Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5975 del 28/02/2019

Cassazione civile sez. I, 28/02/2019, (ud. 14/12/2018, dep. 28/02/2019), n.5975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9935/2014 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ugo

Bartolomei n. 23, presso lo studio dell’avvocato Saraceni Stefania,

rappresentato e difeso dall’avvocato Alimena Eliseo Alfonso, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Co.Do., elettivamente domiciliata in Roma, Via Cassiodoro

n. 1/A, presso lo studio dell’avvocato Annecchino Marco,

rappresentata e difesa dall’avvocato Scarselli Giuliano, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1993/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2018 dal cons. TRICOMI LAURA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RITENUTO CHE:

Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 1702/2013, dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto il 29 ottobre 1994 da C.S. e Co.Do.. Per quanto interessa, determinava in Euro 100,00 mensili l’assegno divorzile spettante alla Co. con decorrenza dal mese di settembre 2010.

La Corte di appello di Napoli ha parzialmente accolto l’appello del C., fissando la decorrenza dell’assegno divorzile dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, ovvero dal 21/5/2013 e respinto tutti gli altri motivi dell’appello principale, oltre che integralmente l’appello incidentale.

C. ricorre per cassazione con tre mezzi; Co. replica con controricorso corredato da memoria.

Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1, c.p.c..

CONSIDERATO CHE:

1. Il ricorrente lamenta con i tre motivi di ricorso la violazione e erronea e/o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, sotto i seguenti diversi profili: 1) per avere la Corte di appello motivato solo sulla quantificazione dell’assegno divorzile, senza illustrare il requisito necessario per il riconoscimento dell’assegno e cioè la circostanza che il coniuge non avesse mezzi adeguati o non potesse procurarseli per ragioni oggettive o si fossero deteriorate le sue condizioni economiche; 2) per avere ritenuto irrilevante l’obbligo di mantenimento del figlio naturale; 3) per non avere rilevato il mancato assolvimento dell’onere della prova circa la ricorrenza dei requisiti necessari per il riconoscimento gravante sull’istante l’assegno.

2. Il primo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente per connessione e vanno respinti perchè infondati.

Le Sez. U., con la recente sentenza n. 18287 dell’11/07/2018, hanno avuto modo di puntualizzare, in tema di assegno divorzile, che:

– La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi;

– All’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate;

– Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

La Corte di appello si è attenuta a questi principi, giacchè superando, sul piano motivazionale, la statuizione di primo grado prevalentemente centrata sul criterio del tenore di vita – ha valorizzato la complessa natura dell’assegno divorzile, connotato da una funzione assistenziale e volto ad un riequilibrio della situazione patrimoniale dei coniugi alla luce della evoluzione della situazione reddituale dei coniugi, rispetto a quella dell’epoca della separazione, e ne ha dato conto attraverso una puntuale ricostruzione ed una articolata valutazione delle emergenze probatorie conseguenti all’assolvimento degli oneri probatori delle parti.

3. Il secondo motivo è anch’esso infondato, poichè la Corte territoriale, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, ha affermato che “non può non tenersi conto del suo obbligo di mantenimento del figlio nato dalla nuova convivenza” (fol. 2 della sent. imp.), così chiarendo che ha inteso tenerne conto.

4. In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità si compensano in ragione del mutamento della giurisprudenza di legittimità rispetto a questioni dirimenti.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2019

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