Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5969 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2022, (ud. 10/02/2022, dep. 23/02/2022), n.5969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – rel. Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21720/2016 R.G. proposto da:

Capraia Rifornimenti srl, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandra Calcagno, con

domicilio eletto in Livorno, via dei Lanzi, presso il difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 312/10/16, depositata il 19 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 febbraio 2022

dal presidente Enrico Manzon;

letta la requisitoria scritta D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma

8-bis, del PG Dott. Mucci Roberto che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto da Capraia Rifornimenti srl avverso la sentenza n. 54/2/15 della Commissione tributaria provinciale di Livorno che ne parzialmente accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento IVA 2009.

La CTR osservava in particolare che erano infondate le eccezioni pregiudiziali della contribuente riproposte in appello (mancata consegna del verbale prodromico a quello basante l’atto impositivo impugnato; permanenza degli accertatori presso la sua sede oltre al termine previsto dalla L. n. 212 del 2000, art., 12, comma 5; decadenza/prescrizione delle pretese erariali) e che nel merito l’avviso di accertamento era fondato, stante le plurime carenze contabili/documentali constatate in sede di verifica, tali da indurre ad affermare la mancata prova del regime agevolato IVA applicato (cessione di carburante a natanti da diporto per uso non privato).

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo cinque motivi.

L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione della D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8 bis, della L. n. 171 del 2005, art. 1, della L. n. 472 del 1999, art. 25, del D.M. n. 577 del 1995, artt. 1/5, art. 2697, c.c., poiché la CTR ha fondato la propria decisione sulla mancanza di documentazione, asseverante la non imponibilità ai fini IVA delle cessioni di carburante nautico de quibus, pur non essendo la stessa richiesta dalle disposizioni normative, primarie e secondarie, evocate.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8 bis, del D.M. n. 577 del 1995, artt. 1/5, poiché la CTR ha ritenuto imponibili dette transazioni commerciali in assenza della correlativa previsione normativa, primaria ovvero secondaria.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondate.

La contestazione dell’agenzia fiscale riguarda le cessioni di gasolio a natanti da diporto presso il deposito della Capraia Rifornimenti, sostenendo l’Ente impositore la non sussistenza dei presupposti di non imponibilità IVA in relazione alle cessioni medesime.

Ciò posto, va anzitutto illustrato il quadro delle disposizioni normative che risultano applicabili a tale fattispecie concreta.

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8 bis, nel testo applicabile temporalmente, prevede “Sono assimilate alle cessioni all’esportazione, se non comprese nell’art. 8: a) le cessioni di navi destinate all’esercizio di attività commerciali o della pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto di cui alla L. 11 febbraio 1971, n. 50; b) le cessioni di navi e di aeromobili, compresi i satelliti, ad organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica; c) le cessioni di aeromobili destinati a imprese di navigazione aerea che effettuano prevalentemente trasporti internazionali; d) le cessioni di apparati motori e loro componenti e di parti di ricambio degli stessi e delle navi e degli aeromobili di cui alle lettere precedenti, le cessioni di beni destinati a loro dotazione di bordo e le forniture destinate al loro rifornimento e vettovagliamento, comprese le somministrazioni di alimenti e di bevande a bordo ed escluso, per le navi adibite alla pesca costiera locale, il vettovagliamento; e) le prestazioni di servizi, compreso l’uso di bacini di carenaggio, relativi alla costruzione, manutenzione, riparazione, modificazione, trasformazione, assiemaggio, allestimento, arredamento, locazione e noleggio delle navi e degli aeromobili di cui alle lettere a), b), e c), degli apparati motori e loro componenti e ricambi e delle dotazioni di bordo, nonché le prestazioni di servizi relativi alla demolizione delle navi di cui alle lettere a) e b). Le Disp. dell’art. 7, dell’u.c., e quelle dell’art. 8, commi 2 e 3, si applicano, con riferimento all’ammontare complessivo dei corrispettivi delle operazioni indicate nel precedente comma, anche per gli acquisti di beni, diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e di servizi fatti dai soggetti che effettuano le operazioni stesse nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa”.

Dunque, per effetto dell'”assimilazione” normativa alle esportazioni, le operazioni indicate in tale disposizione legislativa devono considerarsi non imponibili IVA; nel caso di specie la società contribuente ha intesto applicare alle forniture di gasolio in contesto la specifica fattispecie astratta di cui alla lett. d).

Vi è tuttavia da osservare che la disposizione legislativa esclude dalla sua sfera applicativa “le unità da diporto di cui alla L. 11 febbraio 1971, n. 50”, l’art. 1, della quale prevede “1. Le disposizioni della presente legge si applicano alla navigazione da diporto nelle acque marittime e in quelle interne. 2. E’ navigazione da diporto quella effettuata a scopi sportivi o ricreativi dai quali esuli il fine di lucro. 3. Ai fini della presente legge le costruzioni destinate alla navigazione da diporto sono denominate: a) “unità da diporto”: ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto; b) “nave da diporto”: ogni unità con scafo di lunghezza superiore a 24 metri, misurata secondo gli opportuni standard armonizzati; c) “imbarcazione da diporto”: ogni unità con scafo di lunghezza da 10 a a 24 metri, misurata secondo gli opportuni standard armonizzati; d) “natante da diporto”: le unità individuate ai sensi dell’art. 13 della presente legge. 4. Le unità da diporto possono essere utilizzate mediante contratti di locazione e di noleggio e per l’insegnamento della navigazione da diporto, nonché come unità appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo. 5. Ai fini della presente legge, per potenza del motore si intende la potenza massima di esercizio, come definita dalla norma armonizzata adottata con decreto del Ministro delle attività produttive ai sensi del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 436, allegato 2, punto 4, e successive modificazioni. 6. Per ogni singolo motore il costruttore, ovvero il suo legale rappresentante o rivenditore autorizzato stabilito nell’Unione Europea, rilascia la dichiarazione di potenza su modulo conforme al modello approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.

A regolamentare l’attività dei distributori di carburante agevolato, anche destinato alla navigazione da diporto, è il D.M. 16 novembre 1995, n. 577, che in particolare all’art. 4, prevede che “1. L’esercente l’impianto di distribuzione dei prodotti petroliferi agevolati di cui all’art. 1, deve tenere un apposito registro di carico e scarico, previamente vidimato dall’UTF, nel quale sono annotate, giornalmente e per ciascun prodotto, nella parte del carico, le quantità introdotte con gli estremi dei relativi documenti di accompagnamento e, nella parte dello scarico, i singoli rifornimenti effettuati alle imbarcazioni che ne hanno titolo con gli estremi dei “memorandum” di cui al comma 2. Il registro è chiuso alla fine di ogni semestre e le rimanenze finali contabili sono riportate all’inizio del successivo semestre. Il registro può essere costituito da schede e fogli mobili, numerati progressivamente, oppure predisposto in modelli, idonei alla scritturazione mediante procedure informatizzate, previamente approvati dall’UTF. Il registro, con allegata la documentazione relativa alle operazioni di carico e scarico, è custodito per i cinque anni successivi a quello dell’esercizio finanziario cui si riferisce l’ultima registrazione. Il registro è scritturato secondo le modalità di cui all’art. 2219 c.c.. Giornalmente, l’inizio delle iscrizioni, a carico e scarico, è preceduto dall’indicazione della data. 2. L’imbarco dei prodotti petroliferi è effettuato dietro presentazione del libretto di controllo previsto dal comma 3, e mediante compilazione di un apposito “memorandum”, debitamente numerato, datato e firmato dall’esercente l’impianto o da un suo delegato e dal marittimo o comandante dell’imbarcazione rifornita. Dal “memorandum” devono risultare le seguenti indicazioni: a) generalità della ditta esercente l’impianto di distribuzione; b) estremi dell’imbarcazione rifornita; c) quantitativo di prodotto rifornito (litri, densità reale, temperatura reale, valore, numerazione del contalitri, iniziale e finale); d) dichiarazione di aver effettuato le prescritte annotazioni sul libretto di controllo dell’imbarcazione. Per le imbarcazioni di nazionalità dei Paesi comunitari, il rifornimento deve essere effettuato dietro presentazione della documentazione di bordo dell’imbarcazione, i cui estremi sono riportati nel “memorandum”. 3. Le imbarcazioni aventi titolo all’impiego dei prodotti petroliferi agevolati di cui all’art. 1, devono essere munite di un libretto di controllo nel quale sono annotati gli imbarchi ed i consumi dei prodotti petroliferi agevolati. Il libretto è composto di tre parti: a) nella prima parte sono annotate le caratteristiche dell’imbarcazione con riferimento alle relative carte di bordo ed i dati tecnici del rispettivo motore con indicazione del consumo medio orario in rapporto alla potenzialità del motore; b) nella seconda parte sono annotati gli imbarchi di prodotti petroliferi effettuati con indicazione degli estremi del “memorandum”; c) nella parte terza sono annotate le ore di moto ed i conseguenti consumi. Le annotazioni indicate nella prima parte devono essere autenticate dall’autorità marittima in base ai dati controllati dal Registro italiano navale (R.I.N.A.); gli imbarchi dei prodotti petroliferi, indicati nella parte seconda, sono annotati dall’esercente l’impianto di distribuzione; le annotazioni sulla parte terza sono apposte dal marittimo o dal comandante dell’imbarcazione. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per i rifornimenti D.M. Finanze 16 novembre 1995, n. 577 – Pagina 4, effettuati direttamente dai depositi fiscali. Torna al sommario Art. 5 – Verifiche e controlli. In vigore dal 28/01/1996 al 01/04/2016 1. Ogni sei mesi si esegue l’inventario dei prodotti petroliferi movimentati”.

Dalla verifica fiscale pluriennale condotta dagli Enti impositori (prima Agenzia delle dogane e dei monopoli, poi Agenzia delle entrate) è appunto risultato che la società contribuente non aveva adempiuto agli obblighi formali impostile dalla previsione regolamentare citata, così come del resto – insindacabilmente -accertato in fatto dal giudice tributario di appello.

Questa Corte ha peraltro recentemente affermato nella contigua materia delle accise, con orientamento cui si intende dare seguito, che “In tema di esenzione d’accisa per l’utilizzazione di carburante per la navigazione, il D.Lgs. n. 171 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), limitandosi a prevedere che “l’unità da diporto è utilizzata a fini commerciali: a) quando è oggetto di contratti di locazione e di noleggio”, va disapplicato perché in contrasto con la Dir. n. 2003/96/CE, art. 14, n. 1, lett. c), dovendosi accertare, con onere della prova in capo al soggetto che invoca l’esenzione, che la navigazione da parte dell’utilizzatore implichi una prestazione di servizi a titolo oneroso” (Sez. 5 -, Sentenza n. 23226 del 23/10/2020, Rv. 659341 – 01; conf. a Corte di giustizia UE C-341/20, Commissione vs Italia).

Ed all’assolvimento di tale onere era sufficiente che la società contribuente avesse scupolosamente osservato le prescrizioni di normazione secondaria citate.

Ne consegue che la pretesa erariale in oggetto, come correttamente affermato in diritto dalla CTR toscana, risulta del tutto fondata sul mancato assolvimento dell’onere medesimo.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – la ricorrente denuncia l’omesso esame di fatti decisivi controversi, poiché la CTR ha affermato la fondatezza delle pretese erariali senza un accurato esame delle risultanze documentali di causa.

La censura è inammissibile.

Il giudice tributario di appello ha confermato la sentenza appellata e quindi nel giudizio di merito si è verificata una pronuncia “doppia conforme”.

Tale fatto processuale ha come effetto giuridico l’improponibilità del mezzo, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., sicuramente applicabile essendo stato l’appello proposto dopo l’entrata in vigore di tale disposizione codicistica.

Con il quarto motivo ed il quinto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente lamenta la violazione del principio di proporzionalità quale consolidato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE, poiché la CTR le ha addossato una responsabilità tributaria non propria, in quanto del possessore del natante richiedente il carburante in regime agevolato, così peraltro validando l’applicazione delle sanzioni amministrative duplicanti quelle penali.

La censura è infondata.

In primo luogo va rilevato che la responsabilità tributaria ascritta alla società contribuente è “propria” e non di terzi, posto che nel caso di specie non si è applicata l’IVA (in rivalsa) né dunque l’imposta è stata versata.

Quindi in relazione al tributo il principio unionale di proporzionalità è evocato inappropriatamente ed in ogni caso va ribadito che ” Il divieto del “bis in idem” non opera rispetto agli atti impositivi in quanto postula, anche in virtù dei principi enunciati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte Costituzionale, che un soggetto sia stato sottoposto a processo penale e che, per conseguire effetti deterrenti, gli sia stata irrogata un’ulteriore misura, finalizzata alla punizione del medesimo fatto, che, al di là della qualificazione giuridica operata dalla legislazione nazionale, sia da ritenere di natura penale per la gravità delle conseguenze da essa derivanti: detti caratteri non sono ascrivibili alla pretesa impositiva, atteso che con la stessa l’Amministrazione finanziaria si limita a recuperare l’imposta non versata” (v. Sez. 5 -, Ordinanza n. 9077 del 01/04/2021, Rv. 661165 – 02).

Quanto al profilo della “duplicazione sanzionatoria” (amministrativa e penale), può limitarsi a ribadire il principio di diritto secondo il quale “In tema di violazioni tributarie, il D.Lgs. n. 472 del 1997, e il D.Lgs. n. 471 del 1997, qualificano le relative sanzioni di natura amministrativa considerato che esse hanno ad oggetto una obbligazione, di carattere civile, che spiega efficacia sul patrimonio del trasgressore obbligandolo al pagamento di una somma di denaro; non può, infatti, fondarsi l’eventuale natura penale di tali sanzioni in ragione dell’entità delle stesse in concreto irrogata, assumendo all’uopo rilievo, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, il massimo edittale applicabile a priori e la funzione afflittiva e deterrente della sanzione rispetto a quella compensativa del danno erariale. Non e’, poi, possibile dedurre dall’art. 4 CEDU , prot. 7, un divieto assoluto per gli Stati di imporre una sanzione amministrativa, ancorché qualificabile come “sostanzialmente penale”, per quei fatti di evasione fiscale in cui è possibile, altresì, perseguire e condannare penalmente il soggetto, in relazione a un elemento ulteriore rispetto al mero mancato pagamento del tributo, come una condotta fraudolenta, alla quale non potrebbe dare risposta sanzionatoria adeguata la mera procedura amministrativa” (v. Sez. 5 -, Sentenza n. 37366 del 30/11/2021, Rv. 663144 – 01).

In conclusione il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese stante la tardiva costituzione dell’agenzia fiscale.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA