Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5972 del 04/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2020, (ud. 11/07/2019, dep. 04/03/2020), n.5972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3861-2018 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, L. ALESSANDRIA

DEL CARRETTO, 18, presso lo studio dell’avvocato FABIO PASQUALINI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

N.E., M.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA APPIA NUOVA, 414, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

PAOLUCCI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4478/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La sig.ra C.A. ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza con cui la corte di appello di Roma, confermando sul punto la sentenza di primo grado, ha risolto, per inadempimento della stessa C., il contratto preliminare con cui quest’ultima aveva promesso di vendere ad M.A. ed N.E. un appartamento risultato privo di certificato di abitabilità.

La corte capitolina ha ritenuto la signora C. inadempiente alle obbligazioni su di lei contrattualmente gravanti sul rilievo che la stessa “ben avrebbe potuto superare la ragionevoli e fondate obiezioni delle controparti richiedendo ed ottenendo in corso di causa il certificato mancante, a riprova della possibilità di ottenerlo e dunque di trasferire un immobile perfettamente in regola sotto tutti i canoni richiesti dalla legge, ma, dalla risposta fornita dal Comune di Roma a seguito della richiesta di informazioni inoltrata dalla Corte, è emerso il rigetto della domanda presentata dall’appellante dopo l’emissione della sentenza impugnata, per carenza della necessaria documentazione, nè l’appellante ha dedotto di aver superato la questione con l’integrazione della documentazione mancante ovvero con la presentazione nel corso ulteriore del giudizio di una nuova domanda completa, sicchè non solo è ultronea la richiesta di c.t.u., così come di acquisizione della perizia di parte sulla regolarità dell’immobile, ma l’adempimento della promissaria alienante risulta definitivamente accertato e quindi fondata la domanda di risoluzione proposta dagli originari attori” (pag. 9 della sentenza).

Gli intimati hanno resistito con contro ricorso.

La causa è stata discussa nell’adunanza di camera di consiglio del 11.7.19, per la quale solo la ricorrente ha depositato una memoria.

Con il primo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1477 e 1337 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., nonchè del testo unico sull’edilizia, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendola inadempiente per non aver offerto alla controparte il certificato di agibilità dell’immobile promesso in vendita. Nel mezzo di ricorso si argomenta che la rilevanza della requisito dell’agibilità è rimessa al concreto apprezzamento delle parti e che, nella specie, i promissari acquirenti non avevano chiesto l’esibizione di tale certificato nè al momento della stipula del preliminare, nè successivamente, fino al telegramma da loro inviato il 7 gennaio 2002, in prossimità della data fissata per il rogito. In sostanza la ricorrente sostiene che signori M. e N., con il comportamento negoziale da loro tenuto in sede di stipula del preliminare ed anche successivamente, avevano esonerato la promittente venditrice dalla consegna del certificato di agibilità dell’immobile; cosicchè la richiesta di tale certificato avanzata pochi giorni prima della data fissata per il rogito doveva considerarsi contraria a buona fede.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Ancora di recente questa Corte avuto modo di chiarire:

per un verso, che, nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, poichè vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico – sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità; con la conseguenza che il mancato rilascio della licenza di abitabilità integra un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, a meno che il compratore non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza (così Cass. 23265/19);

per altro verso, che, in tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene (cfr. ex multis Cass. 29090/17).

Tanto premesso in diritto, il Collegio rileva che la doglianza sviluppata nel motivo di ricorso in esame si fonda su un presupposto di fatto – che i promissari acquirenti avrebbero esonerato la promittente venditrice dalla consegna del certificato di agibilità – che non emerge dalla sentenza impugnata e non può formare oggetto di accertamento nel giudizio di legittimità; nè, d’altra parte, il mezzo di impugnazione, riferito al vizio di violazione di legge, censura l’impugnata sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto qualificabile come decisivo (in quanto di per se stesso dimostrativo del dedotto esonero della promittente venditrice dalla consegna del certificato di agibilità).

Correttamente, quindi, la corte d’appello ha ritenuto che la promettente venditrice fosse tenuta a produrre il certificato di abitabilità dell’immobile promesso in vendita ed ha poi proceduto al concreto apprezzamento della gravità di tale inadempimento, ritenendo, con giudizio di fatto non specificamente censurato nel mezzo di ricorso, che la signora C. non solo non aveva consegnato il certificato di abitabilità entro il termine fissato per il rogito, ma, omettendo di richiedere ed ottenere il certificato in corso di causa, non aveva nemmeno dimostrato che l’immobile fosse concretamente agibile.

Il secondo motivo di ricorso – che attinge la decisione della corte di appello di non disporre, ritenendola ultronea, la CTU richiesta dall’odierna ricorrente – va pur esso disatteso.

La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, nel cui potere discrezionale rientra la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario (cfr. Cass. 15219/07). Tale decisione, ove adeguatamente motivata, non è censurabile in cassazione (cfr. Cass. 17399/15). Nella specie, la corte territoriale ha adeguatamente motivato la propria decisione, là dove ha dato conto di aver ritenuto assorbente il rilievo, emerso dalla risposta fornita dal Comune di Roma alla richiesta di informazioni all’uopo formulata, della mancata attivazione della odierna ricorrente per l’ottenimento del certificato mancante (cfr. pagina 9 della sentenza impugnata, righe 4 e seguenti).

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000, oltre Euro 200 per esborsi e altri accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020

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