Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5966 del 14/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5966 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MELONI MARINA

SENTENZA

sul ricorso 15199-2007 proposto da:
CASTIGLIONI GIOVANNI SPA in persona del Presidente
del C.d.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
MONTI PARIOLI 28, presso lo studio dell’avvocato
FOLCHITTO ROBERTO STUDIO LEGALE DMP, rappresentato e
difeso dall’avvocato MARRA GIUSEPPE giusta delega in
calce;
– ricorrente
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 14/03/2014

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 60/2006 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 12/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MELONI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MARRA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GUIDA che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 02/12/2013 dal Consigliere Dott. MARINA

Svolgimento del processo

A seguito di indagini effettuate dal Nucleo di

Varese, l’Agenzia delle Entrate Ufficio di Varese
procedeva alla notifica alla società Castiglioni
Giovanni spa di avviso di accertamento in data
19/12/2003 avente ad oggetto IVA oltre interessi e
sanzioni, relativamente all’anno d’imposta 1999.
La predetta società, operante nel settore delle
minuterie metalliche sia in Italia che nel mercato
sudamericano, aveva acquistato dalla società Capica
Minuterie spa di Padova merci varie da vendere nel
mercato sudamericano. La Siac spa, altra società
del gruppo, in caso di insuccesso nella vendita sul
mercato sudamericano, si era obbligata a
riacquistare gli stessi beni alle medesime
condizioni e porli in vendita sul proprio mercato
di riferimento africano, il tutto senza materiale
spostamento della merce dai magazzini della
cedente. Alla fine dell’intera operazione, stante
l’insuccesso del tentativo di collocamento della
merce da parte delle due acquirenti nel proprio
mercato di sbocco, la cedente originaria Capica
1

Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di

Minuterie spa aveva

riacquistato

la

medesima merce allo stesso prezzo, mediante
pagamento dei corrispettivi con compensazione delle
reciproche partite di credito e di debito.
L’Ufficio riteneva fittizia ed inesistente, sulla

Finanza in data 10/10/2001, l’intera operazione di
compravendita, con conseguente indetraibilità della
relativa IVA.
La società Castiglione Giovanni spa presentava
ricorso avverso l’avviso di accertamento alla
Commissione Tributaria provinciale di Varese la
quale accoglieva il ricorso con sentenza
152/11/2004.
Su ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle
Entrate, la Commissione tributaria regionale della
Lombardia, con sentenza nr.60/1/2006 depositata in
data 12/4/2006, riformava la sentenza di primo
grado. Avverso la sentenza della Commissione
Tributaria regionale della Lombardia ha proposto
ricorso per cassazione Castiglione Giovanni spa con
sette motivi. La Agenzia delle Entrate ha resistito
con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

2

base delle risultanze del pvc della Guardia di

Con il primo motivo

di

ricorso

la

ricorrente Castiglione Giovanni & C. lamenta
nullità

della

sentenza

ed

omessa

ed

insufficiente motivazione in riferimento
all’art. 360 comma 1 n.4 e 5 cpc in quanto la

dell’appellata depositata il 23/3/2006 con la
quale l’appellata proponendo mere difese (e non
motivi aggiunti) lamentava l’inammissibilità per
genericità dell’atto di appello e l’esistenza di
giudicato esterno rilevabile d’ufficio a causa
della sentenza emessa dalla CTP di Padova
65/8/04 tra le medesime parti per lo stesso
oggetto.
Il motivo è infondato e deve essere respinto.
Infatti la invocata sentenza emessa dalla CTP di
Padova 65/8/04 non è stata pronunciata tra le
medesime parti del giudizio e pertanto
esattamente non è stata rilevata d’ufficio dai

CTR ha negato l’ammissibilità della memoria

giudici di appello l’esistenza di un giudicato
esterno. Inoltre la ricorrente espone nella
censura questioni giuridiche e non fattuali
contravvenendo così all’indirizzo secondo il
quale (Sez. 5, Sentenza n. 16655 del 29/07/2011
Presidente: D’Alonzo M. Estensore: Di Iasi C.)
“In tema di ricorso per cassazione, per effetto
3

h

della

modifica

dell’art.

366-bis

cod. proc. civ., introdotta dall’art. 2 del
d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il vizio di
omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione di cui all’art. 360, coma l, n. 5

esposizione chiara e sintetica del

fatto

controverso – in relazione al quale

la

motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali
l’insufficienza rende inidonea la motivazione a
giustificare la decisione, fornendo elementi in
ordine al carattere decisivo di tali fatti, che
non devono attenere a mere questioni o punti,
dovendosi configurare in senso storico o
normativo, e potendo rilevare solo come fatto
principale ex art. 2697 cod. civ. (costitutivo,
modificativo, impeditivo o estintivo) o anche
fatto secondario (dedotto in funzione di prova
determinante di una circostanza principale).”

cod. proc. civ., deve essere dedotto mediante

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art. 36 D.L.gs 31/12/1992 nr.
546 e 132 cpc nonché vizio di motivazione della
sentenza in relazione all’art. 360 nr. 5 cpc
perché i giudici non hanno motivato in alcun
4

n

modo l’iter logico

seguito

nel

considerare fittizie le operazioni compiute.
La censura è infondata. Infatti la sentenza
impugnata risulta conforme al disposto dell’art.
36 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in tema

sentenza deve contenere, fra l’altro, la
“concisa esposizione dello svolgimento del
processo” e “la succinta esposizione dei motivi
in fatto e diritto”- ed infatti contiene il
minimo indispensabile necessario a dar conto del
rigetto dell’appello attraverso la concisa
esposizione dei fatti rilevanti della causa,
rendendo possibile l’individuazione del “thema
decidendum” e delle ragioni che stanno a
fondamento del dispositivo. Deve essere
precisato che l’obbligo di esame e di
motivazione del giudice non implica risposta ad
ogni singola eccezione specie se la domanda non

di contenzioso tributario, – secondo cui la

espressamente esaminata risulta incompatibile
con l’impostazione logica e giuridica della
pronuncia.
In ogni caso il secondo motivo relativo al vizio
di motivazione proposto è inammissibile per
mancanza del quesito di

del momento di

sintesi, non avendo la ricorrente provveduto a
5

(r

predisporre, accanto

all’esposizione

del motivo, il c.d. momento di sintesi relativo
all’individuazione della questione di fatto
controversa e decisiva per il giudizio,
essendosi la stessa limitata a sostenere un

Infatti, per costante orientamento della Corte,
è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod.
proc. civ., per le cause ancora ad esso
soggette, il motivo di ricorso per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione
qualora non sia stato formulato il c.d. quesito
di fatto, mancando la conclusione a mezzo di
apposito momento di sintesi, anche quando
l’indicazione del fatto decisivo controverso sia
rilevabile dal complesso della formulata
censura, attesa la “ratio” che sottende la
disposizione indicata, associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla S.C., la

deficit contenutistico della motivazione.

quale deve essere posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di
merito. (Sez. 5, Sentenza n. 24255 del
18/11/2011).

6

L91

Con il terzo motivo
ricorrente

di

Agenzia

delle

ricorso

Entrate

la

lamenta

violazione e falsa applicazione dell’art.112 cpc
nonché insufficiente ed erronea motivazione in
relazione all’art. 360 nr.4 e 5 cpc perché i

l’assenza della denuncia all’Ufficio IVA della
costituzione di un deposito merci presso il
magazzino della Capica sebbene tale eccezione
non fosse mai stata formulata dall’Ufficio e la
cessione di beni mobili non preveda, la consegna
della merce come elemento essenziale nel nostro
ordinamento.
Il motivo è inammissibile sia perché manca il
momento di sintesi (per guanto sopra esposto)
sia perchè irrilevante. Infatti la stessa CTR,
pur attribuendo alla predetta denuncia di
deposito merci un particolare valore
probatorio, chiarisce subito dopo che nella
fattispecie non rileva tanto la singola
circostanza della consegna guanto l’insieme
degli elementi che hanno conferito fittizietà
all’intera operazione ed esattamente la presenza
di un gruppo, pagamento mediante accollo di
debiti e crediti, mancato trasporto della merce

7

giudici hanno motivato e ritenuto decisiva

dalla cedente alla

cessionaria,

repentinità delle tre operazioni”.Pertanto il
motivo addotto non risulta avere avuto valore
determinante ai fini della decisione della CTR.
Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente

applicazione dell’art.56 DPR 633/1972, art. 7
comma 12 legge 212/2000 art. 3 1. 241/1990 in
relazione all’art. 360 nr. 3 cpc perché
giudici di appello non hanno ritenuto nullo
l’avviso di accertamento per mancanza di
motivazione in quanto motivato per relationem al
processo verbale

sua volta privo di

a

motivazione.
Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art.2,3,6, e 21 DPR 633/72 e dell’art. 2697
cc in relazione all’art. 360 nr.3 cpc ed
insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto decisivo della controversia in
relazione all’art. 360 nr.3 e 5 cpc, in
riferimento ai vari elementi di prova offerti
dall’Ufficio e presi in considerazione della
CTR.

8

Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa

Con il sesto motivo
ricorrente

di

Agenzia

delle

ricorso

Entrate

la

lamenta

violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e
21 DPR 26/10/1972 nr.633 e dell’art. 21 della VI
Direttiva IVAin riferimento all’art. 360 comma l

fattispecie l’inesistenza del diritto di
detrazione dell’IVA, sebbene la ricorrente abbia
regolarmente pagato l’imposta all’emittente che
l’ha regolarmente versata all’Erario.
Con il settimo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta

violazione

e

falsa

applicazione

dell’art. 2697,2729 e 2724 cc nonchè dell’art.
54 comma 2 DPR 26/10/1972 nr.633 in riferimento
all’art. 360 comma 1 n.3 cpc in quanto la CTR ha
affermato che nella fattispecie l’Ufficio aveva
fornito prove certe e tangibili in ordine
all’inesistenza oggettiva dell’operazione e
comunque prove sufficienti e decisive.
Con i motivi di ricorso dal quarto al settimo,
che possono essere trattati congiuntamente in
quanto preordinati ad affermare sotto vari
profili una erronea valutazione da parte del
giudice d’appello dell’impianto probatorio sul
quale si fonda l’addebito contestato alla
società, la ricorrente lamenta che la CTR ha
9

n.3 cpc in quanto la CTR ha affermato nella

erroneamente
prove

considerato

addotte

dall’Ufficio

in

ordine

le
al

coinvolgimento della contribuente nel disegno
fraudolento e non ha valutato circostanze
pacifiche e non contestate dall’Ufficio come

economiche poste in essere.
Appare opportuno premettere che questa corte si
è già occupata di fattispecie analoghe a quella
in esame ed ha statuito che (Sez. 5, Sentenza n.
9108 del 06/06/2012) “In tema di I.V.A., la
fattura è documento idoneo a rappresentare un
costo dell’impresa, attesa la disciplina del suo
contenuto di cui all’art. 21 del d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, sicché in ipotesi di
fatture che l’Amministrazione ritenga relative
ad operazioni oggettivamente o soggettivamente
inesistenti, ha l’onere di provare che
l’operazione commerciale oggetto della fattura

prova dell’effettività delle operazioni

non è stata posta in essere. Tale prova, ai
sensi degli artt. 39, comma primo, lett. d), e
40 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 54,
comma secondo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.
633, potrà essere fornita anche mediante
presunzioni,

nel

qual

caso

passerà

sul

contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva
10

n

esistenza

delle

operazioni

contestate, a norma dell’art. 2697, secondo
comma, cod. civ. Pertanto il giudice tributario,
qualora ritenga gli elementi addotti
dall’Amministrazione dotati dei caratteri di

a valutare la prova contraria offerta dal
contribuente.”
La contestazione avanzata nei confronti della
società nel caso in esame si riferisce ad
operazioni che si iscrivono in una combinazione
negoziale fraudolenta a causa della quale l’iva
che figura pagata al cedente in via di rivalsa
non è detraibile dato che ad essa non
corrisponde un’attività economica effettiva ed
il trasferimento ha il solo scopo abusivo di
avvantaggiarsi della detrazione. In tale ipotesi
è peraltro il fisco ad avere l’onere di provare
— anche mediante presunzioni – gli elementi di
fatto che concretizzano la frode e la
partecipazione ad essa e tale prova può essere
data anche mediante presunzioni, dotate di
gravità, precisione e concordanza, consistenti
in elementi tali da porre sull’avviso qualsiasi
imprenditore onesto e mediamente esperto. (Cass.
V sezione nr. 15741 21/2/2012).
11

gravità, precisione e concordanza, deve passare

In tema di meccanismi fraudolenti preordinati
all’evasione fiscale deve essere anche citata la
giurisprudenza comunitaria -cui occorre anzitutto
riferirsi, trattandosi di tributo armonizzato a

assicurare la riscossione dell’imposta e di
evitare frodi non può essere attuata in modo
tale da mettere in discussione la neutralità
dell’Iva secondo i principi generali di certezza
e proporzionalità del diritto comunitario che
vietano all’Amministrazione finanziaria di
addossare le conseguenze del comportamento
illecito altrui all’operatore in buona fede
secondo la ordinaria diligenza. A tal riguardo
la Corte di Giustizia ha però chiarito che: a)
il diritto alla deduzione previsto agli artt.
17 e seguenti della sesta direttiva, quale parte
integrante del meccanismo dell’IVA, non può
esser soggetto, in linea di principio a
limitazioni (v. C-354/03, C-355/03 e -484/03,
Optigen Ltd, C-62/93, BP Soupergaz, punto 18, e
C-110/98 Gabalfrisa, punto 43); b) gli Stati
membri possono adottare le misure necessarie ad
assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e
ad evitare le frodi, in quanto la lotta contro
12

livello europeo- secondo la quale, l’esigenza di

evasioni,

elusioni

ed eventuali abusi

costituisce un obiettivo riconosciuto ed
incoraggiato dalla direttiva 2006/112 (v. C285/11, Bonik EOOD, punto 35 e sentenze ivi
citate); il cessionario in buona fede ha diritto

sapere di essere coinvolto in un meccanismo
fraudolento”(sentenza Optigen Ltd C-62/93),
mentre deve essere negata la detraibilità se
l’operatore ” sapeva o avrebbe dovuto sapere di
partecipare con il proprio acquisto ad
un’operazione che si iscriveva in una frode
all’IVA”.( Corte di Giustizia sent. C-439/04
par. 59 Axel Kittel).
Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale
sopra riportato in ordine alla prova che deve
essere fornita dall’ufficio, confermato dalle
numerose altre sentenze anche recenti in materia
e di fattispecie analoghe a quella in esame,
(Cass.V sez. nr .8722 del 27/2/2013) devono
essere respinti i motivi da quattro a sette
perchè la ricorrente non ha offerto elementi di
prova sufficienti a far ritenere infondato
l’accertamento. I motivi quattro, sei e sette
sono peraltro anche inammissibili, per
violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ.
13

di detrarre l’IVA “ove non sappia o non possa

applicabile “ratione

temporis”in quanto

mancanti di quesito di diritto idoneo che non
si risolva in una generica istanza di decisione
sull’esistenza della violazione di legge
denunziata nel motivo, mentre il quinto motivo è

mancante del momento di sintesi.
Deve pertanto essere confermata la sentenza
impugnata con condanna della ricorrente alle
spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna Castiglioni Giovanni
spa al pagamento delle spese di giudizio che si
liquidano in C 13.000,00 oltre spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
V sezione civile il 2 dicembre 2013
Il consigliere estensore

inammissibile oltre che infondato perchè

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