Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5950 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 04/03/2021), n.5950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9045-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., dom.to in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

IMPRENDO S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., elett.te

dom.to in VAIRANO PATENORA (CE), alla VIA LIBERTA’, n. 19, presso la

sede sociale;

– intimata –

avverso la sentenza n. 230/24/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il

04/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/12/2020 dal Consigliere Dott. CHIESI GIAN ANDREA.

 

Fatto

Osservato che l’AGENZIA DELLE ENTRATE notificò alla IMPRENDO S.R.L. un avviso di accertamento con il quale provvide a riprese I.R.E.S., IRAP ed IVA, oltre sanzioni, relativamente all’anno di imposta 2005, a seguito della contestata emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti; che il contribuente impugnò detto avviso innanzi alla C.T.P. di Caserta che, con sentenza 283/3/11 accolse il ricorso;

avverso tale decisione l’AGENZIA DELLE ENTRATE propose appello innanzi alla C.T.R. della Campania che, con sentenza n. 230/34/2013, depositata il 4.10.2013, rigettò il gravame, rilevando – per quanto in questa sede ancora rileva – come la natura reale (e non fittizia) del contratto concluso dalla IMPRENDO con la I.c.c. S.R.L. (quest’ultima quale reale appaltatrice delle opere a realizzarsi) emergerebbe da “certificazioni e verbali emessi da altri organi pubblici (specificamente indicati al primo cpv. della motivazione in diritto) della cui veridicità non si motivo di dubitare”; che avverso tale sentenza l’AGENZIA DELLE ENTRATE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. E’ rimasta intimata la IMPRENDO S.R.L..

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo, parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, per avere la C.T.R. valutato, ai fini della ritenuta illegittima dell’avviso di accertamento impugnato, documentazione diversa da quella prodotta dalla IMPRENDO S.R.L. in sede di verifica e, dunque, per ciò stesso inammissibile; che il motivo è infondato;

che non risulta dalla gravata decisione nè, tampoco, dal ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità o dal p.v.c. in esso trascritto (ai fini della specificità del motivo, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) che l’Ufficio, al momento della verifica, abbia avvertito il contribuente delle conseguenze derivanti dalla mancata esibizione di documentazione relativa alla verifica in corso: conseguentemente, deve ritenersi che alcuna preclusione si sia formata al riguardo, dovendosi dare continuità al principio – consolidato – per cui l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova (mancante, come detto, nella specie), incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (cfr. Cass., Sez. 6-5, 27.12.2016, n. 27069, Rv. 642549-01 e Cass., Sez. 5, 4.5.2018, n. 10670, Rv. 647972-01);

che con il secondo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21 e dell’art. 2700 c.c., per avere la C.T.R. ritenuto provati i pagamenti in favore della i.c.c. (peraltro in contrasto con le risultanze della verifica) in virtù della copia degli estratti conto inammissibilmente versati in atti dalla società contribuente, senza considerare, peraltro, che “notoriamente e pacificamente i pagamenti – pur se provati – non sono fatti idonei a provare la realtà di operazioni per cui vi siano indizi di inesistenza, ben potendo essere retrocessi”;

che il motivo è, nel suo complesso, inammissibile;

che premesso che, quanto alla dedotta inutilizzabilità, ai fini della decisione, degli estratti conto prodotti dalla IMPRENDO – donde dovrebbe evincersi una presunta inesistenza della motivazione (cfr. ricorso, p. 5, sub 2) – la censura sostanzialmente ripercorre le argomentazioni del primo mezzo di ricorso e va, al pari di quello e per le medesime ragioni, disatteso, con precipuo riferimento alla erronea valutazione

circa la rilevanza probatoria di tali estratti conto, il motivo che disvela, in parte qua, un presunto vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – è inammissibile giacchè non si confronta con la ratio decidendi della decisione impugnata, che nega il carattere fittizio dei rapporti tra la IMPRENDO e la i.c.c. sulla base di molteplici elementi (cfr. il primo cpv. della motivazione in diritto), idonei ex se a reggere la pronunzia (“da tutto quanto sopra si ha motivo di ritenere che la ditta I.c.c. s.r.l. abbia realmente operato per la realizzazione dei lavori appaltati”) e rispetto ai quali la prova dell’avvenuto pagamento rappresenta solo un elemento di valutazione ulteriore (“…inoltre non corrisponde al vero che non ci siano prove degli avvenuti pagamenti come, invece, affermato dalla G.d.F. di Sessa Aurunca”);

che con il terzo motivo (erroneamente rubricato con secondo), parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) l’omessa valutazione di fatti decisivi” (cfr. ricorso, p. 6, cpv.), in relazione alle ulteriori risultanze dell’attività di indagine, donde sarebbe emerso, in base a quanto constatato dai verbalizzanti, che “la I.c.c. non aveva strutture nè personale idonei ai lavori attribuitile”, senza che, peraltro, avverso tale risultanza del p.v.c. fosse stata proposta querela di falso;

che il motivo è inammissibile;

che esso mira, infatti, sotto l’apparente deduzione dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ad una rivalutazione dei fatti storici (in specie, relativamente alla effettiva operatività della ditta appaltatrice) diversa rispetto a quella svolta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Cass., Sez. U, 27.12.2019, n. 34476, Rv. 656492-03). D’altra parte, muovendo proprio dalla “documentazione depositata agli atti” (incluso, quindi, il p.v.c. originante l’avviso di accertamento impugnato) la C.T.R. ha ritenuto che l’operazione negoziale intercorsa tra la IMPRENDO e la i.c.c. fosse reale, sulla base di una molteplicità di elementi sintomatici puntualmente descritti al primo cpv. della motivazione in diritto; nè, a ben vedere, occorreva che i giudici di appello fornissero una motivazione espressa sul mancato rilievo – in senso favorevole alla natura fittizia dell’appalto – rispetto a quanto riportato dai verbalizzanti nel p.v.c. circa la mancanza di strutture e personale riscontrata in sede di verifica: ed infatti l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 6-L, 8.11.2019, n. 28887, Rv. 65559601),

Ritenuto che il ricorso debba essere rigettato, nulla dovendosi disporre in relazione alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo la IMPRENDO S.R.L. rimasta intimata;

che va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (arg. da Cass., Sez. 6-L, 29.1.2016, n. 1778, Rv. 638714-01).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla dispone in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

 

 

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