Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5954 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. I, 11/03/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 11/03/2010), n.5954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.G., rappresentato e difeso dall’avv. MARRA A. L.,

come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’economia e delle finanze;

– intimato –

Avverso il decreto n. 254/2008 della Corte d’appello di Napoli,

depositato il 17 gennaio 2008;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. NAPPI Aniello;

udito il difensore.

Udite le conclusioni del P.M., Dott. SORRENTINO Federico, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Napoli ha condannato il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento della somma di Euro 10.200,00 in favore di P.G., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio promosso il 23 settembre 1997 e non ancora definito in primo grado dall’.A.R. Campania alla data del 22 marzo 2007. Ricorre per Cassazione P.G. e deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando l’inadeguatezza sia dell’indennità riconosciutagli sia delle spese liquidategli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato il termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durata ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logicamente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1^, 9 settembre 2005, n. 17999, m. 584619). Nel caso in esame i giudici del merito hanno determinato :n tre anni la durata ragionevole della procedura e, quindi, in dieci anni e due mesi l’eccedenza irragionevole della sua durata. E questa valutazione non è censurabile nè risulta in realtà censurata.

Corretta è anche la determinazione dell’indennizzo in Euro 10.200,00, dal momento che la giurisprudenza ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna controversia” (Cass., sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630, m. 585927).

Il ricorrente lamenta anche il mancato riconoscimento dell’integrazione per la natura previdenziale del giudizio. Ma secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal U genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita” (Cass., sez. 1^, 14 marzo 2008, n. 6898, m. 602256).

E nel caso in esame una tale particolare incidenza non è stata neppure allegata.

Quanto alle spese, i giudici del merito le hanno liquidate in complessivi Euro 1.825,00, di cui Euro 800,00 per diritti ed Euro 1.000,00 per onorari in misura corrispondente dunque alla tariffa prevista per il giudizio di cognizione davanti alla corte d’appello.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Non v’è pronuncia sulle spese in mancanza di difese dell’intimato.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

 

 

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