Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5969 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. III, 03/03/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15611/2018 proposto da:

M.R., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO DE LUCA;

– ricorrente –

contro

P.N.M., F.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 973/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 13/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 13/4/2017, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento dell’opposizione proposta da P.N.M. e da F.A., ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da M.R. per il pagamento, da parte del P. e della F., dell’importo di Euro 163.252,02 oltre accessori, sulla base di una scrittura di ricognizione di debito emessa dagli ingiunti;

che, con la stessa decisione, la corte territoriale ha confermato la condanna emessa dal primo giudice nei confronti del P. e della F. per il pagamento, in favore del M., della minor somma di Euro 807,26, oltre accessori;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, ha evidenziato come del tutto correttamente il primo giudice avesse ritenuto dimostrato, sul piano documentale, l’avvenuto pagamento, da parte del P. e della F., del pressochè integrale importo del credito azionato in sede monitoria dal M., evidenziando la sostanziale irrilevanza dell’offerta probatoria articolata dal M., siccome generica e irrilevante;

che, avverso la sentenza d’appello, M.R. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che nessun intimato ha svolto difese in questa sede;

che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha depositato le proprie conclusioni per iscritto, sollecitando la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di assumere le prove proposte dal M. nel corso del giudizio di merito, in tal modo trascurando di ricostruire in modo corretto le modalità di svolgimento dei rapporti intercorsi tra le parti, con particolare riguardo alla circostanza dell’effettivo incasso, da parte del M., degli assegni consegnati da controparte e, in generale, alla circostanza dell’imputazione degli avversi pagamenti a causali del tutto diverse da quella dedotta in giudizio;

che il motivo è inammissibile;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, in relazione al caso di specie, sia appena il caso di richiamare il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti (rifiuto che il giudice di merito non è tenuto a formalizzare in modo espresso e motivato, qualora l’inconcludenza dei mezzi istruttori invocati dalle parti possa implicitamente dedursi dal complesso della motivazione adottata: cfr. Sez. L, Sentenza n. 5742 del 25/05/1995, Rv. 492429 – 01), il ricorrente ha l’onere di dimostrare che con l’assunzione delle prove richieste la decisione sarebbe stata diversa, in base a un giudizio di certezza e non di mera probabilità, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017, Rv. 645753 – 01);

che, sul punto, varrà ribadire il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della congruità della coerenza logica, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709);

che, ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo il ricorrente propriamente trascurato di circostanziare, tanto i termini della specificità dell’offerta probatoria in concreto avanzata (in contrasto con la valutazione di genericità fatta propria dai giudici di merito), quanto gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte di entrambi i giudici di merito, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate (in ragione della mancata assunzione dei mezzi istruttori dedotti), e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

che, pertanto, osserva il Collegio come, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale giudicato in violazione del principio del contraddittorio e del divieto di extrapetizione, avendo il giudice d’appello omesso di rilevare che il giudice di primo grado, dopo aver invitato le parti a precisare le conclusioni sulle sole questioni pregiudiziali, aveva di seguito deciso la causa nel merito nella sua integrità, in tal modo ponendosi in contrasto con i principi processuali in precedenza invocati;

che il motivo è infondato;

che al riguardo – fermo l’assorbente rilievo del mancato assolvimento, da parte del ricorrente, degli oneri di puntuale e completa allegazione del ricorso (non avendo il M. adeguatamente allegato e localizzato l’atto d’appello con il quale sarebbe stata avanzata la censura qui riproposta e il verbale di udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado – e anche in appello, ex Sez. 3, Ordinanza n. 22883 del 13/09/2019, Rv. 655094 – 01 – con la riproposizione delle conclusioni istruttorie) – varrà in ogni caso considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, quando il giudice di merito invita le parti alla precisazione delle conclusioni, anche solo sulle questioni pregiudiziali o preliminari di merito, le parti hanno il dovere di assumere le proprie conclusioni sull’intera materia devoluta alla decisione del giudice (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 20641 del 07/10/2011, Rv. 619924 – 01, e Sez. 2, Sentenza n. 17992 del 07/09/2004, Rv. 576829 – 01; v. altresì Sez. 1, Sentenza n. 6623 del 18/07/1997, Rv. 506132 – 01);

che, nella specie, una volta che le parti erano state invitate a precisare le proprie conclusioni dal giudice di primo grado, legittimamente quest’ultimo ha deciso la controversia anche nel merito (altresì esplicitando in modo diretto le ragioni del difetto di ammissibilità e di rilevanza delle istanze istruttorie avanzate dal M.), senza incorrere nella violazione di alcuno dei principi processuali invocati in questa sede;

che, sulla base delle considerazioni che precedono, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;

che non vi è luogo all’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo nessuno degli intimati svolto difese in questa sede;

che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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