Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5968 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.08/03/2017),  n. 5968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 17430/13 proposto da:

R. s.r.l., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in

Roma, alla viale G. Mazzini n. 134, presso l’avv. Giuseppe Maria

Cipolla, da cui è rappres. e difesa con procura speciale allegata

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, elett.te domic. In Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende come per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 109/35/12 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 29/5/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2017 dal Consigliere Dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. Cipolla;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità e, in

subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La R. s.r.l. impugnò, innanzi la CTP di Rieti, l’avviso d’accertamento, per l’anno 2005, con cui l’ufficio fiscale aveva contestato l’omessa contabilizzazione dei ricavi percepiti per la cessione di immobili, procedendo alla determinazione del maggior reddito d’impresa.

Il contribuente lamentò l’illegittimità dell’atto impugnato, censurando il ricorso ai criteri desumibili dall’OMI; si costituì l’ufficio resistendo alla domanda.

La CTP accolse parzialmente il ricorso, limitatamente alla ricostruzione del reddito d’impresa relativo alla cessione di alcuni immobili.

Avverso tale sentenza propose appello la R. s.p.a., riportandosi ai motivi formulati in primo grado.

La CTR rigettò l’appello argomentando che la sentenza impugnata era correttamente motivata, in maniera esauriente, rilevando in particolare che l’accertamento induttivo era stato fondato non solo sui dati desumibili dall’OMI, ma anche su altri indizi, quali: le dichiarazioni rese da un acquirente circa il prezzo effettivamente pagato; il valore del mutuo superiore al prezzo dichiarato.

Inoltre, il giudice d’appello ha evidenziato che le rettifiche dei prezzi delle cessioni immobiliari erano state effettuate solo riguardo ad immobili che presentavano valori medi inferiori a quelli OMI e che la società ricorrente aveva chiesto (prima di adire la CTP) un accertamento con adesione limitato a sette immobili, mentre nel ricorso introduttivo della lite ha esteso le contestazioni a tutti gli immobili (11).

Avverso la sentenza d’appello, la R. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, formulando quattro motivi.

Con il primo, la parte ricorrente ha denunciato l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, lamentando che la CTR non avrebbe tenuto conto della perizia allegata in ordine all’effettivo valore degli immobili ceduti nel periodo interessato.

Con il secondo motivo, la parte ricorrente ha denunciato la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, argomentando che le presunzioni addotte dall’ufficio non fossero gravi, precise e concordanti.

Con il terzo motivo, è stata censurata la sentenza impugnata per la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 2, art. 111 Cost., comma 2, art. 2700 c.c., art. 116 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine all’utilizzazione probatoria delle dichiarazioni rese da terzi.

Con il quarto motivo, parte ricorrente ha lamentato la violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6 e art. 116 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riguardo all’argomentazione adottata dalla CTR per trarre elemento di prova dal fatto che l’accertamento preventivo con adesione fosse stato limitato a sette degli immobili oggetto dell’avviso poi impugnato. L’agenzia delle entrate si è costituita tardivamente, con atto depositato il 21.10.13, senza depositare il controricorso, al solo fine di intervenire all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente, data la connessione da cui sono avvinti.

L’ufficio ha utilizzato i dati OMI a sostegno dell’accertamento poi impugnato, seppure rilevando che per taluni immobili ceduti essi fossero inferiori ai valori reali (ma dagli atti non emergono i criteri di tale rideterminazione dei valori reali).

In conformità del costante orientamento della Corte, in ordine agli accertamenti riguardanti le rettifiche reddituali, i dati desunti dall’OMI possono costituire presunzioni semplici, con la conseguenza che trovano applicazione le norme di cui al D.Lgs. n. 600 del 1972, art. 39, comma 1, lett. d), (Cass., 26.9.2014, n. 20429).

In particolare, la L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 24, comma 5, ha modificato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 (così come l’omologo D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 in tema di IVA), eliminando le disposizioni introdotte dal D.L. n. 233 del 2006, art. 35: ciò a seguito di un parere motivato del 19 marzo 2009 della Commissione europea, la quale, nell’ambito del procedimento di infrazione n. 2007/4575, aveva rilevato l’incompatibilità – in relazione, specificamente, all’IVA, ma ritenuta estensibile dal legislatore nazionale anche alle imposte dirette – di tali disposizioni con il diritto comunitario.

E’ stato così ripristinato il quadro normativo anteriore al luglio 2006, sopprimendo la presunzione legale di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, con la conseguenza che tutto è tornato ad essere rimesso alla valutazione del giudice, il quale può, in generale, desumere l’esistenza di attività non dichiarate “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”: e ciò – deve intendersi – con effetto retroattivo, stante la ragione di adeguamento al diritto comunitario che ha spinto il legislatore nazionale del 2009 ad intervenire (cfr., anche, circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18 del 14 aprile 2010).

Ne consegue che le presunzioni che sorreggono l’accertamento induttivo non possono essere fondate esclusivamente sui dati desumibili dall’OMI, ma devono essere tratte anche da ulteriori elementi idonei ad integrare la prova del maggior reddito.

Nel caso concreto, sussiste la dichiarazione di un’unica acquirente in ordine al maggior prezzo pagato; la sentenza d’appello fa riferimento ad un solo mutuo, per cui se ne dovrebbe desumere che per le altre cessioni non vi fosse discordanza tra importo del mutuo e prezzo dichiarato in contratto.

Il fatto, poi, che l’accertamento con adesione chiesto dalla società avesse riguardato scio alcuni immobili ceduti, di per sè, non appare elemento tale da corroborare e rinforzare gli indizi addotti dall’ufficio (che, in sostanza, non appaiono gravi e precisi).

Da quanto esposto è dato dedurre l’inadeguatezza dell’argomentazione presuntiva circa la valutazione della congruità dei prezzi delle compravendite immobiliari, tenuto conto che i suddetti fatti, posti a sostegno dell’accertamento induttivo (diversi dai dati OMI) riguardano solo alcune cessioni, a fronte delle undici in contestazione; peraltro, occorre rilevare che il riferimento al mutuo, contenuto nella sentenza d’appello, appare ambiguo, in quanto non è chiaro se il giudice abbia inteso riferirsi ad un dato concreto (..il valore del mutuo qualora di importo superiore a quello della compravendita..).

In accoglimento, per quanto di ragione, dei primi due motivi, ed assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR anche per le spese.

PQM

accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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