Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5972 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 17/01/2017, dep.08/03/2017),  n. 5972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25029/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

DENSO THERMAL SYSTEMS Spa, in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dall’Avv. Gerardo BONIELLO, dall’Avv. Prof.

Eugenio DELLA VALLE e dall’Avv. Guido BROCCHIERI, con domicilio

eletto presso lo studio di questi ultimi in Roma, Viale di Villa

Massimo, n. 57;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 17/06/12, depositata il 12 marzo 2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2017

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

udito l’Avv. Francesco Florenzano per delega dell’Avv. Guido

Brocchieri, che si riporta al controricorso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale SORRENTINO Federico, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 17 del 12 marzo 2012 la CTR del Piemonte ha respinto l’appello dell’Agenzia delle entrate, confermando la decisione della CTP di Torino, che aveva annullato la sanzione D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 6, comma 8, con riferimento all’IVA per il 2006.

L’Ufficio, in relazione ad un contratto di fornitura per il periodo 2005-2011 tra la Denso Thermal System Spa (in seguito Denso), produttrice di sistemi di climatizzazione per autoveicoli, e la FIAT Auto Spa (in seguito FIAT), aveva ravvisato natura di corrispettivo nella clausola che attribuiva alla FIAT uno “sconto aggiuntivo forfetario” di 5 milioni di Euro, individuando la controprestazione nell’assunzione, da parte di quest’ultima, di un obbligo di fare, ossia nell’impegno di assegnare alla Denso il 100% dei propri fabbisogni di moduli HVAC (High Ventilation Air Compressor).

2. Il giudice d’appello ha ritenuto che, alla luce dell’interpretazione letterale e secondo buona fede dell’accordo, l’abbuono non costituisse una erogazione a fronte di una inesistente autonoma obbligazione FIAT ma uno sconto effettivo del prezzo.

3. Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo. Resiste con controricorso la Denso, che conclude per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Il collegio delibera l’utilizzazione di una motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con un unico motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 603 del 1972, artt. 3 e 26, anche in relazione agli artt. 1362 c.c. e ss, per aver la CTR male applicato i criteri di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362 c.c. e ss, non essendosi data carico di qualificare esattamente la prestazione assunta dalla clausola 2.2. dell’accordo quadro stipulato tra la Denso e la FIAT.

Tale clausola, ad avviso dell’Agenzia, fondava una obbligazione di facere a carico della FIAT, consistente in un patto di preferenza a favore della Denso per la assegnazione di ordini aggiuntivi di moduli HVCA per il 100% del proprio fabbisogno e per tutta la durata della vita delle autovetture, di cui la previsione dello “sconto aggiuntivo forfettario” di 5 milioni di Euro integrava il corrispettivo; il giudice d’appello, invece, ha ritenuto che la disposizione avesse ad oggetto una obbligazione accessoria all’obbligazione principale, di cui alla clausola 2.1. dell’accordo, relativa al mantenimento delle assegnazioni previste dai contratti già stipulati, senza riduzione dell’entità degli ordinativi, nè recesso da essi.

L’interpretazione non considerata dalla CTR emergerebbe: a) dalla formulazione delle clausole contrattuali, atteso che ove le parti avessero inteso riconoscere effettivamente uno sconto, lo avrebbero formulato in termini più chiari, eventualmente riconoscendo una percentuale al superamento di un determinato target; b) l’erogazione della somma anteriormente al 31 dicembre 2005 e, dunque, all’inizio del periodo contrattuale invece che al suo termine, condotta valutabile quale “comportamento successivo delle parti” ex art. 1362 c.c., comma 2; c) l’erogazione della somma con note di debito in capo alla Denso invece che con note di credito alla FIAT.

6. Il motivo è inammissibile.

Difetta, innanzitutto, sotto il profilo dell’autosufficienza.

E’ noto, infatti, come questa Corte ha precisato a più riprese e ribadito anche recentemente (Cass. n. 14784 del 2015, Rv. 636120; n. 2928 del 2015, Rv. 634343; 26489 del 2014), che a seguito della novellazione dell’art. 366 c.p.c., ad opera della L. n. 40 del 2006, art. 5 che ha aggiunto ai precedenti il n. 6, in forza del quale “il ricorso deve contenere a pena di inammissibilità… la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”, codificando in tal modo il principio di autosufficienza, il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito.

Tale norma impone di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, “gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura, oppure attraverso una riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione”.

Orbene, nella specie non è stato trascritto nè l’avviso di accertamento, nè, soprattutto, il contratto quadro sulla cui interpretazione si fonda l’intera contestazione dell’Agenzia, che si è limitata ad enunciare, in termini asistematici, il contenuto di alcune singole clausole, modalità oggettivamente inidonea a consentirne la valutazione da parte della Corte.

Oltre a ciò, peraltro, la doglianza, pur lamentando un vizio di legge, si traduce, in realtà, nella prospettazione di una diversa lettura delle clausole contrattuali, contestando l’interpretazione operata dal giudice di merito, la cui censura è si possibile in sede di legittimità, ma sotto il versante del vizio di motivazione, restando comunque esclusa, anche in tale diversa prospettiva, quella che si traduca solo nella proposta di una interpretazione contrapposta a quella fornita dl giudice di merito in funzione di una revisione del giudizio di fatto da parte della Corte.

Ed invero l’Agenzia contesta non l’applicazione dei criteri ermeneutici ma che il risultato della loro applicazione non abbia condotto la CTR a qualificare l’obbligazione come autonoma invece che accessoria, ponendo in evidenza elementi di fatto (anche in termini suggestivi, suggerendo che nell’accordo avrebbero la parti potuto utilizzare “una formulazione molto più chiara” se volevano praticare uno “sconto aggiuntivo forfettario”), la cui considerazione non è stata omessa dal giudice di appello, ma, non illogicamente e con i medesimi criteri ermeneutici, diversamente apprezzata.

Ne consegue una ulteriore ragione di inammissibilità non essendo consentito alla Suprema Corte procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa.

7. Il ricorso, pertanto, è inammissibile.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.300,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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