Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5938 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 5938 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA
sul ricorso 7753-2013 proposto da:

i.

RUBERTO RAFFAELE RBRRFL37R09C633Y, FARRIS
RAIMONDO FRRRND43E27A895D, ROVAI RINALDO
RVORLD43H28L675E,

DEL

PRIORE

QUINTO

MULAS

FRANCESCO

MLSFNC49L28F808Y,

BAGNO

SEBASTIANO

BGNSST46T1OH147E,

RICCARDI

FRANCESCO

DLPQNT41L02C765D,

RCCFNC45H17E0380, CATOZZI MARIO CTZMRA38T13F356G,
BULLO PAOLO BLLPLA39L30C368T, DESSI’ ANTONIO

55.50

DSSNTN37H13B738A,

BRUCCHERI

VITTORIO

BRCVTR33TO4G941I,

VARONE

CARMINE

VRNCMN42L04E557N,

MOSCETTI

SANDRO

Data pubblicazione: 13/03/2014

MSCSDR47R04L117P,

VARGIU

GIUSEPPE

VRGGPP53M09A8271D,

ACIERNO

AUGUSTO

GANI

CRNGST41H18A5805,

ANGELICO

GNANLC50T23H553K,

GIORDANO

CARMINE

GRDCMN43M07E923W,

PANCALLO

GIUSEPPE

PEROSA ROBERTO PRSRRT48R26G268Y, CASTAGNOLO
ADRIANO CSTDRN54L29F951G, PERU ANTONIO
PRENTN44A17I452Y, MANCOSU GESUINO
MNCGSN45T23L122S, DE TROIA FRANCESCO
DTRFNC52A08L447H, GAMBUTI DINO GMBDNI48P14I459B,
ARENA GIUSEPPE RNAGPP37T20F299N, LOMBARDO
SALVATORE LMBSVT40C29D423R, GASPERINI GIOVANNI
GSPGNN44S27E688J, PROIETTI LUCIANO
PRTLCN47E24F611Q, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
ANTONIO BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato LIPPI
ANDREA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SIMONETTA MARCHETTI, giuste procure speciali in calce al
ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580 in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende, ope legis;
– resistente –

Ric. 2013 n. 07753 sez. M2 – ud. 26-11-2013
-2-

PNCGPP42H12G971W, PILLON RINO PLLRNI47T24I403Y,

avverso il decreto nel procedimento R.G. 249/2012 della CORTE
D’APPELLO di BOLOGNA del 20.7.2012, depositato il 13/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Andrea Lippi che si riporta agli scritti.

GIOVANNI RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso e per la
condanna alle spese.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 10 maggio 2012 presso la Corte di appello di Bologna
Giuseppe ARENA, Paolo BULLO, Angelico GANI, Carmine GIORDANO, Sandro
MOSCETTI, Giuseppe PANCALLO, Roberto PEROSA, Antonio PERU, Rino
PILLON, Francesco RICCARDI, Raffaele RUBERTO, Raimondo FARRIS, Carmine
VARONE, Mario CATOZZI, Rinaldo ROVAI, Gesuino MANCOSU, Adriano
CASTAGNOLO, Salvatore LOMBARDO, Antonio DESSI’, Francesco DE TROIA,
Quinto DEL PRIORE, Francesco MULAS, Vittorio BRUCCHERI, Giuseppe
VARGIU, Augusto ACIERNO, Sebastiano BAGNO, Dino GAMBUTI, Luciano
PROIETTI e Giovanni GASPERINI proponevano, ai sensi della legge n. 89 del
2001, domanda di equa riparazione del danno patrimoniale e non sofferto a causa
della non ragionevole durata del giudizio di equa riparazione introdotto — in grado di
appello – dinnanzi alla Terza Sezione Giurisdizionale Centrale della Corte dei Conti,
con ricorso depositato il 17 aprile 2008, al fine di ottenere la riforma della sentenza
emessa dalla Sezione Giurisdizionale Regione Friuli Venezia Giulia che aveva
respinto la domanda per il ricalcolo e la riliquidazione del trattamento pensionistico
in godimento con inclusione e computo nella base pensionabile del 18% ex art. 53
del D.P.R. n. 1092 del 1973, dell’indennità di cui alla legge n. 468 del 1987,

Ric. 2013 n. 07753 sez. M2 – ud. 26-11-2013
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E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

procedimento definito con sentenza pubblicata il 24 novembre 2011, per cui il grado
di appello era durato tre anni e sette mesi, ossia un anno e sette mesi oltre il limite
(di due anni) previsto dalla Corte dei diritti dell’uomo.
La Corte di appello di Bologna, con decreto in data 13 agosto 2012, rigettava il
ricorso ritenendo che il periodo eccedente la ragionevole durata del processo

specie sviluppatosi nei due gradi di cognizione di merito, per cui essendo — secondo
i criteri posti dalla CEDU — la durata ragionevole del processo per il primo ed il
secondo grado complessivamente di cinque anni, nulla riferito ovvero richiesto dai
ricorrenti quanto al primo grado di giudizio, essendo la durata del giudizio di appello
pari a complessivi tre anni e sette mesi, doveva ritenersi inferiore ai termini di cui
sopra.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per Cassazione ARENA, BULLO,
GANI, GIORDANO, MOSCETTI, PANCALLO, PEROSA, PERU, PILLON,
RICCARDI, RUBERTO, FARRIS, VARONE, CATOZZI, ROVAI, MANCOSU,
CASTAGNOLO, LOMBARDO, DESSI’, DE TROIA, DEL PRIORE, MULAS,
BRUCCHERI, VARGIU, ACIERNO, BAGNO, GAMBUTI, PROIETTI e GASPERINI,
affidato a tre motivi, costituito il Ministero dell’economia e delle finanze al solo fine
dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza e/o del
procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. o, in subordine, omessa
motivazione e/o motivazione apparente circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio per avere la corte di merito nel respingere il ricorso ritenuto ragionevole la
durata del giudizio presupposto pur eccedente di un anno e sette mesi i termini
indicati dalla CEDU, presumendo che complessivamente la durata del giudizio non
tic. 2013 n. 07753 sez. M2 – ud. 26-11-2013
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dovesse essere valutato in riferimento all’intera durata del processo stesso, nella

eccedeva il quinquennio. Di converso — assumono i ricorrenti — che il giudice
distrettuale non ha tenuto conto che, contrariamente a quanto affermato, il
processo di primo grado era durato oltre sei anni, ma le pretese rispetto a detto
grado erano state avanzate in altro separato giudizio di equa riparazione, durato
complessivamente il giudizio presupposto dieci anni.

illogica sempre in ordine alla medesima questione posta con il primo mezzo; infine
con il terzo motivo è censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 legge
n. 89 del 2001, 13 e 41 CEDU, nonché 2697, comma, 1 c.c., perché su errato
presupposto di fatto, la corte di merito ha errato nel ritenere provata dai ricorrenti
l’irragionevole durata del giudizio contabile.
I tre mezzi — intimamente connessi — vanno trattati congiuntamente. Essi sono
inammissibili.
Contrariamente a quanto supposto dai ricorrenti, i quali hanno svolto
argomentazioni astratte e svincolate dalla specificità delle considerazioni contenute
nel decreto impugnato, la Corte d’appello non ha affatto escluso, in linea di
principio, il diritto degli stessi a percepire l’indennizzo per la irragionevole durata del
giudizio, con riferimento al primo e al secondo grado, ma ha ritenuto che non
poteva tenersi conto del periodo relativo al procedimento avanti alla sezione
giurisdizionale Regione Friuli Venezia Giulia, atteso che i ricorrenti nulla aveva
riferito (e quindi chiesto) quanto al primo grado, non ipotizzabile una limitazione
della domanda.
La Corte d’appello ha poi rilevato che per i ricorrenti non era ipotizzabile alcuna
lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, atteso che dal momento
della introduzione del giudizio di appello a quello della decisione era decorso un
periodo, tre anni e sette mesi, inferiore a quello ritenuto ragionevole di cinque anni.

Ric. 2013 n. 07753 sez. M2 – ud. 26-11-2013
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Con il secondo motivo è dedotto il vizio di motivazione contraddittoria e

Orbene, le generiche argomentazioni contenute nel ricorso non attingono in alcun
modo la ratio decidendi del provvedimento impugnato.
Per completezza deve rilevarsi che il profilo principale delle doglianze, sebbene
prospettate in relazione alla violazione dello standard di durata della procedura, in
effetti non incidono sui criteri di determinazione della durata ragionevole del

stati avanzati rilievi, in cinque anni, ma in realtà si incentra, in maniera per altro
meramente assertiva, sull’errata individuazione del termine iniziale per determinare
la durata del processo.
In tal modo le censure si rivelano, anche sotto detto profilo, inammissibili,
essendosi in realtà denunciato un vizio di natura revocatoria, non deducibile in
questa sede. Ben vero, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, che
il collegio condivide e intende in questa sede confermare, l’errore revocatorio,
previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, è quello dovuto alla falsa percezione di una
circostanza decisiva in contrasto con quanto manifestamente emergente dagli atti,
ossia l’errore che, consistendo in una mera svista materiale, abbia indotto il giudice
ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto che i documenti e gli atti di causa
escludevano, ovvero l’inesistenza di un fatto che, da tali atti e documenti, risultava
invece positivamente affermato (Cass. SS.UU. n. 5303 del 1997; Cass. n. 1232 del
1999; Cass. n. 12983 del 1999; Cass. n. 2057 del 2000; Cass. n. 9198 del 2004;
Cass. n. 3190 del 2006; Cass. n. 7127 del 2006; Cass. n. 9396 del 2006).
Di qui la conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nulla per le spese, non avendo l’Avvocatura generale dello Stato svolto, ma solo
preannunciato la propria attività difensiva.
Risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente
dal pagamento del contributo unificato, non sì deve far luogo alla dichiarazione di
cui all’art. 13, comma 1 quater del T.U. approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n.
Ric. 2013 n. 07753 sez. M2 – ud. 26-11-2013
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giudizio, nella specie individuata dalla corte territoriale, senza che sul punto siano

115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità
2013).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

novembre 2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI – 2^ Sezione Civile, il 26

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