Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5963 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. III, 03/03/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 03/03/2020), n.5963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27938/2016 proposto da:

S.R., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

LUCA D’AMBROGIO, RAFFAELE SCUDIERI;

– ricorrente –

contro

WOLTERS KLUWER ITALIA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3263/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. S.R. ricorre, affidandosi a diciotto motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale con la quale erano state rigettate le domande da lui avanzate nei confronti della Wolters Kluwer Italia Srl – per l’accertamento della revoca della proposta contrattuale relativa all’accesso alle banche dati di codici e riviste giuridiche, nonchè la dichiarazione di nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto e, comunque, la condanna al risarcimento dei danni subiti – ed era stata accolta la domanda riconvenzionale della società volta ad ottenere la sua condanna al pagamento dell’importo fatturato.

2. La società intimata non si è difesa.

3. All’udienza del 27.2.2019, la controversia è stata rinviata a nuovo ruolo, essendo stata rilevata la questione relativa alla procedibilità del ricorso per omessa produzione della documentazione della informatica asseverata relativa alla notifica della sentenza impugnata, questione che, nelle more della stesura dell’ordinanza, era stata rimessa alla sezioni unite di questa Corte e che era in attesa di decisione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. I motivi di ricorso verranno raggruppati in relazione ai vizi dedotti.

1.1. Con il primo, secondo, quinto, settimo, quattordicesimo, quindicesimo e sedicesimo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza:

a. per violazione dell’art. 342 c.p.c., essendo stato deciso in modo abnorme il secondo grado di giudizio, senza considerare i motivi d’appello e le censure in essi contenute e valutando soltanto le questioni proposte in primo grado (primo motivo);

b. per omessa pronuncia sulla censura riguardante i fatti concludenti necessari per il perfezionamento del contratto, con particolare riferimento all’attivazione dell’opera (secondo motivo);

c. per violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2733 e 2735 c.c., per omesso accertamento del valore probatorio, equivalente alla confessione, della lettera di accettazione tardiva della WKI (quinto motivo);

d. per avere ritenuto che la proposta contrattuale era irrevocabile nonostante l’assenza di allegazione in tal senso da parte del contro ricorrente, con violazione del divieto di ultrapetizione (settimo motivo);

e. per avvenuta riforma di una statuizione della pronuncia non impugnata ed avente per oggetto il rifiuto dell’offerta del creditore banco iudicis di Euro 2000,00, sulla quale non c’era stato appello incidentale della società (quattordicesimo motivo);

f. per essersi pronunciata, accogliendola, su un’eccezione (mancata offerta degli interessi sulle rate scadute) mai proposta dalla controricorrente (quindicesimo motivo);

g. per pronuncia ultrapetita in ordine alla mora ex re ed al luogo del pagamento delle somme dovute in forza del contratto di transazione (sedicesimo motivo);

1.2. Con il terzo, ottavo, nono, undicesimo, tredicesimo, diciassettesimo e diciottesimo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

h. la violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato; (terzo motivo);

i. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1362, in materia di interpretazione del contratto; degli artt. 1326, 1327, 1328 e 1329, in materia di conclusione del contratto e di revoca della proposta e dell’art. 1373 c.c., in materia di recesso unilaterale e di recesso del consumatore (ottavo motivo);

l. la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., per aver erroneamente ritenuto che il ricorrente non aveva assolto all’onere della prova (nono motivo);

m. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, per aver impropriamente invertito l’onere della prova (undicesimo motivo);

n. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per aver impropriamente ritenuto che gravasse sul ricorrente l’onere di provare la mancata esecuzione di prestazioni di durata di cui il controricorrente aveva richiesto il pagamento (tredicesimo motivo);

o. la violazione e falsa applicazione dell’art. 1965 e 1230 c.c., sul contratto di transazione e sulla novazione contrattuale (diciassettesimo motivo);

p. l’erronea e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2, sull’interpretazione dei contratti e dell’art. 1182 c.c., comma 1, sul luogo dell’adempimento (diciottesimo motivo);

1.3. Con il quarto, sesto, decimo e dodicesimo motivo, il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5:

q. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata considerazione della comunicazione di accettazione a mezzo lettera raccomandata a.r. a data successiva alla revoca della proposta del ricorrente (quarto motivo);

r. l’apparenza e contraddittorietà della motivazione per travisamento di allegazioni ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio (sesto motivo);

s. l’omesso esame della richiesta di ammissione di prove orali articolate dal ricorrente (decimo motivo);

t. l’omesso esame di un fatto decisivo consistente nella assenza di motivazione dell’adempimento delle proprie obbligazioni da parte del controricorrente, con riferimento al principio sinallagmatico nell’ambito di un contratto a prestazioni periodiche (dodicesimo motivo).

2. Tuttavia deve essere preliminarmente esaminata la questione relativa alla procedibilità del ricorso.

2.1. Come precisato nell’ordinanza interlocutoria del 27.2.2019, dall’esame del fascicolo del ricorrente è stato rilevata la mancanza dell’attestazione di conformità del messaggio di notifica a mezzo PEC della sentenza impugnata della quale è stato dato atto nell’intestazione del ricorso – e non sono stati allegati i documenti informatici, ad essa relativi, asseverati dal difensore con sottoscrizione autografa.

2.2. E’ stato altresì precisato che il ricorso era stato notificato in data 7.11.2016 e cioè oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza (19.8.2016): non risultava, quindi, superata la c.d. “prova di resistenza” che costituisce l’unica ipotesi in cui perde rilievo la prova della notifica del provvedimento impugnato (cfr. Cass. 10 luglio 2013, n. 17066, richiamata nel par. 22) di Cass. 30765/2017).

2.3. Tanto premesso, la questione, già affrontata da questa Corte (cfr. Cass. 30765/2017) è stata oggetto di rimeditazione con rimessione alle sezioni unite che hanno risolto la questione di massima di particolare importanza, affermando, per ciò che qui rileva, che “il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2, la conformità della copia informale all’originale notificatogli; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in Camera di consiglio.” (cfr. Cass. SUU 8312/2019; Cass. 19695/2019).

2.4. Nel caso in esame, nonostante la nuova fissazione dell’adunanza camerale, il ricorrente ha omesso di depositare la documentazione informatica asseverata relativa alla notifica della sentenza impugnata, assente ab origine: la mancata difesa della parte intimata integra, dunque, una delle due ipotesi in cui l’incombente è stato ritenuto necessario per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità del ricorso (cfr. Cass. SUU 8312/2019 sopra richiamata).

3. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi improcedibile.

4. La mancata difesa della parte intimata esime la Corte dalla decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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