Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5947 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32399-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), PROCURA GENERALE presso la CORTE di

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto n. R.G. 20323/2017 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 16/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

M.A., nato in Pakistan, con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Brescia, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il richiedente ha riferito di essere fuggito dal Pakistan perchè, dopo essere stato convinto ad entrare in un gruppo di lavoro come guardia privata per la sicurezza, si era accorto che questo era un gruppo terroristico che lo aveva incaricato di uccidere due iman.

Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto concernente le ragioni della fuga dal Pakistan, rimarcandone la genericità, nonchè le ripetute contraddizioni e la difformità tra quanto esposto alla Commissione territoriale e quanto dichiarato dinanzi al giudicante ed ha escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b).

Ha valutato quindi, quanto alla domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), le condizioni socio/politiche del Pakistan, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel Paese, ed ha negato la protezione umanitaria non ravvisando peculiari situazioni personali di vulnerabilità, nè una situazione di integrazione in Italia.

Il ricorso è fondato su un unico motivo; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Il ricorrente preliminarmente chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come modificato dal D.Lgs. n. 13 del 2017, art. 6, laddove ha stabilito che il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la decisione di primo grado è di trenta giorni decorrente dalla comunicazione a cura della Cancelleria.

Sempre preliminarmente chiede di sollevare un’altra questione di legittimità costituzionale in relazione al D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, come conv. in L. n. 46 del 2017, per mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza nell’emanazione dello stesso decreto.

L’ultima richiesta riguarda il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, laddove è esclusa la reclamabilità del decreto del Tribunale, con conseguente riduzione ad uno dei gradi di merito.

1.2. Tali eccezioni di costituzionalità sono già state ritenute non rilevanti e comunque manifestamente infondate, la prima e la seconda con sentenza di questa Corte n. 17717 del 5/7/2018 e la terza con la ordinanza n. 27700 del 30/10/2018, alle quali è qui sufficiente rinviare.

2.1. Con l’unico motivo è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, per non avere riconosciuto il Tribunale al richiedente la protezione umanitaria, sia in ragione della condizioni di provenienza, sia del progetto di integrazione in Italia prodotto, in relazione alle sue attuali condizioni personali, anche richiamando il precedente costituito da Cass. n. 4455 del 23/2/2018.

2.2. Il motivo è inammissibile.

Giova ricordare, in tema di protezione umanitaria, che la condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento di tale forma di protezione deve essere ancorata a “una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e cui egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio” (Cass. n. 4455 del 23/2/2018, in motivazione, che ha trovato conferma in Cass. Sez. U, n. 29459 del 13/11/2019), dovendosi apprezzare la situazione particolare del singolo soggetto, non quella del suo paese d’origine in termini generali ed astratti.

E’ del tutto evidente che in presenza di un racconto non circostanziato e non credibile – come da accertamento del Tribunale, non impugnato dal ricorrente -non esista alcuna possibilità di comparazione con la situazione in cui aveva vissuto prima dell’allontanamento.

A ciò va aggiunto che risulta dirimente il difetto di qualsivoglia allegazione individualizzante in punto di vulnerabilità resa in fase di merito non esaminata, senza che la insussistenza dei presupposti accertata dal giudice del merito-e sostanzialmente confermata dal ricorrente – trovi una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso, formulato in termini generali.

In particolare non risulta puntualmente contestata la ravvisata inidoneità a comprovare l’integrazione sociale del rapporto di lavoro a tempo determinato instaurato in prossimità dell’udienza ed anche l’invocato bilanciamento non costituisce nel ricorso occasione per illustrare meglio il punto, di guisa che il precedente di legittimità non risulta efficacemente invocato.

3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

In assenza di attività difensiva della parte intimata non si provvede sulle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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