Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5966 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. III, 03/03/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 03/03/2020), n.5966

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29359/2018 proposto da:

TREKAPPA SRL, in persona dell’Amministratore Unico e rappresentante

legale pro tempore, A.G. in proprio, in qualità di

fideiussore della TREKAPPA SRL, P.S. in proprio, in

qualità di fideiussore della TREKAPPA SRL, domiciliati ex lege in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati

e difesi dagli avvocati ARCANGELO DE CARO, VALERIO DONATO;

– ricorrenti –

contro

SARDALEASING SPA, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e legale rappresentante, elettivamente domiciliata

in ROMA, V. AMEDEO CRIVELLUCCI 21, presso lo studio dell’avvocato

ANDREA LAMPIASI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FERNANDO GABETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2891/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/11/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

la Trekappa s.r.l., A.G. e P.S. proposero opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui era stato ingiunto loro – la prima quale debitrice principale e gli altri due quali fideiussori – il pagamento di 234.765,05 Euro, oltre accessori, in favore della ABF Leasing s.p.a., in relazione ad un contratto di leasing intercorso fra quest’ultima (concedente) e la Trekappa (utilizzatrice) ed avente ad oggetto un complesso immobiliare da ristrutturare sito in (OMISSIS);

gli opponenti dedussero l’inadempimento dell’ABF per mancata erogazione delle somme dovute per il finanziamento delle opere di ristrutturazione e contestarono alla concedente di avere preteso somme a titolo di prelocazione finanziaria; chiesero pertanto la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell’opposta al pagamento di oltre 631.000,00 a titolo di risarcimento del danno emergente e di oltre 4.631.000,00 Euro per lucro cessante;

il Tribunale di Milano revocò il decreto ingiuntivo, ma condannò gli opponenti al pagamento di 159.917,02 Euro, oltre IVA ed interessi convenzionali; inoltre, rigettata ogni altra richiesta, compensò integralmente le spese di lite;

la Corte di Appello di Milano ha rigettato il gravame principale della Trekappa, dell’ A. e del P., mentre ha accolto parzialmente quello incidentale della Sardaleasing (già ABF), condannando gli opponenti al pagamento dell’80% delle spese relative al giudizio di primo grado; ha inoltre condannato gli appellanti principali al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado;

hanno proposto ricorso per cassazione la Trekappa s.r.l., A.G. e P.S., affidandosi a tre motivi; ha resistito la Sardaleasing s.p.a. a mezzo di controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1337 e 1362 c.c. e segg. e dell’art. 24 Cost.: i ricorrenti lamentano che la Corte di Appello non ha considerato il mancato pagamento, da parte della concedente, degli importi corrispondenti ai S.A.L. n. 7 e n. 8 redatti dalla Caruso Costruzioni s.r.l. (appaltatrice dei lavori di ristrutturazione dell’immobile) e, altresì, il ritardo della Sardaleasing nella valutazione della richiesta di integrazione del finanziamento (che era stata accolta soltanto ad un anno di distanza dalla proposta); deducono inoltre che, a fronte della mancata ammissione della prova testimoniale da parte del primo giudice, la Corte si è astenuta dallo scrutinio dell’istanza con cui la richiesta istruttoria era stata riproposta;

il motivo è infondato e, per il resto, inammissibile;

infondato nella parte in cui lamenta il mancato scrutinio delle istanze istruttorie, giacchè la Corte ha affermato (cfr. pag. 4 della sentenza) l’inidoneità della prova testimoniale richiesta, con una statuizione che non risulta tale da escludere lo specifico capitolo di prova richiamato dai ricorrenti; tanto più che – per quanto si evince dalla stessa narrativa del ricorso (a pag. 8) – gli importi dei due s.a.l. eccedevano quello inizialmente finanziato dalla ABF Leasing e, quindi, il loro pagamento era necessariamente influenzato dall’accordo integrativo cui si riferisce – principalmente (“in particolare”) ma non esclusivamente – l’anzidetta statuizione;

inammissibile nella parte in cui denuncia genericamente la violazione delle norme indicate nella rubrica, senza individuare specificamente nè i canoni ermeneutici erroneamente applicati nè – a monte – le pattuizioni che non sarebbero state correttamente interpretate e prospettando profili di responsabilità precontrattuale il cui apprezzamento postula un accertamento in fatto (circa la congruità del tempo occorso per perfezionare l’accordo integrativo) che non può essere demandato alla sede di legittimità;

col secondo motivo (che denuncia la violazione degli artt. 1337,1362 e segg., art. 2721 c.c., art. 244 c.p.c. e art. 24 Cost.), i ricorrenti reiterano le censure relative alla “discrezionalità attribuita alla Concedente di assumere ogni determinazione riguardo alla integrazione del finanziamento”: per un verso, assumono che la conclusione cui è pervenuta la Corte “costituisce l’esito di una violazione delle norme di cui agli artt. 1362 c.c. e segg.”; per altro verso, sostengono che, pur a fronte “di un affidamento ingenerato dalla stessa concedente e dalla BPM”, la ABF Leasing aveva “indebitamente ritardato e per un tempo irragionevole qualunque riscontro, positivo o negativo; giungendo a concedere il finanziamento integrativo soltanto a distanza di un anno circa dalla originaria istanza”; lamentano che la Corte ha “paradossalmente” sottratto ad ogni possibilità di prova la circostanza che la Trekappa avesse “ricevuto rassicurazioni dalla mandataria della concedente in ordine all’esito positivo della istanza presentata”;

il motivo è, sotto ogni profilo, inammissibile, in quanto:

la violazione dei canoni ermeneutici è dedotta in modo assolutamente generico e in evidente difetto di autosufficienza, non essendo stata trascritta la clausola di cui all’art. 3, comma 6 del contratto del 13.7.2007 e non essendo stati forniti elementi specifici in ordine alla ricorrenza degli elementi da cui – secondo l’assunto dei ricorrenti – dovrebbe desumersi la violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2;

le deduzioni circa l’affidamento determinato nella Trekappa e l’irragionevolezza del ritardo con cui la ABF avrebbe concesso il finanziamento integrativo mirano ad una nuova lettura di merito, di segno opposto rispetto a quella compiuta dalla Corte, che ha osservato che “non si vede quale norma di legge o quale principio negozialmente vincolante potessero imporre” alla ABF “di accettare, una volta perfezionato il contratto di leasing originario, una sua modifica entro tempi brevi, e nello specifico entro tempi collimanti con i desiderata” dell’appellante;

la doglianza circa la mancata ammissione delle prove testimoniali (con i rappresentanti della BPM) è dedotta senza rispettare l’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, non risultando trascritti i capitoli di p.t. al fine di consentire a questa Corte di apprezzare l’eventuale erroneità della conclusione di “inidoneità” cui è pervenuta la sentenza impugnata (con un apprezzamento estraneo al profilo della astratta ammissibilità che ha costituito specifico oggetto delle censure);

il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., art. 61 c.p.c. e art. 24 Cost. e censura la Corte per non aver “riconosciuto che l’esercizio del potere da parte dell’ABF Leasing è stato esercitato secondo modalità palesemente contrastanti con il canone di buona fede e correttezza contrattuale, là dove ha consapevolmente procrastinato ogni decisione per un tempo particolarmente ampio e tale da conseguire un ingiustificato vantaggio con corrispondente nocumento per l’attuale esponente”; i ricorrenti lamentano che la Trekappa aveva anche “sopportato – in conseguenza dell’indebito e ingiustificato protrarsi delle trattative nel tempo – oneri pre-locativi previsti contrattualmente per il periodo precedente alla consegna del bene, in misura dell’1% maggiore rispetto a quelli conseguenti alla esatta esecuzione del contratto” e contestano la mancata ammissione della c.t.u.;

il motivo è inammissibile in quanto, senza prospettare effettivamente specifiche violazioni delle norme di diritto richiamate in rubrica, sollecita una non consentita nuova lettura di merito volta all’affermazione della responsabilità della ABF; nè risulta censurabile in sede di legittimità la scelta del giudice di appello di non ammettere la c.t.u. una volta che la stessa costituisca – come nel caso – il necessario corollario della ritenuta correttezza dell’operato della società concedente;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 8.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi ed oltre al rimborso delle spese forfettarie e degli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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