Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5970 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 17/01/2017, dep.08/03/2017),  n. 5970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 4578/13, proposto da:

Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende;

– ricorrente –

contro

Scommesse Partenopee s.r.l., in persona del legale rappres p.t.,

elett.te domic. in Roma, alla p.zza S.Bernardo n. 101, presso l’avv.

Andrea Granzotto, che la rappres. e difende, con procura speciale a

margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 143/9/12 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 25/6/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/1/2017 dal consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. G. Galluzzo;

udito il difensore della parte controricorrente, avv. M. Procida per

delega dell’avv. Granzotto;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Scommesse Partenopee s.r.l. impugnò, innanzi alla CTP di Roma, un avviso d’accertamento con cui fu rettificato il reddito imponibile dichiarato per l’anno 2004, con conseguente recupero a tassazione di maggiori imposte irap e iva.

Al riguardo, la società lamentò che non fu realizzato il contraddittorio, di cui alla L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3 bis; che non sussistevano le gravi incongruenze legittimanti l’utilizzazione dello studio di settore; di aver iniziato la diversa attività di service provider nel 2003, attività caratterizzata, nei primi anni, da ingenti investimenti; che l’attività svolta nel 2004 avrebbe potuto essere considerata, come per l’anno precedente, alla stregua di una start-up e, perciò, inidonea ad essere inserita nei modelli degli studi di settore che presumono una situazione di normale svolgimento dell’attività d’impresa.

La CTP respinse il ricorso, argomentando che: la motivazione dell’accertamento impugnato non era fondata sul solo scostamento degli studi di settore, ma anche su altri elementi gravi, precisi e concordanti, di cui al processo verbale di constatazione redatto a seguito dell’accesso presso la sede della società; era stato dunque rispettato il contraddittorio con il contribuente il quale, anzi aveva anche tentato il percorso dell’accertamento con adesione.

Avverso tale sentenza la suddetta società propose appello; si costituì l’Agenzia delle entrate resistendo all’impugnazione.

La CTR accolse l’appello, ritenendo contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata.

In particolare, li giudice d’appello argomentò che: l’avviso d’accertamento era stato erroneamente motivato, non desumendosi da esso le gravi incongruenze tali da legittimare la prova per presunzioni; non era stato promosso il contraddittorio prescritto dalla legge; l’ufficio non aveva disatteso i rilievi espressi dal contribuente, che aveva evidenziato di aver iniziato diversa attività dal 2003.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, formulando due motivi.

Con il primo è stata denunciata violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, L. n. 146 del 1998, art. 10, D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 25 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

‘ufficio ha dedotto che la sentenza impugnata muove dall’erroneo rilievo per cui l’accertamento eseguito nei confronti della società suddetta sarebbe avvenuto mediante l’applicazione automatica dello studio di settore, fornito dalla stessa società contribuente, senza il contradditorio prescritto, considerando che, invece, l’accertamento fu effettuato presso la sede sociale come documentato nel processo verbale redatto, e applicando criteri propri dell’accertamento induttivo.

Con il secondo motivo, è stata addotta l’insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rilevando che il giudice d’appello aveva escluso, in maniera apodittica, l’applicabilità dello studio di settore, peraltro da essa fornito, omettendo di considerare gli specifici rilievi formulati dai verificatori, anche sulla base di quanto dedotto dal contribuente durante l’accesso.

Resiste la Scommesse Partenopee s.r.l., eccependo l’inammissibilità del primo motivo, avendo l’agenzia censurato nel merito la motivazione della sentenza impugnata, e l’infondatezza di entrambi i motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, il collegio delibera di redigere la sentenza in forma semplificata.

Il ricorso è fondato.

Anzitutto, va respinta l’eccezione d’inammissibilità del primo motivo, in quanto nel ricorso i fatti di causa sono stati esposti in maniera chiara.

Il primo motivo merita accoglimento.

Parte ricorrente ha lamentato la violazione delle norme in tema di applicazione degli studi di settore, assumendo che il giudice d’appello erroneamente ritenne che la rettifica del reddito d’impresa fosse stata operata mediante un’automatica esecuzione dello stesso studio di settore, senza alcun riscontro contabile e in mancanza del contraddittorio preventivo.

Preliminarmente, il collegio rileva che il motivo formulato in esame afferisca non alla violazione di legge (riguardo alle norme richiamate), ma piuttosto al difetto di sussunzione.

Infatti, secondo un’evoluzione interpretativa che può dirsi costante e rispettosa dell’esigenza di effettività della tutela del diritto azionato in giudizio, può dirsi che, pur permanendo l’indispensabilità di un’articolazione del ricorso per cassazione in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, non è necessaria l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi, sicchè l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta più, di norma, alla riqualificazione della sua sussunzione entro diversa fattispecie dell’art. 360 c.p.c., comma 1, alla sola condizione che, nello sviluppo stesso del motivo, il ricorrente articoli con coerenza argomenti a sostegno di una tesi giuridica manifestamente riconducibile alla fattispecie malamente indicata (in tal senso, relativamente al vizio di omessa pronuncia: Cass. Sez. Un., 24 luglio 2013, n. 17931; Cass. 31 ottobre 2013, n. 24553; in relazione alla possibilità di riqualificazione della fattispecie, Cass., ord. 20.2.2014, n. 4036).

Nel caso concreto, il motivo attiene, in sostanza, al difetto di sussunzione, relativamente al difetto di congruità della motivazione adottata dalla CTR che erroneamente ritenne che l’ufficio avesse applicato automaticamente lo studio di settore prescelto, senza procedere alla concreta verifica della documentazione contabile.

L’Agenzia delle entrate ha formulato il motivo, prospettando chiaramente tale vizio, pur erroneamente indicando quello di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, avendo evidenziato l’incongruo processo di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta.

Dagli atti si evince che l’ufficio effettuò un accertamento complesso, fondato sullo studio di settore, consegnato dalla stessa società, le cui risultanze furono rielaborate, attraverso l’ausilio dì altro studio di settore (di cui al programma generico), mediante un’analisi a campione e di vari dati di bilancio, alla presenza del contribuente e di propri collaboratori.

Parimenti fondato è il secondo motivo.

Invero, la motivazione criticata muove dal rilievo che la società in esame iniziò l’attività di service provider nel 2003, sostenendo anche investimenti, per inferirne l’inattendibilità dell’accertamento dell’ufficio.

Ora, la verifica fiscale ha riguardato il 2004, ed è stata fondata su uno studio di settore fornito dal contribuente per cui non sussiste alcun motivo per ritenere che l’inizio dell’attività d’impresa nel corso del 2003, come rinnovata, avrebbe potuto incidere sull’accertamento della redditività della stessa impresa nel 2004.

Inoltre, è fondata la censura della motivazione contestata anche in ordine all’omesso esame dei presupposti legittimanti l’accertamento del maggior reddito sulla base della condotta antieconomica realizzata dalla società nel periodo dal 2003 al 2007, in cui registrò ingenti perdite.

Al riguardo, la circostanza che una impresa commerciale dichiari, ai fini dell’imposta sul reddito, per più anni di seguito rilevanti perdite, nonchè una ampia divaricazione tra costi e ricavi, costituisce una condotta commerciale anomala, di per sè sufficiente a giustificare da parte dell’erario una rettifica della dichiarazione, ai sensi del D.P.R. n. 660 del 1973, art. 39 a meno che il contribuente non dimostri concretamente la effettiva sussistenza delle perdite dichiarate (Cass., 15.10.2007, n. 21536).

Nella fattispecie, il contribuente non ha eccepito l’effettiva sussistenza delle indicate perdite, per cui non può dirsi contestato il carattere antieconomico della condotta del contribuente.

Pertanto, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR, anche per le spese.

PQM

accoglie i motivi del ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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