su taluni singoli beni.

La divisione ha – dunque – una natura specificativa, attributiva, che impone di collocarla tra gli atti ad efficacia tipicamente costitutiva e traslativa (Cass. s.u. 25021/2019).

1.1. Nel caso in esame è peraltro da rilevare che il successore a titolo particolare – ossia l’assegnatario della parte colpita dalla pronuncia di demolizione – era già convenuto in giudizio, per cui ove fosse stata allegata in giudizio la divisione del bene, la condanna doveva essere emessa solo nei confronti di quest’ultimo (Cass. 3236/2017).

Tuttavia, già il tribunale aveva condannato entrambi i convenuti alla demolizione del manufatto e, pur avendo i soccombenti già diviso l’immobile con rogito del rogito del 27.3.2013, dopo appena un mese dall’instaurazione della causa, la questione non risulta sia stata dedotta in appello.

Non si profilava, in ogni caso, un difetto di legittimatio ad causam, ma un problema di titolarità passiva del rapporto sostanziale controverso e pertanto la rilevabilità d’ufficio della relativa questione era condizionata alla produzione dell’atto divisionale.

Difatti, le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotte dall’attore costituiscono difese proponibili in ogni fase del giudizio, ferme tuttavia le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti (Cass. 17092/2016; Cass. s.u. 2951/2016).

E’ – parimenti- preclusa la possibilità di produrre in cassazione l’atto divisionale, perfezionato già nella pendenza del giudizio di primo grado, poichè, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione, non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso o la nullità della sentenza impugnata per vizi processuali (Cass. 7515/2011; Cass. 22095/2018; Cass. 2443/20169), non essendo ammissibile il deposito di documenti riguardanti la titolarità del rapporto controverso (Cass. 6171/1990) o il merito del ricorso Cass. 2981/1989; Cass. 3603/1984; Cass. 13535/2007; Cass. n. 23576/2004).

Il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza. Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.

dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 4 marzo 2020

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