Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5951 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. un., 23/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 23/02/2022), n.5951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2691/2020 proposto da:

OIKOS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ROCCO MAURO

TODERO, e GIOVANNI IMMORDINO;

– ricorrente –

contro

ARPA – AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE DELLA

SICILIA in persona del legale rappresentante pro tempore, MINISTERO

DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE in persona

del Ministro pro tempore, REGIONE SICILIANA in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrenti –

e contro

COMUNE DI MISTERBIANCO, AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANIA,

SICULA TRASPORTI S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 533/2019 del CONSIGLIO DI GIUSTIZIA

AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA, depositata il 10/06/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/12/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Oikos s.p.a., titolare di una discarica per rifiuti non pericolosi sita nel Comune (OMISSIS), impugnò avanti al T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, l’ordinanza n. 26 dell’1.12.2016 con cui il Presidente della Regione Sicilia aveva disposto che, in attesa che la Oikos adeguasse la propria discarica realizzando un impianto di tritovagliatura e di inertizzazione della frazione organica, quest’ultima dovesse essere conferita dai comuni presso il diverso impianto di proprietà della Sicula Trasporti, la quale avrebbe fornito alla Oikos la frazione secca di sopravaglio in quantitativi uguali a quelli di frazione organica ricevuta (ordinanza cui aveva fatto seguito il provvedimento del 22.12.2016 con cui il Dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti aveva ordinato ai comuni che in precedenza utilizzavano la discarica della Oikos di conferire i propri rifiuti presso l’impianto della Sicula Trasporti).

Con sentenza non definitiva n. 1404/2017, il T.A.R., dichiarato inammissibile l’intervento del Comune di Misterbianco, rilevò preliminarmente che gli effetti dell’ordinanza erano cessati alla data del 31.5.2017 e che, dunque, non sussisteva l’utilità di pronunciarsi sul suo annullamento; ne accertò, tuttavia, l’illegittimità ai fini risarcitori e dispose l’ulteriore corso del giudizio per la quantificazione del danno.

La sentenza venne impugnata dal Comune di Misterbianco, che ribadì il proprio interesse a una decisione sulla legittimità e sulla conservazione degli effetti dei provvedimenti impugnati. Proposero appello incidentale le Amministrazioni soccombenti (il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la Regione Siciliana – Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità, e l’ARPA – Agenzia regionale protezione ambiente), evidenziando – tra l’altro – che l’impianto della Oikos non assicurava il trattamento dei rifiuti conformemente alla normativa di settore e chiedendo la riforma della sentenza in relazione alla ritenuta illegittimità dell’ordinanza e alla spettanza del risarcimento dei danni.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha accolto entrambi gli appelli e, riformando la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso e i primi motivi aggiunti proposti dalla Oikos in primo grado.

Ricorre per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, la Oikos s.pa., affidandosi a due motivi; resistono, con unico controricorso, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la Regione Siciliana e l’ARPA – Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Sicilia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la ricorrente denuncia “eccesso di potere giurisdizionale. Difetto assoluto di giurisdizione. Violazione della sfera di discrezionalità riservata alla amministrazione e/o al legislatore”.

Assume la ricorrente che il C.G.A., “pur dando espressamente atto della errata ricostruzione della motivazione dei provvedimenti impugnati ha ritenuto di potere individuare le ragioni che avrebbero potuto giustificare gli effetti prodotti dall’ordinanza 26 RIF e dal DDS 2175 del 22/12/2016”, ragioni che tuttavia “non sono rappresentate all’interno dei provvedimenti impugnati e sono state create, ex nihilo, dalla sentenza del Giudice di Appello”; sostiene che, senza arrestarsi alla constatazione della erroneità e della illogicità dell’ordinanza, il C.G.A. è andato “alla ricerca di una motivazione che, in realtà, negli atti impugnati non è dato rinvenire”, in tal modo sostituendosi “alla pubblica amministrazione nell’individuazione delle ragioni che determinano un determinato assetto d’interessi”; assume, in altri termini, che la sentenza, “in realtà ricostruisce ex post una motivazione che negli atti non è dato evincere”.

1.1. Il motivo è infondato.

1.1.1. La sentenza impugnata ha argomentato rilevando che:

il T.A.R. aveva “ragionato come se il provvedimento avesse disposto la chiusura della discarica in uso alla Oikos”, mentre “di chiusura si parla nei considerato e nei visti dell’ordinanza ma non (più) nella parte dispositiva che si compone di 6 articoli e che, nei confronti della Oikos, determinano un effetto comunque (ben) diverso dalla chiusura”; che, in effetti, l’art. 3 disponeva che la Oikos avrebbe mantenuto la tritovagliatura per 1040 tonn/die e l’elemento di novità e di discontinuità rispetto al pregresso era costituito dal fatto che alla discarica sarebbe stata conferita esclusivamente la frazione secca di sopravaglio dei rifiuti urbani indifferenziati già sottoposti a tritovagliatura presso altri impianti di smaltimento; che “l’ordinanza n. 26/2016, nella parte dispositiva, valeva quindi a modificare il precedente assetto, stabilendo ora che il conferimento in discarica potesse avvenire solo dopo un trattamento di bio-stabilizzazione”, con la conseguenza che, “non disponendo la Oikos di un impianto all’uopo attrezzato (…), ciò aveva indotto la Regione a disporre che da quel momento i Comuni avrebbero conferito presso la Sicula Trasporti”;

pur essendo giuridicamente inesatta l’affermazione – contenuta nell’ordinanza impugnata – della perdurante efficacia del diniego, risalente al 2014, del rinnovo dell’autorizzazione dell’A.I.A. (giacché, già alla data dell’ordinanza, tale diniego era stato oggetto di un provvedimento cautelare favorevole alla Oikos, cui avrebbe fatto seguito, di lì a poco, l’annullamento del diniego), nondimeno, una tale inesattezza non valeva ad inficiare il provvedimento, in quanto non aveva una incidenza determinante sulla parte dispositiva dell’ordinanza, a tal fine bastando il rilievo della mancanza presso la discarica della Oikos di un impianto per il trattamento meccanico biologico (TMB), ossia di un impianto idoneo a ridurre gli impatti negativi sull’ambiente; non era “pertanto corretta l’affermazione della difesa Oikos (…) secondo cui i provvedimenti all’origine del presente contenzioso non sarebbero stati mai motivati in ragione dell’assenza dell’impianto di biostabilizzazione, affermazione contraddetta dal punto dell’ordinanza n. 26/2016 dove il tema è espressamente affrontato (a pag. 15), sebbene con singolare reticenza, senza fare menzione espressa della Oikos”;

che quanto osservato in relazione alla legittimità dell’ordinanza rilevava “chiaramente anche ai fini della pretesa risarcitoria”, giacché, “una volta accertata l’infondatezza delle censure dedotte dalla Oikos nei confronti dell’ordinanza 26/2016, viene meno uno degli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito (e della responsabilità da attività) provvedimentale”;

“l’infondatezza della pretesa risarcitoria va peraltro ben al di là della (sorte della) ordinanza n. 26/2016, essendo manifesta anche sulla base di altre ragioni”; più specificamente, per il fatto che la Oikos – priva del necessario impianto di biostabilizzazione della frazione organica dei rifiuti e, “come tale bisognosa di continue misure e soluzioni emergenziali, da parte del Presidente della Regione”, “da questa condizione di provvisorietà e di emergenza (…) pretenderebbe di ricavare una pretesa giuridicamente meritevole di tutela, fondata su una sorta di fatto compiuto, per poi denunciarne la lesione una volta che con l’ordinanza 26/2016 quel sistema emergenziale era stato intaccato”; in assenza di una legittima pretesa meritevole di tutela ai sensi dell’art. 2043 c.c., difettava pertanto anche l’elemento dell’ingiustizia del danno.

1.1.2. Dai passaggi motivazionali sopra illustrati emerge chiaramente come la sentenza impugnata si sia mossa entro l’ambito proprio della giurisdizione amministrativa di legittimità spettante al C.G.A.: dato conto del contenuto dell’ordinanza n. 26/2016 ed evidenziati i suoi effetti, la sentenza ne ha individuato, a monte, le ragioni giustificative, riconducendole essenzialmente alla mancanza dell’impianto di biostabilizzazione; a ciò è conseguita l’affermazione della legittimità dell’atto e dell’impossibilità di predicare pretese risarcitorie. Il tutto all’interno di un percorso argomentativo e logico-giuridico che, pur esplicandosi necessariamente mediante il compimento di attività di interpretazione e di valutazione connaturate all’esercizio della giurisdizione, ha avuto ad oggetto unicamente l’atto impugnato e la sentenza di primo grado.

In nessun passaggio della sentenza, il Consiglio ha superato i limiti esterni della propria giurisdizione di legittimità, invadendo sfere riservate all’autorità amministrativa o integrando ex post la motivazione dell’ordinanza; la sentenza si è limitata a compiere una propria lettura dell’atto, evidenziando gli elementi da cui ha ritenuto di poter desumere l’avvenuta indicazione delle ragioni poste a fondamento del medesimo.

1.1.3. In conformità ai consolidati orientamenti questa Corte (cfr., ex multis, Cass., S.U. n. 8882/2005; Cass., S.U. n. 13176/2006; Cass., S.U. n. 12643/2008; Cass., S.U. n. 16537/2008; Cass., S.U. n. 13904/2011; Cass., S.U. n. 23302/2011; Cass., S.U. n. 8117/2017; Cass., S.U. n. 30526/2018; Cass., S.U. n. 7926/2019), deve dunque ribadirsi che non è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, se il giudice amministrativo non abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, e, nello specifico, laddove, senza sostituirsi all’autorità amministrativa mediante l’integrazione ex post della motivazione dell’atto impugnato, si sia limitato a svolgere l’attività interpretativa e valutativa connaturata all’esercizio della giurisdizione (rispetto alla quale non sono sindacabili avanti alle Sezioni Unite di questa Corte eventuali errores in iudicando o in procedendo).

1.1.4. Va peraltro considerato che la ricorrente non ha specificamente impugnato la motivazione della sentenza nella parte (illustrata al superiore punto 1.1.1., in coda) in cui il C.G.A. ha escluso la possibilità che la Oikos potesse fondare pretese giuridicamente meritevoli di tutela sulla “sorta di fatto compiuto” determinato dalla pregressa adozione di misure emergenziali volte ad ovviare, di volta in volta, alla mancanza dell’impianto di biostabilizzazione; trattandosi di una ratio decidendi autonoma ed ulteriore rispetto a quelle fatte oggetto di censura, il motivo risulta – a monte – inammissibile per non avere investito in modo completo le ragioni della decisione impugnata.

2. Col secondo motivo (“art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 362 c.p.c., artt. 91 e 110 c.p.a. e art. 111 Cost., comma 8. Diniego di giustizia e di giurisdizione. Difetto della potestas iudicandi in concreto. Difetto assoluto di giurisdizione”), la ricorrente assume che la sentenza impugnata “ha travalicato i limiti esterni della giurisdizione” anche nella parte in cui ha riconosciuto la legittimazione all’intervento da parte del Comune di Misterbianco: rilevato “come l’azione davanti al Giudice amministrativo necessiti della sussistenza del requisito dell’interesse a ricorrere, inteso come dimostrazione della lesione che il ricorrente subisce dalla validità e dall’efficacia del provvedimento e come vantaggio diretto e concreto che trarrebbe dall’annullamento dell’atto impugnato”, la Oikos evidenzia che “l’intervento ad opponendum e l’appello proposti dal Comune di Misterbianco non hanno indicato (…) alcun interesse a ricorrere” e lamenta “un radicale stravolgimento delle regole di diritto processuale” da parte del C.G.A.; conclude che “rientra nello schema logico del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione l’operazione che consiste nell’interpretare la norma attributiva di tutela, onde verificare se il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, la eroghi concretamente e nel vincolarlo ad esercitare la giurisdizione rispettandone il contenuto essenziale, così esercitando il sindacato per violazione di legge che la S.C. può compiere anche sulle sentenze del giudice amministrativo”.

2.1. Il motivo è infondato, alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, in quanto l’accertamento dell’esistenza o della mancanza della legittimazione o dell’interesse ad agire, ossia di una condizione dell’azione, “attiene ai vizi dei requisiti intrinseci alla domanda e rientra, pertanto, nell’ambito dei limiti interni della giurisdizione, sicché è inammissibile il ricorso per cassazione che prospetti tale vizio sotto il diverso profilo del difetto di giurisdizione, non trattandosi di una questione di superamento dei limiti esterni della giurisdizione” (Cass., S.U. n. 475/2015; cfr. anche Cass., S.U. n. 24858/2019).

3. Le spese di lite seguono la soccombenza.

4. Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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