Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5960 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. I, 23/02/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 23/02/2022), n.5960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24041/2016 proposto da:

M.T., nella qualità di unica erede di R.L.,

deceduta in data (OMISSIS), rappresentata e difesa, anche

disgiuntamente, dagli Avv.ti Prof. Daniele Granara, e Federico

Tedeschini, ed elettivamente domiciliata nello studio in Roma, Largo

Messico, n. 7, giusta mandato a margine del ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

Comune di Gazzola, nella persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso, in virtù di delega a margine del

controricorso, dagli Avv.ti Giuseppe Manfredi, e Maria Grazia

Picciano, e presso lo studio della seconda elettivamente

domiciliato, in Roma, Via Nievo, n. 61.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di BOLOGNA, n. 1098/2016,

pubblicata il 24 giugno 2016, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/10/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 24 giugno 2016, la Corte di appello di Bologna, non definitivamente pronunciando, ha dichiarato che il bene oggetto di espropriazione n. (OMISSIS) del Comune di Gazzola, già di proprietà di R.L., in quanto destinato a attrezzatture di interesse comune e scolastiche, non possedeva edificabilità, né legale, né di fatto e ha disposto, come da separata ordinanza, consulenza tecnica d’ufficio per la stima del valore venale del bene all’epoca del decreto di espropriazione secondo tale sua destinazione e tale sua classificazione.

2. La Corte adita, espletata consulenza tecnica d’ufficio, ha affermato che era certo che il bene in questione era edificabile o perché incluso nel perimetro urbanizzato o perché vi era prevista la possibilità di attività edificatoria e che, tuttavia, il bene, fin dal risalente Piano di fabbricazione, era stato classificato “zona per attrezzature urbane”; nel P.R.G. vigente la destinazione era a “attrezzature di interesse comune – scolastiche” e la variante al P.R.G., approvato dalla G.C. con Delib. 16 marzo 2009, n. 3, aveva confermato la destinazione a “zona per attrezzatture di interesse comune – scolastiche”; che si trattava di un vincolo di natura conformativa, in quanto definiva il generico modo d’essere del bene senza vincolo di diretta subordinazione alcuna a servizio del comparto, con la conseguenza che il terreno non aveva alcuna edificabilità, né legale, né di fatto.

3. M.T., nella qualità di unica erede di R.L., ricorre in Cassazione con atto affidato ad un motivo.

4. Il Comune di Gazzola resiste con controricorso.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed unico motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L.R. Emilia Romagna n. 37 del 2002, artt. 20 e 22 e la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, avendo errato la Corte di appello a non riconoscere l’edificabilità legale dell’area in esame ai sensi della L.R. Emilia Romagna n. 37 del 2002, art. 20, che prevede l’edificabilità dei terreni posti all’interno delle aree urbanizzate, ovvero dei terreni che si trovano in una zona regolata da strumenti urbanistici – attuativi vigenti; che il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato che il terreno per cui era causa si trovava in una zona centrale del Comune di Gazzola, in zona completamente urbanizzata ed affacciava su traversa comunale (OMISSIS), facilmente accessibile e che nell’intorno vi erano diversi edifici residenziali, il lotto era pianeggiante ed idoneo all’edificazione, essendo attualmente in corso i lavori per la realizzazione dell’edificio scolastico; il consulente tecnico d’ufficio, inoltre, aveva accertato che l’area ricadeva all’interno del Piano di fabbricazione, precedente al P.R.G., destinato ad “attrezzature di interesse comune – scolastiche”.

La ricorrente si duole, inoltre, che la Corte di appello ha errato nel ritenere insussistente anche una pregressa vocazione edificatoria perché fin dal Piano di fabbricazione il bene era classificato “zona per attrezzature urbane” e, quindi, sottoposto a vincolo conformativo, in violazione della L.R. Emilia Romagna n. 37 del 2002, art. 22, per il quale un’area possiede anche i caratteri dell’edificabilità di fatto quando sono già presenti o in corso di realizzazione, nell’ambito territoriale in cui l’area stessa si inserisce, le dotazioni territoriali richieste dalla legge, ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica; il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato che l’area in esame, pur essendo destinata ad attrezzature scolastiche e, quindi, alla realizzazione di un’opera pubblica, si inseriva in un ambito territoriale edificato che aveva già dotazioni ed infrastrutture territoriali (standards) richiesti per legge, non sussistendo per essi limiti o vincoli di inedificabilità ai sensi della L.R. n. 20 del 2000, art. 6, comma 1; che il reale valore di mercato dell’area era, quindi, pari come individuato dall’Agenzia del territorio in almeno 2.500,00/mq, con una conseguente indennità di esproprio pari ad almeno Euro 436.683,50, fino a raggiungere gli Euro 786.195,00, inizialmente valutati e calcolati dal consulente tecnico di parte D.M.; che doveva trovare applicazione l’art. 37, comma 3, del Testo Unico Espropriazioni, anche in presenza di un terreno oggetto di esproprio in possesso di una edificabilità di fatto.

1.1 Il ricorso è inammissibile.

1.2 La sentenza impugnata è una sentenza non definitiva con cui è stata risolta esclusivamente la questione relativa alla ricognizione giuridica dell’area; la Corte d’appello, infatti, senza definire, neppure parzialmente, il rapporto controverso e senza regolare le spese di lite, ha provveduto con separata ordinanza in merito all’istruzione e all’ulteriore corso del giudizio.

Deve pertanto trovare applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 3, introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, che prevede il divieto di impugnazione con ricorso per cassazione delle sentenze non definitive su mere questioni, come quelle su questioni pregiudiziali di rito, o preliminari di merito che – come nella specie non definiscono, neppure in parte, il processo dinanzi al giudice che le ha pronunciate (Cass., 12 maggio 2017, n. 11916; Cass., 5 gennaio 2017, n. 133; Cass., 13 ottobre 2016, n. 20692).

L’individuazione delle sentenze non definitive su questioni deve avvenire, come affermato di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., 22 dicembre 2015, n. 25774), sulla base dell’evidente collegamento fra la disposizione contenuta nell’art. 360 c.p.c., comma 3, con quella dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4, che, nello stabilire le ipotesi in cui il giudice pronuncia sentenza, contempla anche le decisioni su questioni pregiudiziali attinenti al processo o preliminari di merito idonee a definire il giudizio.

1.3 L’impugnazione immediata con ricorso per cassazione della decisione in esame è inammissibile, potendo essere proposta, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente il giudizio.

2. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

 

 

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