Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5965 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. I, 23/02/2022, (ud. 20/01/2022, dep. 23/02/2022), n.5965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26638/2016 proposto da:

C.G., nella qualità di titolare della ditta CI.CO.D.IS.,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Vespasiano, 17/A, presso lo

studio dell’Avvocato Giuseppe Incannò, e rappresentato e difeso

dall’Avvocato Luigi Delle Rose, per procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente – controricorrente al ricorso incidentale –

contro

Comune di Gragnano, in persona del Sindaco in carica, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Emilia, 88, presso lo studio Vinci &

Associati e rappresentato e difeso dall’Avvocato Valerio Barone, per

procura speciale a margine del controricorso, contenente ricorso

incidentale, e Delib. G. C. 29 novembre 2016, n. 110;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1593/2016 della Corte d’Appello di Napoli,

pubblicata il 20/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2022 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con citazione notificata il 27 marzo 2003, il signor C.G., nella qualità di titolare della ditta CI.CO.D.IS, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, il Comune di Gragnano e la Commissione straordinaria chiedendo che l’ente locale – che, con Delib. Consiglio Comunale 29 maggio 1990, n. 53, aveva dichiarato il dissesto finanziario ai sensi del D.L. n. 66 del 1989, art. 25, convertito in L. n. 144 del 1989 – venisse condannato al pagamento della somma di Euro 326.543,00, con interessi moratori al tasso legale e rivalutazione, quale corrispettivo di lavori edili e stradali eseguiti dall’impresa per l’Amministrazione territoriale.

Esponeva l’istante che la nominata Commissione di liquidazione aveva inserito il predetto credito nella massa passiva dell’ente dissestato senza rivalutazione ed interessi, proponendo all’attore una transazione con riduzione della sorte capitale al 60% dell’intero.

Il tribunale accoglieva la domanda dell’attore su sorte capitale, interessi legali e rivalutazione che venivano riconosciuti dal 5 maggio 1987 al soddisfo.

2. La Commissione di liquidazione e, in via incidentale, il Comune di Gragnano proponevano appello deducendo l’erroneità della sentenza di primo grado per avere il tribunale riconosciuto la rivalutazione monetaria, pur essendo la somma reclamata un debito di valuta e non di valore, e la falsità dell’atto di messa in mora del 5 maggio 1987, avverso il quale introducevano querela di falso.

Gli appellanti denunciavano, altresì, la non debenza di interessi e rivalutazione a far data dal dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 256.

Nel corso del giudizio di secondo grado la Commissione di liquidazione cessava la sua attività e si costituiva quale successore il Comune di Gragnano, già appellante in via incidentale.

3. La Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 1593 del 2016, non notificata, in accoglimento delle impugnazioni proposte, escludeva la rivalutazione monetaria del credito, in quanto credito di valuta, ed attribuiva al signor C., nella indicata qualità, in via presuntiva ed a titolo di maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, un importo pari alla differenza tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore ai 12 mesi ed il saggio di interessi legali, disponendo che interessi e rivalutazione decorressero dalla successiva messa in mora del 23 febbraio 1988.

La corte di merito escludeva, poi, che potessero essere riconosciuti, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 248, comma 4, interessi e rivalutazione dalla data di dissesto dell’ente locale alla data del rendiconto di cui al successivo art. 256.

4. Con atto notificato il 15 novembre 2016, il signor C.G., nella qualità di titolare della ditta CI.CO.D.IS., ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Gragnano. In resistenza al ricorso incidentale il signor C. ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., commi 1 e 2 e art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La corte di merito avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del secondo motivo di appello, introdotto dal Comune di Gragnano in ordine alla mancata prova del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, per essere gli appellanti decaduti da tale eccezione e/o domanda ai sensi dell’art. 345 c.p.c., commi 1 e 2, avendola introdotta, per la prima volta, in grado di appello.

Gli appellanti non avevano mai contestato nel giudizio di primo grado la ricorrenza del maggior danno e per il correlato principio di non contestazione il giudice di appello avrebbe dovuto astenersi da ogni controllo probatorio del fatto, confermando la prima sentenza.

2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte d’Appello di Napoli avrebbe dovuto ritenere sussistente nel merito il maggior danno e riconoscere la rivalutazione ex art. 1224 c.c., comma 2, muovendo dalla categoria imprenditoriale rivestita dal ricorrente, derivando il credito reclamato dall’attività svolta dall’impresa edile di cui il primo era titolare, e dalle prove fornite in ordine ai gravi pregiudizi subiti, in esito all’omesso pagamento dell’importo spettante, per il mancato impiego del denaro nel ciclo produttivo.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 248, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La corte di merito, in accoglimento del quinto motivo di appello proposto dall’amministrazione comunale, aveva escluso la rivalutazione monetaria nel periodo intercorrente tra la data di dissesto dell’ente locale fino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256, e tanto in violazione della pacifica interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità all’art. 248, comma 4, D.Lgs. cit., secondo la quale, per l’indicato periodo, restava esclusa soltanto l’opponibilità alla procedura di liquidazione e l’ammissione alla massa passiva degli interessi e rivalutazione maturati successivamente alla data di dissesto, poste creditorie che, per il resto, il creditore avrebbe potuto far valere nei confronti del Comune quando questo fosse tornato in bonis (ex D.Lgs. n. 77 del 1995, come modificato dal D.Lgs. n. 336 del 1996, poi riprodotto nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 248, contenente il TUEL).

Per effetto della sentenza di appello il ricorrente si era visto gravemente danneggiato, atteso che il dissesto veniva dichiarato con Delib. Consiglio Comunale 29 maggio 1990, ed il rendiconto veniva approvato nel 2013.

4. Il Comune di Gragnano articola ricorso incidentale affidato a due motivi.

4.1. Con il primo l’amministrazione locale deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e, ancora, la violazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorrente si era limitato a chiedere nell’atto di citazione in primo grado gli interessi moratori oltre alla rivalutazione monetaria, assumendo che il credito azionato fosse di valore.

Il creditore di una obbligazione di valuta che voglia ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria deve domandare il risarcimento da maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, e non può limitarsi a chiedere la condanna del debitore al pagamento di capitale e rivalutazione, non essendo quest’ultima conseguenza automatica del ritardato pagamento delle obbligazioni di valuta.

La sentenza di appello doveva pertanto ritenersi nulla per avere accolto una domanda mai proposta e comunque per avere ritenuto il maggior danno conseguenza automatica del ritardo nel pagamento di obbligazioni di valuta.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale fa valere la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 1224 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte partenopea aveva ritenuto di poter liquidare il maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, in via presuntiva ed in assoluta assenza di qualsivoglia prova al riguardo. Il ricorrente, appellato, avrebbe dovuto invece fornire la prova del maggior danno sofferto esibendo i bilanci da cui risultava il ricorso al maggior credito bancario.

5. Deve invertirsi, rispetto all’esposizione che precede, l’ordine di trattazione dei proposti motivi e muovendo dal primo, oggetto del ricorso in via incidentale introdotto dal Comune di Gragnano, nella ritenuta sua fondatezza, vanno cassate senza rinvio ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, le sentenze di primo e secondo grado, restando nel resto assorbite tutte le altre censure portate in via principale ed in via incidentale allo scrutinio di questa Corte.

6. Segnatamente, il primo motivo del ricorso incidentale è fondato per le ragioni di seguito indicate.

Il tribunale, secondo quanto riportato nell’ante fatto di lite contenuto nel ricorso per cassazione e, ancora, nella stessa sentenza impugnata, ha condannato il Comune di Gragnano al pagamento della “rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat” (pg. 3 ricorso; pg. 2 sentenza di primo grado) secondo locuzione che lascia univocamente intendere che una domanda per svalutazione ex art. 1224 c.c., comma 2, non fosse stata proposta in quel grado dall’attore che di tanto non si duole in appello in cui insiste, nel resistere all’impugnazione avversaria, per l’ottenimento della rivalutazione riconosciutagli in primo grado.

Secondo rigoroso principio affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte, là dove la parte creditrice che lamenti il mancato adempimento di una obbligazione pecuniaria invochi il danno da svalutazione ex art. 1224 c.p.c., comma 2, per il ritardo sofferto nel conseguimento del credito di valuta, di contro ad ogni automatismo destinato a valere per la diversa fattispecie della rivalutazione del credito di valore, è necessaria la proposizione di una autonoma domanda di risarcimento del “maggior danno” ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2.

Il creditore non può pertanto limitarsi a domandare semplicemente la condanna del debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione, non essendo quest’ultima una conseguenza automatica del ritardato adempimento delle obbligazioni di valuta, ma deve allegare alla domanda di maggior danno i fatti costitutivi della pretesa (superamento del tasso legale da parte del rendimento dei bot; necessità di accesso al credito bancario; contrazione dei guadagni conseguenza del mancato percepimento del credito) (cfr: SU 23/03/2015, n. 5743; Cass. 22/06/2018, n. 16565).

La Corte d’Appello di Napoli dopo aver escluso la natura di credito di valore dei corrispettivi maturati dalla ditta appaltatrice per i lavori commissionati ed avere riqualificato le somme reclamate quale credito di valuta, in violazione dell’indicato principio ha ritenuto l’esistenza di una autonoma domanda dell’impresa, attrice in primo grado, di maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2.

L’accoglimento del motivo introdotto con il ricorso incidentale, a mezzo del quale si contesta l’esistenza stessa in giudizio, per mancata sua allegazione da parte del richiedente, di una domanda per maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, assorbe, nel suo fondato rilievo, tutti gli altri motivi, in via principale ed incidentale introdotti, volti a tradursi in censure sulla mera quantificazione del danno e – più puntualmente per il primo del ricorso principale – sulla rituale introduzione nel grado di appello del tema del risarcimento da maggior danno, questione destinata, anch’essa, a perdere di rilevanza là dove esclusa l’esistenza stessa, nel giudizio di primo grado, di una domanda ex art. 1224 c.c., comma 2.

7. Sulla indicata premessa in diritto, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, accoglie il ricorso incidentale nei limiti del motivo indicato, cassa la sentenza impugnata e quella di primo grado, rigettando la domanda di maggior danno e dichiara assorbiti i restanti motivi dei ricorsi, in via principale ed incidentale, proposti.

8. Rimane la disciplina delle spese di lite alla cui regolamentazione questa Corte è tenuta, quale conseguenza della decisione adottata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, per tutti i gradi del giudizio di merito, oltre che per il presente di legittimità.

9. In ragione dell’esito complessivo della lite, si ritiene di dover compensare quanto nel resto dovuto dal Comune di Gragnano a C.G., nella qualità di titolare della ditta CI.CO.D.IS., nella misura di un terzo e di due terzi, rispettivamente per il primo e secondo grado di giudizio, con conseguente complessiva liquidazione, per il residuo, di Euro 6.766,67, di cui Euro 3.100,00 per il primo grado (Euro 1.300,00 per esborsi; Euro 800,00 per diritti; Euro 1.000,00 per onorari) ed Euro 3.666,67 per il secondo grado (Euro 2.916,67 per compensi ed Euro 750,00 per esborsi) oltre spese generali al 15/0 forfettario sul compenso ed accessori di legge. Le spese per il giudizio di legittimità sono liquidate secondo soccombenza come in dispositivo indicato.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte;

accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, cassa le sentenze di primo e secondo grado nei sensi di cui in motivazione e, assorbiti i restanti motivi dei ricorsi in via principale ed incidentali proposti, decidendo nel merito, rigetta la domanda per maggior danno proposta da C.G., nella qualità di titolare della ditta CI.CO.D.IS., nei confronti del Comune di Gragnano;

condanna il Comune di Gragnano a rifondere a C.G., nella qualità di titolare della ditta CI.CO.D.IS., per il giudizio di merito, di primo e secondo grado, la somma complessiva di Euro 6.766,67 oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge;

condanna il ricorrente C.G., nella qualità di titolare della ditta CI.CO.D.IS., a rifondere al Comune di Gragnano le spese del presente giudizio che liquida in Euro 7.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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