Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5948 del 14/03/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5948 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 8716-2010 proposto da:
AMIDEI

GIOVANNA

MDAGNN41A60F257X,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CONFALONIERI 1, presso lo
studio dell’avvocato LECCI PATRIZIA, rappresentata e
difesa dall’avvocato CORBO SETTIMIO giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013

contro

2129

MIANI

GIORDANO

MNIGDN41H15L885M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G.B. VICO l, presso lo studio
dell’avvocato CARLINO ROBERTO, che lo rappresenta e

1

Data pubblicazione: 14/03/2014

difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 10243/2009 del TRIBUNALE di
ROMA, depositata il 12/05/2009, R.G.N. 92267/2004 e
7461/2006;

udienza del 15/11/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato ANTONIO TROIANI per delega;
udito l’Avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

I FATTI

Il giudice tribunale di Roma, previa omologazione delle
condizioni di separazione tra Giovanna Amidei e Giordano Miani,
determinò l’importo degli assegni di mantenimento a carico di
quest’ultimo nella misura di L. 3.800.000 per la moglie e di L.

La Amidei, sulla premessa che gli obblighi scaturenti da quella
pronuncia erano rimasti in parte inadempiuti, notificò all’ex
marito un atto di precetto per un importo pari ad oltre 74 mila
euro.
L’opposizione proposta dal Miani fu accolta dal giudice
monocratico di quello stesso tribunale con sentenza depositata
il 12 maggio 2009.
Questa pronuncia è stata impugnata da Giovanna Amidei con
ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi di censura.
Resiste il Miani con controricorso illustrato da memoria.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso inammissibile.
Con il primo motivo,

si denuncia

l’omessa, insufficiente o

contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi
per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c..
Il motivo è inammissibile.
Ai sensi dell’oggi abrogato art 366 bis c.p.c. – applicabile
nella specie

ratione temporis,

essendo stata la sentenza

d’appello depositata nel vigore del D.lgs. 40/2006 -, parte
ricorrente aveva l’onere di indicare, con idonea sintesi

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1.000.000 per la figlia.

espositiva, il fatto controverso la cui interpretazione aveva
contribuito in modo decisivo a determinare la pretesa erroneità
della sentenza impugnata.
In tema di vizio di motivazione, il tema della sintesi
necessaria per il relativo esame è stato affrontato

funditus

specificato (Cass. ss.uu. n. 20603 del 2007) l’esatta portata
del sintagma “chiara indicazione del fatto controverso” in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
la decisione: si è così evidenziato che la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto
(il cd. “quesito di fatto) – che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità.
Tale, indispensabile momento di sintesi, nella specie, manca del
tutto.
Con il secondo motivo,

dalle sezioni unite di questa Corte, che hanno all’uopo

si denuncia, in relazione all’art. 360 n.

3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione di norme di diritto

con riferimento all’errata applicazione dell’art. 1188 c.c..
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:

Dica la Corte se sia possibile attribuire efficacia liberatoria
al pagamento che 11 debitore abbia fatto a persona diversa dal
creditore oltre che per finalità diverse da quelle riferite al

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/IÚ)

debito originario (assegno di mantenimento, nella specie), pur
in carenza di autorizzazione in tal senso fornita dal creditore,
ovvero in assenza di prova fornita dal debitore dell’esistenza
di tale autorizzazione ovvero, in subordine, in assenza di
approfitta„.-mento da parte del creditore delle somme nonché di

La censura è inammissibile, al pari di quella che la precede.
Questo giudice di legittimità ha già avuto più volte modo di
affermare che il quesito di diritto deve essere formulato, ai
sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da
costituire

una

sintesi

logico-giuridica

unitaria

della

questione, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso
tanto se sorretto da un quesito la cui formulazione sia del
tutto inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato alla
sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia
(Cass.

25-3-2009,

n.

7197),

quanto che sia destinato a

risolversi (Cass. 19-2-2009, n. 4044) nella generica richiesta
(quale quelle di specie) rivolta al giudice di legittimità di
stabilire se sia stata o meno violata – o disapplicata o
erroneamente applicata, in astratto, – una norma di legge. Il
quesito deve, di converso, investire ex

se la

ratio decidendi

della sentenza impugnata, proponendone una alternativa di segno
opposto destinata ad una soluzione che, pur trascendendo la
fattispecie concreta sottoposta all’esame del giudice di
legittimità, ne dia specifico conto ed esaustiva esposizione: le
stesse sezioni unite di questa corte hanno chiaramente

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prova dello stesso approfitta,mento.

specificato (Cass. ss. uu. 2-12-2008, n. 28536) che deve
ritenersi inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cod.
proc. civ. il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione
dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un
quesito di diritto che si risolve in una tautologia o in un

peraltro consentire un utile riferimento alla fattispecie in
esame.
La corretta formulazione del quesito di diritto esige, in
definitiva (Cass. 19892/09), che il ricorrente

dapprima indichi

in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema
normativo tipico, infine formuli,

in forma interrogativa e non

(sia pur implicitamente) assertiva, il principio giuridico di
cui si chiede l’affermazione; onde, va ribadito (Cass.
19892/2007) l’inammissibilità del motivo di ricorso il cui
quesito si risolva (come nella specie) in una generica istanza
di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata
nel motivo.
La non rispondenza del quesito come sopra riportato ai
suindicati criteri lo destina irrimediabilmente alla scure della
inammissibilità.
La disciplina delle spese segue il principio della soccombenza.
Liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.

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interrogativo circolare, che già presupponga la risposta senza

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
che si liquidano in complessivi euro 3200, di cui 200 per spese.

Così deciso in Roma, li 15.11.2013

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