Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5958 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. I, 11/03/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 11/03/2010), n.5958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.N.L. (c.f. (OMISSIS)) elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SICILIA 23 5, presso l’avvocato DI GIOIA

GIULIO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimate –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

15/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIULIO DI GIOIA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 28 marzo 2002 la signora P.N. conveniva dinanzi la Corte d’appello di Roma il Ministero della Giustizia per ottenere l’equa riparazione ex art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, del danno da violazione del termine ragionevole del processo, tuttora pendente, promosso nei confronti dell’INPS con ricorso depositato il 17 febbraio 1997 dinanzi al giudice del lavoro di Santa Maria Capua Vetere, avente ad oggetto la rivalutazione dell’indennità di disoccupazione agricola, sulla base della sentenza della corte costituzionale 27 aprile 1988 n. 497, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2 e 38 Cost., comma 2 del D.L. 2 marzo 1974, n. 30, art. 13, convertito con modificazioni dalla L. 16 aprile 1974, n. 114 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali), nella parte in cui, prescrivendo per la generalità dei lavoratori l’indennità ordinaria di disoccupazione involontaria nella misura fissa di L. 800 giornaliere, omette di prevedere un meccanismo di adeguamento del valore monetario ivi indicato.

Integrato il contraddittorio con la costituzione del Ministero della giustizia, la Corte d’appello di Roma, con decreto 5 giugno 2003, accertata in anni due la violazione del termine ragionevole, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento dell’equo indennizzo di Euro 500,00 per il danno non patrimoniale.

In accoglimento del successivo ricorso per Cassazione, questa Corte, con sentenza 24 marzo 2006, cassava la decisione, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, censurando l’immotivata difformità della somma liquidata rispetto ai parametri consolidati della corte europea dei diritti dell’uomo.

Riassunta ritualmente la causa, la corte d’appello di Roma, con decreto 15 aprile 2008, ritenuto che dagli atti acquisiti del processo presupposto risultava che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere avere dichiarato inammissibile la domanda per carenza di allegazione degli elementi di fatto costitutivi della pretesa, con conseguente nullità dell’atto introduttivo del giudizio, confermava la liquidazione di Euro 500,00 per i due anni di ritardo irragionevole; con compensazione delle spese del giudizio di rinvio e di cassazione e condanna alla rifusione di quelle del primo grado.

Avverso il provvedimento proponeva ricorso per Cassazione la signora P., deducendo la carenza di motivazione in ordine alla determinazione dell’equo indennizzo, in misura inferiore ai parametri consolidati della giurisprudenza alla corte europea, nonchè alla compensazione delle spese di due gradi e all’omessa condanna al rimborso delle spese generali, D.M. 9 aprile 2004, n. 127, ex art. 14.

All’udienza del 3 dicembre 2009 il Procuratore generale ed il difensore della ricorrente precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.

Premesso che non è stato contestato l’accertamento della violazione del termine ragionevole di anni due, appare fondata la censura riguardante il quantum debeatur.

Questa Corte ha più volte precisato (Cass, sez. 1^, 1^ Marzo 2007, n. 4845; Cass., sez. unite, 26 Gennaio 2004, n. 1340; Cass. 23 Aprile 2005, n. 8568) che, ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata dei processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, è segnato dal rispetto della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte Europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili. Tale regola di conformazione, inerendo ai rapporti tra la citata legge e la Convenzione ed essendo espressione dell’obbligo della giurisdizione nazionale di interpretare ed applicare il diritto interno, per quanto possibile, conformemente alla Convenzione e alla giurisprudenza di Strasburgo, ha natura giuridica, onde il mancato rispetto di essa da parte del giudice del merito concretizza il vizio di violazione di legge, denunziabile dinanzi alla Corte di Cassazione. Pertanto, poichè la Corte Europea (con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 Novembre 2004) ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per la quantificazione di tale indennizzo, si deve ritenere illegittima una liquidazione inferiore ad Euro 250,00 per un anno di ritardo;

In carenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, si può liquidare, previa cassazione del decreto impugnato in parte qua, l’indennizzo dovuto in Euro 1500,00 con gli interessi legali dalla domanda. Tale somma tiene conto della modestia della posta in giuoco accertata dalla corte territoriale che giustifica la diminuzione dell’indennizzo ordinario nella misura inferiore di Euro 750,00 per ciascun anno di ritardo.

Pure fondata si palesa la censura in ordine alla compensazione delle spese del giudizio di rinvio e della fase di legittimità, giustificato solo con una clausola di stile (“sussistono giusti motivi”). Cassato il decreto sul punto è possibile, anche sotto questo profilo, decidere nel merito, e per l’effetto condannare il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese del giudizio di rinvio dinanzi alla corte d’appello di Roma in primo grado in complessivi Euro 840,00 di cui Euro 310,00 per diritti ed Euro 480,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge; per il primo giudizio di cassazione in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Vanno inoltre riconosciute le spese generali e gli accessori di legge omessi nella liquidazione delle spese del primo grado di giudizio.

Il Ministero della Giustizia, soccombente, va condannato anche alla rifusione delle spese del presente grado di legittimità, liquidate in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge; spese tutte, da distrarre in favore dell’avvocato Giulio Di Gioia, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di P.N.L. della somma di Euro 1.500,00, con gli interessi legali dalla domanda;

– condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese generali oltre gli accessori di legge sulla somma di Euro 500,00 liquidata a titolo di spese del giudizio di primo grado;

– condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese del primo giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori legge e del giudizio di rinvio, liquidate in complessivi Euro 840,00 di cui Euro 310,00 per diritti ed Euro 480,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge;

– condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge;

– dispone la distrazione delle spese sopra liquidate in favore dell’avv. Giulio Di Gioia, antistatario.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

 

 

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