Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5952 del 14/03/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5952 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ROSSETTI MARCO

PU

SENTENZA
sul ricorso 13836-2010 proposto da:
LEONE

FRANCO

LNEFNC45C29H619J,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA STOPPANI l, presso lo STUDIO
LEGALE SCUDERI MOTTA, rappresentato e difeso
dall’avvocato BARRECA CARMELO giusta delega in atti;
– ricorrente 4

2013
2500

contro

INA ASSITALIA SPA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA ;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1107/2009 della CORTE
D’APPELLO di CATANIA, depositata il 14/04/2009 R.G.N.

1

e/Q

Data pubblicazione: 14/03/2014

185/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

R.G.N. 1383610
Udienza del 18 dicembre 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 28.7.1995 il sig. Sergio Leone, alla guida dell’autoveicolo Suzuki
targato CT804890, di proprietà del proprio padre sig. Franco Leone ed
assicurato per la r.c.a. dalla Assitalia s.p.a., a causa dell’eccessiva velocità
ne causò il ribaltamento.

trasportato sul mezzo.
I genitori della vittima con atto notificato il 10.12.1997 convennero dinanzi
al Tribunale di Catania i sigg.ri Franco Leone, Sergio Leone e l’Assitalia
s.p.a., chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni
rispettivamente patiti.

2. La società assicuratrice, costituendosi, allegò che al momento del sinistro
era trasportato sul veicolo un numero di passeggeri superiore a quello
massimo consentito. Aggiunse che, ricorrendo tale ipotesi, l’art. 2 delle
condizioni generali di contratto escludeva l’operatività della copertura
assicurativa, e – essendo tale eccezione inopponibile al terzo danneggiato formulò una domanda di rivalsa nei confronti di Franco Leone e di Sergio
Leone, ai sensi dell’art. 18 della I. 24.12.1969 n. 990, vigente

ratione

temporis.

3. Con sentenza depositata il 22.9.1999 il Tribunale di Catania dichiarò
cessata la materia del contendere tra l’Assitalia s.p.a. e gli attori, i quali
avevano transatto la lite; rigettò la domanda di rivalsa formulata
dall’assicuratore nei confronti del sig. Sergio Leone (conducente del veicolo),
e l’accolse nei confronti del sig. Franco Leone (proprietario del veicolo),
compensando le spese.

4. La sentenza venne impugnata nel 2000 dal sig. Franco Leone.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza depositata il 14.4.2009, n. 500,
ha rigettato il gravame.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello motivò la propria
decisione di rigetto osservando che:

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Qvvy

In conseguenza del sinistro perse la vita il minore Andrea La Morella,

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Udienza del 18 dicembre 2013

(a)

l’eccezione di nullità della clausola di esclusione della copertura

assicurativa per l’ipotesi di trasporto irregolare di persone era stata
tardivamente sollevata;
(b) in ogni caso, la suddetta clausola era conoscibile con l’uso dell’ordinaria
diligenza;

c.c.;
(d)

l’assenza di copertura assicurativa rendeva superfluo stabilire se il

trasporto anomalo avesse o meno costituito, nel caso di specie, un
aggravamento del rischio ai sensi dell’art. 1898 c.c..

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dal sig. Franco
Leone sulla base di quattro motivi.
L’Assitalia s.p.a. non si è difesa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso il sig. Franco Leone lamenta che la
sentenza sarebbe viziata da violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3
c.p.c..
Allega che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto tardiva, e quindi
inammissibile, l’eccezione di nullità della clausola contrattuale che escludeva
la copertura assicurativa nel caso di trasporto anomalo.
Deduce, da un lato, di avere tempestivamente sollevato tale eccezione sia
in primo grado che in appello; e dall’altro che comunque la nullità della
suddetta clausola sarebbe stata rilevabile d’ufficio.
In via subordinata il ricorrente allega che comunque, anche a volere
ritenere non rilevabile d’ufficio la suddetta eccezione, egli comunque non
aveva alcun onere di sollevarla, in quanto l’onere di contestazione
sorgerebbe solo dopo che l’attore abbia assolto l’onere di allegazione, e
nella specie l’Assitalia s.p.a., nel formulare la propria domanda di rivalsa,
non aveva mai debitamente allegato che il sig. Franco Leone fosse a
conoscenza della clausola di esclusione della copertura nel caso di trasporto
anomalo.

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cglÌ/

(c) doveva altresì escludersi che essa fosse vessatoria ai sensi dell’art. 1341

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1.2. Il motivo è o manifestamente inammissibile, o infondato, in tutti e tre i
suoi profili.

1.3. Nella parte in cui lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente

rischio, il ricorso è inammissibile per violazione del principio di
autosufficienza, non essendo stato il ricorrente in grado di indicare in alcun
modo come, dove e quando abbia sollevato la suddetta eccezione in primo
grado.

1.4. Nella parte in cui lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente
omesso di rilevare d’ufficio una eccezione di nullità, il ricorso è parimenti
inammissibile.
E’ vero che la nullità del contratto o di singole clausole di esso può essere
rilevata anche d’ufficio.
Tuttavia tale principio va coordinato con le regole processuali concernenti gli
oneri di allegazione dei fatti costitutivi delle domande e delle eccezioni, di
cui agli artt. 163 e 167 c.p.c..
Tale coordinamento comporta che anche le eccezioni rilevabili d’ufficio
(cosiddette eccezioni in senso lato) sono rilevabili d’ufficio a condizione che
il fatto costitutivo di esse sia stato debitamente allegato nei termini e con le
modalità prescritti dalle regole processuali.
Pertanto una eccezione in senso lato, come tale rilevabile

ex officio,

quand’anche teoricamente sollevabile dalla parte anche dopo la scadenza
del termine per costituirsi, non può comunque essere accolta se il fatto su
cui si fonda non sia stato ritualmente allegato e provato in giudizio. Ciò in
quanto il potere del giudice di rilevare il fatto modificativo, impeditivo od
estintivo della pretesa attorea “attiene solo al riconoscimento degli affetti
giuridici di fatti che siano stati pur sempre allegati dalla parte. Sicché il
potere di allegazione rimane riservato esclusivamente alla parte anche
rispetto ai fatti costitutivi di eccezioni rilevabili d’ufficio, perché il giudice
può surrogare la parte nella postulazione degli effetti giuridici dei fatti

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ritenuto tardiva l’eccezione di nullità della clausola di delimitazione del

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allegati, ma non può surrogarla nell’onere di allegazione, che, risolvendosi
nella formulazione delle ipotesi di ricostruzione dei fatti funzionali alle
pretese da far valere in giudizio, non può non essere riservato in via
esclusiva a chi di quel diritto assuma di essere titolare” (Cass., sez. I, 1010-2003, n. 15142; esattamente in terminis anche Cass., sez. I, 08-04-

lav., 09-04-2009, n. 8710).
La rituale allegazione del fatto costitutivo dell’eccezione, ovviamente, deve
avvenire entro il limite temporale previsto dall’art. 167 c.p.c. (o dall’art. 416
c.p.c. per il rito speciale), “posto che ipotizzare l’allegabilità di fatti nuovi
anche oltre tale termine per la sola ragione che la rilevanza dei loro effetti
non si iscrive nel novero delle eccezioni riservate alla parte, significherebbe
compromettere il sistema delle preclusioni sul quale quel rito si fonda, ed in
particolare la sua funzione di affidare alla fase degli atti introduttivi del
giudizio la cristallizzazione dei temi controversi e delle relative istanze
istruttorie” (così la fondamentale decisione pronunciata da Cass. civ., sez.
un., 03-02-1998, n. 1099; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 28-11-2003,
n. 18263; Cass., sez. lav., 13-09-2003, n. 13467; Cass., sez. lav., 20-122002, n. 18194; Cass., sez. lav., 07-10-1999, n. 11252).
Questi princìpi sono stati ripetutamente affermati anche da questa sezione,
in particolare con la decisione pronunciata da Cass. civ., sez. III, 22-062007, n. 14581, secondo cui le eccezioni rilevabili anche d’ufficio relative ad
un diritto di carattere sostanziale (come appunto la nullità d’un contratto)
hanno una rilevabilità condizionata al rispetto del principio dispositivo e del
contraddittorio. Ne consegue che è vietato al giudice porre alla base della
propria decisione fatti che non rispondano ad una tempestiva allegazione
delle parti, il che è quanto dire che il giudice non può basare la propria
decisione su un fatto, ritenuto estintivo, modificativo o impeditivo, che non
sia mai stato dedotto o allegato dalla parte: allegazione che deve
ovviamente essere anche tempestiva, ovvero deve avvenire al massimo
entro il termine ultimo entro il quale nel processo di primo grado si
determina definitivamente il thema decidendum ed il thema probandum,

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e

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2004, n. 6943; Cass. sez. VI-lav., 26/10/2010, n. 21919; Cass. civ., sez.

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ovvero entro il termine perentorio eventualmente fissato dal giudice ex art.
183 c.p.c..

1.5. Nel caso di specie, non risulta da alcun atto, né è mai stato allegato dal
ricorrente, che i fatti costitutivi dell’eccezione di nullità (ovvero l’esistenza

contenuto in tesi vessatorio) siano stati debitamente allegati vuoi con la
comparsa di risposta, vuoi con le memorie di cui all’art. 183 c.p.c..

1.6. Sotto un terzo aspetto, infine, col motivo in esame il ricorrente lamenta
che la Corte d’appello avrebbe erroneamente omesso di considerare che il
convenuto nel giudizio di primo grado non aveva alcun onere di sollevare
l’eccezione di nullità, non avendo l’Assitalia s.p.a. adempiuto previamente al
proprio onere di allegazione.
Anche questo terzo profilo del primo motivo di ricorso è infondato.

1.6.1. Secondo la tesi prospettata dal ricorrente, non sarebbe il convenuto
nel giudizio di adempimento del contratto a dovere eccepire la nullità di
questo, ma dovrebbe essere l’attore ad allegare con l’atto introduttivo che
nel contratto non ci sono clausole nulle.
E’ una tesi temeraria.
L’azione di rivalsa prevista in favore dell’assicuratore – all’epoca dei fatti dall’art. 18 I. 24.12.1969 n. 990, è una azione contrattuale.
Colui il quale chieda l’adempimento del contratto ha il solo onere di allegare
e provare l’esistenza di quest’ultimo (questione risolta, come noto, dalla
fondamentale decisione pronunciata da Cass. civ., sez. un., 30-10-2001, n.
13533).
Spetta, per contro, al convenuto – ai sensi dell’art. 1218 c.c., dimostrare o
che adempimento non era dovuto; ovvero che non vi è stato; ovvero che
pur essendovi stato non è dipeso da colpa.
Nel presente giudizio, pertanto, la Assitalia s.p.a. per formulare
correttamente la domanda di rivalsa non aveva altro onere che allegare e

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della clausola, la sua inconoscibilità da parte del contraente, il suo

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provare l’esistenza del contratto e della clausola legittimante la rivalsa
stessa, il che è incontestato che sia avvenuto.
Non aveva, per contro, l’Assitalia alcun onere di allegare che la clausola
contrattuale posta a fondamento della domanda di rivalsa fosse stata
portata a conoscenza del contraente. Sarebbe stato invece onere di

tempestivamente il fatto costitutivo dell’eccezione, e cioè che la pretesa
dell’assicuratore fosse illegittima perché la clausola in questione non gli era
mai stata resa conoscibile (in violazione dell’art. 1341, comma 1, c.c.),
ovvero non era mai stata sottoscritta doppiamente (in violazione dell’art.
1342, comma 2, c.c.).
Allegazione, che per quanto detto, non risulta mai tempestivamente
avvenuta.

2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Il secondo motivo di ricorso investe la sentenza d’appello nella parte in
cui ha ritenuto valida ed efficace la clausola di esclusione della copertura
assicurativa nel caso di trasporto anomalo, nonostante si trattasse di una
condizione generale di contratto che il ricorrente afferma non conosciuta e
non conoscibile dal contraente, e dunque inefficace ai sensi dell’art. 1341,
comma 1, c.c..
Il motivo è formalmente articolato in quattro distinte censure.

2.2. Con la prima censura del secondo motivo il sig. Franco Leone lamenta
che la sentenza impugnata sarebbe viziata da una omessa motivazione, ai
sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Deduce che la clausola di esclusione della copertura assicurativa, poiché
predisposta unilateralmente e destinata a regolare una serie indefinita di
rapporti, poteva ritenersi valida ed efficace solo se conosciuta e conoscibile
dal contraente per adesione al momento della stipula.
Nel caso di specie, tuttavia, il contratto non era stato sottoscritto dal sig.
Franco Leone (una consulenza tecnica disposta in grado di appello aveva

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quest’ultimo, volendo invocare la nullità di quella clausola, allegare

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dimostrato la falsità della firma a lui formalmente imputabile), il quale
pertanto non aveva avuto alcuna conoscenza di tale clausola.
La Corte d’appello, nondimeno, aveva ritenuto la clausola in esame valida
ed efficace, omettendo di motivare in merito all’elemento di prova

2.3. Con una seconda censura, subordinata alla prima, anch’essa formulata
nell’ambito del secondo motivo di ricorso, il sig. Franco Leone lamenta che
la sentenza impugnata sarebbe viziata da un vizio di legge, ai sensi dell’art.
360, n. 3, c.p.c., con riferimento all’art. 1888 c.c..
Espone, al riguardo, che la corte d’appello avrebbe errato nel ritenere da lui
nota od a lui conoscibile una clausola non contenuta nella polizza, ma
contenuta in un clausolario cui la polizza rinviava con una clausola di rinvio
mai da lui sottoscritta.

2.4. Con la terza censura del secondo motivo di ricorso il sig. Franco Leone
torna a lamentare il vizio di motivazione, allegando questa volta che la
sentenza impugnata sarebbe viziata da una contraddittoria motivazione, ai
sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, in particolare, che la sentenza sarebbe contraddittoria per avere da
un lato ritenuto che il sig. Franco Leone avesse sottoscritto il testo
contrattuale nel quale dichiarava di avere preso visione delle condizioni
generali di contratto; e dall’altro lato dato atto che la suddetta
sottoscrizione era falsa.

2.5. Infine, con la quarta censura del secondo motivo di ricorso il sig.
Franco Leone torna a lamentare il vizio di motivazione, allegando questa
volta che la sentenza impugnata sarebbe viziata da una insufficiente
motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, in particolare, che la Corte d’appello ha ritenuto la clausola di
esclusione della copertura assicurativa “conoscibile con l’uso dell’ordinaria
diligenza” da parte del sig. Franco Leone, perché “usuale” nei contratti di
assicurazione della r.c.a.. Tuttavia, prosegue il ricorrente, la Corte d’appello

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rappresentato dalla dimostrata falsità della sottoscrizione della polizza.

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ha omesso di considerare che l’assicuratore non aveva dato alcuna
pubblicità a quella clausola, e che di conseguenza non poteva ritenersi nota
al contraente sol perché diffusa nella pratica commerciale.

2.6. Tutte e quattro le censure prospettate col secondo motivo possono

l’eventuale accoglimento del motivo non basterebbe a travolgere la
sentenza d’appello.
Si è detto, infatti, che quest’ultima ha fondato le proprie statuizioni su una
duplice rado decidendi:
(a) l’eccezione di nullità della clausola era tardiva;
(b)

in ogni caso non sussistevano i dedotti profili di nullità (mancata

conoscenza o conoscibilità e mancata sottoscrizione).
Or bene, poiché la statuizione sub (a), per quanto detto ai §§ 1.2 e seguenti,
resiste alle critiche rivoltele dal ricorrente, ed è di per sé idonea a
sorreggere la decisione d’appello, ne segue che l’eventuale accoglimento del
secondo motivo non potrebbe comunque comportare la cassazione della
sentenza impugnata.

3. Il terzo motivo di ricorso.

cvi).7

3.1. Il terzo motivo di ricorso si articola in tre censure distinte.
Con la prima di esse il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sia
affetta da violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c..
Espone al riguardo che la Corte d’appello, negando la natura vessatoria
della clausola che escludeva la copertura assicurativa nel caso di trasporto
anomalo, avrebbe violato gli artt. 1362 e 1370 c.c.: avrebbe violato la
prima, perché la clausola in esame aveva l’effetto di limitare la
responsabilità dell’assicuratore per gli illeciti causati dall’assicurato, che
costituiva l’oggetto del contratto; avrebbe violato la seconda, perché in ogni
caso anche a ritenere ambigua la clausola in contestazione, la Corte
avrebbe dovuto applicare il principio dell’interpretati° contra proferentem,
ed interpretarla in senso sfavorevole al predisponente.

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essere esaminate congiuntamente, in quanto tutte inammissibili, in quanto

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3.2. Con la seconda censura il ricorrente lamenta il vizio di motivazione
della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c..
Espone, al riguardo, che la sentenza impugnata avrebbe omesso di
considerare che la clausola di delimitazione del rischio, anche se non fosse
stata vessatoria, sarebbe stata comunque nulla ai sensi dell’art. 1469

bis

produttiva di un significativo squilibrio tra le parti.

3.3. Con la terza censura del terzo motivo di ricorso, infine, il sig. Franco
Leone lamenta ancora l’esistenza d’un vizio di motivazione nella sentenza
impugnata, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone al riguardo che l’art. 1 della Direttiva CE del Consiglio 14-05-1990, n.
90/232 (c.d. “Terza Direttiva”) imponeva agli Stati membri di prevedere che
l’assicurazione della r.c.a. debba coprire obbligatoriamente i danni alla
persona patiti da qualsiasi passeggero. La clausola in contestazione pertanto,

“limitando la ben più ampia responsabilità prevista dalle norma comunitarie”,
aveva per ciò solo natura vessatoria: non considerando tale aspetto, la
Corte d’appello avrebbe adottato una motivazione carente.

3.4. Tutte e tre le censure appena riassunte sono inammissibili, per la
stessa ragione indicata supra, § 2.6.
Si è detto infatti che la sentenza d’appello è fondata su due autonome

rationes decidendi (tardività dell’eccezione di nullità e insussistenza della
causa di nullità). Pertanto, anche se il motivo in esame fosse fondato,
l’accoglimento di esso non varrebbe a caducare la motivazione della
sentenza impugnata.

3.5. Vale la pena ricordare comunque che:
(a) la prima censura è altresì inammissibile perché, sotto le vesti della
violazione degli artt. 1362 e 1370 c.c., richiede alla Corte di cassazione una
interpretazione del contratto diversa da quella adottata dal giudice di merito,
con motivazione non carente né illogica;

Pagina 11

Qvq/

c.c., in quanto inserita in un contratto stipulato dal consumatore e

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(b) la seconda censura, all’opposto, sotto le vesti del vizio di motivazione
denuncia in realtà una violazione di legge (dell’art. 1469 bis c.c.., vigente
ratione temporis), rispetto alla quale come noto non è concepibile un vizio

introdotto nel codice civile dalla I. 6 febbraio 1996, n. 52

(recante

“Disposizioni

derivanti

per

l’adempimento

di

obblighi

dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge
comunitaria 1994”), successiva alla stipula del contratto di assicurazione
oggetto del presente giudizio, e non applicabile retroattivamente;
(c) la terza censura, oltre a presentare anch’essa come vizio di motivazione
una censura consistente invece in una tipica violazione di legge, confonde la
risarcibilità dei danni personali patiti dai terzi trasportati, che è oggetto della
previsione comunitaria, con i limiti della copertura assicurativa del
patrimonio del proprietario del veicolo, estranea alle previsioni comunitarie.

4. Il quarto motivo di ricorso.
4.1. Col quarto motivo di ricorso il sig. Franco Leone lamenta che la
sentenza impugnata sarebbe incorsa sia in una violazione di legge, ai sensi
dell’art. 360, n. 3, c.p.c.; sia in una nullità del procedimento, ai sensi
dell’art. 360, n. 4, c.p.c..

4.2. Sotto il primo profilo espone che il sinistro nel quale perse la vita il
giovane Andrea La Morella era stato causato dall’eccesso di velocità del
conducente, non dall’eccessivo numero di trasportati. Pertanto il difetto di
nesso di causa tra numero delle persone trasportate e sinistri inibiva
all’assicuratore l’azione di rivalsa. Accogliendo, per contro, la domanda di
rivalsa dell’assicuratore, la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 1898 c.c..

4.3. Sotto il secondo profilo, il ricorrente espone (alquanto confusamente,
in verità) che la sentenza impugnata avrebbe violato il principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, “avendo l’odierno ricorrente posto
la questione del mancato aggravamento del rischio facendone oggetto di
uno specifico motivo d’appello”.

Pagina 12

r

di motivazione, e ciò a tacer del fatto che l’art. 1469 bis c.c. è stato

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4.4. Ambedue i profili del quarto motivo di ricorso sono anch’essi assorbiti
dal rigetto del primo motivo di ricorso, in virtù di quanto già esposto al §
2.6 (duplicità della ratio decidendi nella sentenza impugnata)
Essi comunque sono manifestamente infondati nel merito, posto che – da un

semplice ragione che la questione ad essa sottoposta prescindeva del tutto
dall’ambito applicativo di tale norma; e – dall’altro – che la questione
dell’applicabilità o meno dell’art. 1898 c.c. è stata esaminata e risolta dalla
Corte d’appello alle pp. 11-12 della sentenza impugnata, sicché non v’è
stata alcuna omessa pronuncia.

5. Le spese.
Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della Assitalia
s.p.a..

P.q.m.
la Corte di cassazione, visto l’art. 383, comma primo, c.p.c.:
-) rigetta il ricorso;
-) dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese del presente grado
di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 18.12.2013.

lato – la Corte d’appello non ha in alcun modo violato l’art. 1898 c.c., per La

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