Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5947 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 07/12/2016, dep.08/03/2017),  n. 5947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Piccola società cooperativa acqua marina a r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 183/48/10 depositata il 31 maggio 2010 della

Commissione Tributaria Regionale della Campania;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 dicembre 2016

dal Cons. dr. Giuseppe TEDESCO;

udito per la ricorrente l’avv. Giovanni Palatiello;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. del

Core Sergio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Caserta, emise nei confronti della Piccola Società Cooperativa Acqua Marina a r.l. un avviso di accertamento, con il quale recuperava a tassazione, per l’annualità 2003, detrazioni IVA che assumeva indebitamente usufruiti dalla società contribuente per operazioni soggettivamente inesistenti.

La contribuente impugnò gli avvisi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, ottenendone l’annullamento con sentenza poi confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che respinse l’appello proposto dall’Ufficio, riscontrando che l’avviso era stato emesso prima del decorso del termine di sessanta giorni dalla chiusura delle operazioni, in violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7. Secondo il giudice d’appello, il mancato rispetto del termine dilatorio, pure in assenza di espressa sanzione normativa, non poteva non determinare una conseguenza negativa per l’amministrazione, che fu identificata nell’inefficacia dell’atto, come tale inidoneo a dispiegare gli effetti che gli sono propri. La commissione regionale rilevò ancora che nell’avviso erano sì indicate le ragioni di urgenza, e cioè la gravità delle infrazioni, la necessità di un rapido recupero e la scadenza della polizza fideiussoria sottoscritta a garanzia del rimborso IVA, tuttavia ritenne quelle stesse ragioni non idonee a giustificare la tempestiva emissione dell’avviso. Nell’argomentare su questo punto il giudice d’appello rilevò che l’ufficio non aveva neanche dato prova della imminente scadenza dei termini di decadenza della polizza fideiussoria.

Contro la sentenza la sentenza l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo l’agenzia deduce la violazione della L. 12 del 2000, art. 12, comma 7: la commissione tributaria regionale ha ritenuto inefficace l’avviso emesso prima della scadenza del termine di sessanta giorni previsto dalla norma, nonostante nel caso in esame l’atto impositivo indicasse le ragioni di urgenza che avevano indotto l’ufficio alla sua tempestiva emissione.

Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deduce insufficiente motivazione ordine in a un punto decisivo della controversia. Si rimprovera alla commissione tributaria regionale di avere addebitato all’ufficio di non avere dato la prova della imminente maturazione del termine di decadenza della polizza fideiussoria concessa per il recupero dell’Iva, senza considerare che la circostanza già risultava dalle deduzioni difensive della stessa contribuente, laddove questa, con il fine di contestare la idoneità delle ragioni di urgenza addotte dall’ufficio, aveva piuttosto evidenziato che la garanzia sarebbe scaduta il 7 dicembre 2007, e cioè dopo quattro giorni dal compimento del sessantesimo giorno dalla consegna del verbale.

Con il terzo motivo la ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia l’illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza in ordine a un punto decisivo della controversia. Si rimprovera al giudice di merito di avere negato che le ragioni di urgenza indicate dall’ufficio rappresentassero quei “casi di particolare e motivata urgenza” richiesti dall’art. 12, comma 7, citato al fine della deroga al termine ivi stabilito.

I motivi di ricorso, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Seppure sia vero che la commissione tributaria regionale sembra avere preso le mosse dal principio secondo cui l’avviso emesso prima del termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 12 del 2000, art. 12, comma 7 è, per ciò solo, invalido, essendo al contrario principio oramai acquisito che l’avviso è nullo solo se emesso in carenza di valide ragioni di urgenza (Cass. sez. unite 18184 del 2013), la norma è stata poi correttamente applicata, perchè la commissione tributaria regionale non si è arrestata al rilievo di principio, ma ha poi valutato le ragioni ch’erano state addotte d’ufficio per giustificare la tempestiva emanazione, ritenendole non idonee a questi effetti.

E’ altrettanto vero, così come si evidenzia nel secondo motivo del ricorso, che il riferimento temporale riguardante “l’imminente scadenza dei termini di decadenza della polizza fideiussoria” già risultava dagli scritti difensivi della contribuente, per cui è realmente fuori luogo il riscontro della carenza probatoria operato in sentenza riguardo a tale aspetto. Nondimeno, pure in questo caso, l’errore non ha inficiato la correttezza della valutazione finale, perchè quel fatto, e cioè la prossima scadenza della polizza fideiussoria, in sè e per sè, non basta a giustificare la tempestiva emissione dell’avviso, prima del decorso del termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 (“Statuto dei diritti del contribuente”). Tale norma recita: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Secondo l’orientamento attuale della giurisprudenza, sancito delle Sezioni Unite con la sentenza 29 luglio 2013, n. 18184, la emissione dell’avviso prima del decorso del termine di sessanta giorni dal termine degli accertamenti ne comporta la invalidità, a meno che la deroga non sia giustificata da “particolare” ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento.

“Particolare” vuol dire che la ragione deve essere riferita specificamente al contribuente e al rapporto tributario in questione. In ordine ai requisiti richiesti per la configurabilità della deroga, la elaborazione giurisprudenziale successiva ha esattamente chiarito che il requisito dell’urgenza, al fine di preservare l’avviso intempestivo dalla sanzione di nullità, deve rimanere agganciato a specifici elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità nell’accertamento delle pretese fiscali (Cass. 22786/2015). La giurisprudenza della Corte è così ferma nel ritenere “che le specifiche ragioni di urgenza non possano identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento (tra varie, vedi Cass. 12 agosto 2015, n. 16707; 7 agosto 2015, n. 16602; 15 luglio 2015, n. 14803; 28 marzo 2014, n. 7315; 5 febbraio 2014, n. 2592; 3 febbraio 2014, n. 2279; 3 febbraio 2014, n. 2281; 29 gennaio 2014, n. 1869), giacchè è dovere dell’amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale. “Altrimenti, si è rimarcato, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso; fermo restando, hanno rimarcato le sezioni unite, che spetta all’ufficio l’onere di provare in giudizio la sussistenza della situazione urgente. Qualora l’amministrazione deduca, quale circostanza di “particolare e motivata urgenza”, il fatto di non aver potuto rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni allegando giustappunto l’imminente scadenza del termini previsti per l’azione di accertamento, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento dell’obbligo, traducendosi nella deduzione che l’imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere l’obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte all’ufficio non imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza” (Cass. 16 marzo 2016, n. 5149).

In verità, nel caso di specie, è stata addotta dall’ufficio una ragione di urgenza diversa. Non è in discussione l’imminenza scadenza del termine per l’azione di accertamento, ma l’imminente scadenza della polizza fideiussoria rilasciata, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, comma 5, a garanzia del rimborso dell’eccedenza ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30. Tuttavia poichè la ragione di urgenza è comunque legata all’imminente scadenza di un termine correlato all’azione di accertamento, la verifica di idoneità ex art. 12, comma 77 non potrebbe farsi sulla base di principi e regole diverse, posto che la data di scadenza della polizza fideiussoria costituisce un fatto oggettivo, di cui l’ufficio è consapevole fin dal momento del rilascio. Pure in questo caso, pertanto, la ragione di urgenza non potrà consistere nel semplice riferimento temporale, ma, mutatis mutandis, l’oggetto della prova si atteggia negli stessi termini proposti per l’imminente scadenza del termine di decadenza per l’accertamento: e cioè l’imminente scadenza della polizza, intanto potrebbe porsi quale particolare ragione di urgenza ai sensi dell’art. 12, comma 7 statuto del contribuente, in quanto, “sia dipesa da fatti o condotte all’ufficio non imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza”, per ripetere le parole di Cass. 16 marzo 2016, n. 5149 cit.

Diversamente, nel caso in esame, in contrasto con tali principi, l’imminente scadenza risulta addotta dall’Ufficio senza alcun riferimento a fatti o elementi estranei alla sfera di responsabilità dell’ente impositore. Ne consegue che la circostanza temporale riguardante la scadenza della polizza fideiussoria, seppure ammessa nella sua materialità dalla contribuente, non è decisiva del giudizio, non essendo, in sè e per sè idonea, in assenza di quel riferimento, a giustificare l’anticipata emissione dell’atto impositivo.

Quanto alle altre ragioni di urgenza addotte nell’avviso, e cioè “la gravità delle violazioni della normativa Iva e la necessità di un rapido recupero”, si tratta di elementi del tutto generici e quasi tautologici, che a maggior ragione non possono configurare “particolare” ragione di urgenza idonea a giustificare la deroga del termine, secondo gli insegnamenti di questa suprema Corte. Pertanto, la valutazione di radicale inidoneità espressa in proposito dalla sentenza impugnata è immune da qualsiasi censura.

Il ricorso, pertanto, va interamente rigettato.

Nulla sulle spese.

PQM

La corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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