Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5945 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2022, (ud. 09/02/2022, dep. 23/02/2022), n.5945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23741-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

CHICCO SAS DI S.D., in persona del legale rappresentante

pro tempore, A.V., A.M.R.,

S.D., tutti in proprio nonché in qualità di soci della Società,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SICILIA 66, presso lo studio

dell’avvocato EDOARDO BELLI CONTARINI, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati LEONARDO LAVIOLA, DANIELA CUTARELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 504/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della BASILICATA, depositata il 10/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

L’amministrazione finanziaria emetteva ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e 42, tre avvisi di accertamento nei confronti della società Chicco s.a.s. di S.D. & C. e dei soci A.V. e S.D. per maggior reddito d’impresa ai fini IVA, IRAP ed IRES per l’anno d’imposta 2011, nonché degli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soli soci per recupero a tassazione dei maggiori redditi di partecipazione nella predetta società.

La CTR della Basilicata con la sentenza in epigrafe indicata riteneva infondato il gravame proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado e, nel merito, rilevava la portata generale del diritto al contraddittorio endoprocedimentale senza che fosse necessaria la prova della c.d. desistenza senza che fosse necessario l’utilità o meno dello strumento. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico, cui replicano la società Chicco s.a.s., S.D., A.V. e A.M.R. con controricorso.

Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto che anche nel caso di tributi non armonizzati l’obbligo del contraddittorio preventivo ed in quelli armonizzati non necessaria la prova della desistenza nonché per aver considerato l’obbligatorietà per il recupero delle imposte non armonizzate del contraddittorio endoprocessuale anche per le verifiche “a tavolino” così denominate perché effettuate sulla base di notizie acquisite da altre pubbliche amministrazioni, da terzi o da controlli incrociati o sulla base di informazioni fornite dallo stesso contribuente.

Il motivo è fondato.

Secondo il recante e consolidato orientamento giurisprudenziale formatasi in materia di tributi non armonizzati “Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto” (Cass. S.U. n. 24823 del 2015, Cass. n. 2192 del 2018, Cass. n. 6219 del 2018).

Si e’, inoltre, precisato (Cass. S.U. n. 24823 del 2015) che la previsione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non è fonte di un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a carico dell’Amministrazione fiscale; che deve essere attivato esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali ciò per la peculiarità di tali verifiche, caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione finanziaria nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli, peculiarità che giustifica quale controbilanciamento, il contraddittorio. Nel senso indicato militano univocamente il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) e, soprattutto, quello della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 1, (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco), che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali.

Ciò posto La CTR relativamente alla parte di accertamento che riguarda il tributo Irap non ha verificato se si trattasse come sostiene l’Agenzia delle Entrate di una indagine a tavolino per la quale non sussisteva alcun obbligo di contraddittorio.

Ai fini Iva, che è tributo armonizzato, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare che “in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. (Cass. S.U. n. 24823 del 2015, Cass. n. 2192 del 2018 e Cass. n. 6219 del 2018).

La CTR nell’affermare l’automatismo tra il mancato svolgimento del contraddittorio e l’invalidità dell’atto impositivo, nella parte riferita al tributo armonizzato senza dar conto se il contribuente avesse allegato o fornito elementi che dimostrassero un diverso esito del procedimento accertativo per effetto dell’attivazione del contraddittorio, ha malgovernato i principi giurisprudenziali di cui sopra si è dato conto.

La sentenza va cassata e rinviata alla CTR della Basilicata, in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Basilicata, in diversa composizione per un nuovo esame anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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