Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5949 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11561-2018 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CALABRIA,

56, presso lo studio dell’avvocato DAVIDE TAGLIAFERRI, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARCO SAITA;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI)

SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO,

EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 432/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 12/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO

ROBERTO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

la Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 432/17, respingeva l’appello proposto da B.S. contro la sentenza di primo grado che aveva respinto la sua opposizione avverso avviso di addebito relativo a contributi previdenziali a percentuale eccedenti il minimale relativi all’anno 2007 a favore della gestione commercianti.

La Corte d’appello in primo luogo respingeva la pretesa relativa alla sospensione del giudizio in attesa dell’esito del ricorso in Cassazione avverso la decisione della Commissione Regionale tributaria che aveva deciso sull’accertamento del maggior reddito su cui erano stati calcolati i contributi. In secondo luogo la Corte d’appello sosteneva che sussistessero i presupposti del maggior credito contributivo ed in particolare la prova dell’inesistenza delle operazioni riportate nelle fatture emesse dalla Graniti nei confronti del B..

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.S. con quattro motivi illustrati da memoriae ai quali ha resistito l’Inps con controricorso.

E’ stata comunicata alla parte ricorrente la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RILEVATO

CHE:

1.- con il primo motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, att. 24 comma 3 e del D.L. n. 78 del 2010, art. 30. L’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti atteso che l’iscrizione a ruolo era avvenuta in mancanza di un provvedimento giudiziale esecutivo sull’impugnazione dell’accertamento già pendente davanti la Commissione tributaria provinciale di Bergamo.

Il motivo è infondato per il noto orientamento di legittimità secondo cui la violazione del D.Lgs. n. 46 del 1997, art. 24, non esime il giudice dall’accertamento del merito della fonclatezza della obbligazione contributive e non determina quindi la nullità dell’accertamento giudiziale (Cass. nn. 11515/17, 20055/2016).

2.- Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., dell’art. 337c.p.c., comma 2, dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118disp. att. c.p.c., dell’art. 24Cost. e dell’art. 111 Cost., comma 2. Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, e dell’art. 161 c.p.c., comma 1. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. E ciò perchè il giudice non aveva ritenuto di sospendere il giudizio in pendenza del ricorso per Cassazione avverso la sentenza tributaria della Commissione tributaria regionale di Milano.

Il motivo è infondato perchè la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., comma 2, è facoltativa in quanto rimessa alla valutazione discrezionale del giudice il quale dovrà soltanto spiegare perchè ritenga di poggiarsi sull’autorità della sentenza già intervenuta sulla questione pregiudicante oppure attendere il suo passaggio in giudicato (Cass. n. 29450/2018; n. 26251/2017; n. 13823/ 2016; n. 17473/2015; n. 6207/2014; n. 25536/2013). Nel caso in esame, peraltro, la Corte è pervenuta alle conclusioni prese sulla scorta di un autonomo accertamento di merito. La censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 è invece inammissibile perchè, ai sensi dell’art. 348 c.p.c., comma 5, in caso di “doppia conforme” non può essere dedotto un vizio di motivazione in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

3.- Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 116c.p.c., dell’art. 24Cost. e dell’art. 111 Cost., comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 54, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; per avere la Corte ritenuto che sussistesse la prova delle operazioni inesistenti ed in particolare per avere ritenuto determinante a tal fine l’accertamento tributario; laddove invece la prova non esisteva, il ricorrente aveva stipulato un contratto di associazione in partecipazione con il padre G. per lo svolgimento delle attività di volantinaggio; i costi dedotti dal reddito erano quindi effettivamente sostenuti ed erano inerenti all’attività di impresa. Inoltre la Corte aveva immotivatamente negato l’interrogatorio formale dei legali rappresentanti pro tempore dei convenuti nonchè l’ammissione delle testimonianze.

Il terzo motivo è inammissibile perchè si limita a denunciare un vizio di merito relativo all’accertamento dei fatti ed a sollecitare un riesame delle prove già valutate dai giudici.

4a. Con il quarto motivo viene dedotta, anzitutto, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43; del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57; della L. n. 212 del 2000, art. 10; della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; per avere la Corte d’appello ritenuto sufficiente confermare, ai fini della decadenza dal potere impositivo, quanto affermato dalla Commissione tributaria di primo grado ossia che il termine si raddoppi, dal momento in cui la denuncia, peraltro predisposta il 1 luglio, era stata presentata all’autorità giudiziaria (5 luglio 2013) e che pertanto la stessa non si fosse verificata.

Il motivo è inammissibile in quanto la normativa indicata e la questione sollevata del raddoppio dei termini non rileva ai fini del pagamento dell’obbligazione contributiva nè nel relativo giudizio previdenziale, dal momento che l’accertamento del maggior reddito costituisce solo un presupposto di fatto e non un presupposto giuridico della fondatezza della pretesa relativa al pagamento dei contributi previdenziali.

4.b. Con una diversa censura, esposta nel II punto del quarto motivo di ricorso, il ricorrente sostiene inoltre la prescrizione del credito ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, decorrente dal giorno in cui i contributi dovevano essere corrisposti (il 16.6.2008 per il 2007). Deve essere rilevato anzitutto che la questione di prescrizione dei contributi risulta sollevata sia in primo grado sia in secondo grado; e che comunque essa integra questione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado. Tanto premesso, va osservato che sullo specifico tema del dies a quo del termine di prescrizione dei contributi a percentuale sul reddito, la giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato anzitutto che il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito L. n. 233 del 1990 ex art. 1, comma 4, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ed in secondo luogo che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento (sentenza n. 13463 del 29/05/2017,). Pertanto il diritto dell’INPS a richiedere i contributi in questione sorge al momento della scadenza del termine stabilito per il loro pagamento e quindi nel caso in esame risulta prescritta la pretesa dell’INPS di cui all’avviso di addebito notificato il 31 dicembre 2014 per contributi eccedenti il minimale relativi all’anno 2007 dovuti a favore della gestione commercianti.

Tanto di recente è stato ribadito da questa Corte (sentenza n. 27950 del 31/10/2018 ed altre successive) con riferimento alla prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata essendosi precisato che essa decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo.

Pertanto, non essendosi la sentenza impugnata conformata all’anzidetto principio di diritto, la stessa deve essere cassata in relazione al quarto motivo di ricorso accolto in parte qua; con rinvio della causa alla Corte d’appello indicata in dispositivo che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

che, in considerazione dell’esito del giudizio, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso ed in parte il quarto motivo; accoglie il quarto motivo in parte qua, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano anche per la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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