Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5938 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2021, (ud. 14/01/2020, dep. 04/03/2021), n.5938

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina M. – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. MUCCI Robert – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3531/2014 proposto da:

F.N., elettivamente domiciliato in Roma, viale Parioli n.

43, presso lo studio dell’Avv. Francesco d’Ayala Valva,

rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Caforio giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 43/4/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

DELLA CALABRIA, depositata il 22 marzo 2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 gennaio 2020 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Calabria ha accolto – a seguito di rinvio disposto da Sez. 5, 26 maggio 2010, n. 12837 “ad altra sezione della CTR di Reggio Calabria” – il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Cosenza di accoglimento dei ricorsi, riuniti, di F.N. contro distinti avvisi di accertamento emessi dall’ufficio di Rossano per il pagamento di imposte varie, sanzioni e interessi relativamente agli anni 1996, 1997 e 1998;

2. la CTR ha ritenuto, previa ricognizione dei principi enunciati da questa Corte con la citata pronuncia, che: a) la propria precedente sentenza era stata cassata “perchè sostanzialmente priva di motivazione”; b) il profilo della violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (che aveva determinato l’annullamento degli atti di accertamento nel giudizio di primo grado) non poteva essere valutato poichè non specificamente censurato dal F.; c) a fronte degli accertamenti operati dall’ufficio e fondanti gli avvisi di accertamento, il contribuente non aveva assolto l’onere di contestarli e confutarli debitamente;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione F.N. affidato a tre motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso; parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

4. giova premettere che: i) la CTP di Cosenza accolse i ricorsi di F.N. rilevando che erroneamente gli avvisi di accertamento erano motivati per relationem rispetto a un processo verbale di constatazione non allegato agli stessi, notificati dopo l’entrata in vigore della L. n. 212 del 2000, art. 7; ii) con sentenza n. 59/2006 la CTR della Calabria accolse l’appello dell’amministrazione ritenendo sufficiente il rinvio al p.v.c. sottoscritto dal contribuente e nulla la sentenza della CTP per carenza di motivazione ed erronea valutazione dei fatti di causa; iii) con la citata sentenza n. 12837/2010 questa Corte accolse il ricorso del F. rinviando “ad altra sezione della CTR di Reggio Calabria”; iv) nel disporre il rinvio questa Corte rigettò il primo motivo di ricorso sulla motivazione per relationem degli atti impositivi (precisando che la questione della violazione dell’art. 7 cit. sarebbe stata preclusa nel giudizio di rinvio) e accolse il secondo e terzo motivo, denuncianti vizi motivazionali, affermando che “i giudici di appello, lungi dall’esaminare analiticamente le argomentazioni addotte dal contribuente, si rifugiano in una generica formula motivazionale che non spiega le ragioni del convincimento e che potrebbe essere posta a base di qualsiasi decisione di ratifica dell’operato degli uffici finanziari. (…) Motivare il convincimento significa invece esplicitare il percorso logico-giuridico che ha portato alla adozione di una decisione, lungo una direttrice di costante collegamento biunivoco tra fatto e diritto”; v) la CTR della Calabria ha deciso nei sensi surriferiti;

5. tanto premesso, sui motivi di ricorso:

5.1. con il primo motivo F.N. denuncia nullità della sentenza, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 383 c.p.c.: sebbene il giudizio di rinvio fosse stato da lui incardinato “proprio dinanzi alla CTR sez. di Reggio Calabria”, tuttavia “Diversamente da quanto indicato nella pronuncia della S.C., (…), il Presidente della CTR di Catanzaro assegnava, per ben due volte, la causa alla sez. IV e non alla sez. di Reggio Calabria” (p. 7 del ricorso) e ciò illegittimamente, essendo l’indicazione del giudice di rinvio reggino vincolante ex art. 383 c.p.c. poichè espressamente contenuta nella sentenza della Corte di cassazione, la quale non si era limitata ad indicare una generica e diversa sezione della CTR catanzarese;

5.2. con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c.: la CTR, errando nell’individuare i principi cui conformarsi in sede di rinvio, avrebbe offerto una motivazione “nuovamente insufficiente ed illogica laddove recepisce in maniera acritica ed apodittica le affermazioni contenute nell’accertamento dell’AF” (pp. 10-11 del ricorso);

5.3. con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio sotteso agli artt. 2697 e 2727 c.c., nonchè del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, non avendo il giudice del rinvio tenuto conto delle repliche del contribuente alle contestazioni mossegli dagli accertatori, con conseguente onere a carico dell’amministrazione di dimostrare l’infondatezza di dette allegazioni;

6. il primo mezzo è infondato;

6.1. la sentenza di appello cassata da questa Corte (con rinvio “ad altra sezione della CTR di Reggio Calabria”) è stata emessa dalla CTR della Calabria (Catanzaro), competente sulle impugnazioni delle decisioni della CTP di Cosenza, a sua volta competente a conoscere, come nella specie, degli atti dell’ufficio di Rossano (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 4, commi 1 e 2;

6.2. ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, art. 1, comma 1-bis, sull’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria, e del D.M. 6 giugno 2000, recante “Istituzione di sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali”, è istituita in Reggio Calabria una sezione staccata della CTR della Calabria con sede in Catanzaro (cfr. D.M. cit., art. 1, punto 2: “La commissione tributaria regionale della Calabria, con sede in Catanzaro, opera anche nella sede di Reggio Calabria con sei sezioni (nell’ambito territoriale di Reggio Calabria)”);

6.3. deve allora ribadirsi, anche nel caso di specie – a differenza di quanto opinato dal ricorrente sulla base dell’argomento formale dell’espresso rinvio olim operato da questa Corte “ad altra sezione della CTR di Reggio Calabria” -, l’insegnamento di Sez. U, 27 febbraio 2008, n. 5087 (e successive conff. Sez. 1, 2 febbraio 2012, n. 1527, Sez. 6-3, 12 novembre 2014, n. 24042 e Sez. 6-5, 5 maggio 2017, n. 11120) secondo cui, tra l’altro, “La sentenza che dispone il rinvio a norma dell’art. 383 c.p.c., comma 1, (cosiddetto rinvio proprio o prosecutorio), contiene una statuizione di competenza funzionale nella parte in cui individua l’ufficio giudiziario davanti al quale dovrà svolgersi il giudizio rescissorio (che potrà essere lo stesso che ha emesso la pronuncia cassata o un ufficio territorialmente diverso, ma sempre di pari grado) ed una statuizione sull’alterità del giudice rispetto ai magistrati persone fisiche che hanno pronunciato il provvedimento cassato. Ne consegue che, se il giudizio viene riassunto davanti all’ufficio giudiziario individuato nella sentenza della Corte di cassazione, indipendentemente dalla sezione o dai magistrati che lo trattano, non sussiste un vizio di competenza funzionale, che non può riguardare le competenze interne tra sezioni o le persone fisiche dei magistrati; (…)”;

6.4. invero, con la detta pronuncia le Sezioni Unite – decidendo una fattispecie in cui, nel giudizio di rinvio, la sentenza era stata emessa non dalla diversa sezione designata, ma dalla stessa sezione dell’organo giudiziario che aveva pronunciato la sentenza cassata, con giudici diversi – hanno composto un contrasto manifestatosi sulla portata dell’art. 383 c.p.c., comma 1, affermando che: a) nel rinvio cd. proprio o prosecutorio, si rimette alla Corte di cassazione la scelta del giudice del rinvio sulla base di due soli requisiti: che si tratti di un giudice di pari grado e che sia un giudice “altro” rispetto a quello che ha emesso la sentenza impugnata; b) solo il primo requisito integra una questione di competenza, mentre l’espressione “altro giudice” non impone il rinvio ad altro “ufficio giudiziario”; c) l’individuazione del giudice (inteso come ufficio giudiziario) del rinvio prosecutorio integra un’affermazione di competenza funzionale inderogabile (sub specie di competenza per grado) dello stesso; d) “Sennonchè una volta ritenuto che il concetto di competenza viene in rilievo solo con riferimento all’ufficio giudiziario unitariamente inteso, la sentenza cassatoria nell’individuare quale sia tale ufficio giudiziario del rinvio ha completato la sua pronunzia nella parte di pura individuazione del giudice competente. (…) “stesso giudice”, ai fini della competenza, è l’ufficio giudiziario cui appartiene la sezione a suo tempo designata dalla Cassazione con rinvio ex art. 383 c.p.c., non detta sezione, e l’articolo citato non comporta che l’organo designato assume in ogni caso il connotato di ufficio designato nel senso in cui se parla a proposito della competenza propriamente intesa” (punto 6.3); e) è principio consolidato che la ripartizione delle attribuzioni tra le sezioni di un ufficio giudiziario non dà luogo a questione di competenza e che le sezioni distaccate costituiscono articolazioni interne del medesimo ufficio giudiziario e, in quanto tali, sono prive di rilevanza esterna, sicchè i rapporti tra sede principale e sede distaccata non possono mai dare luogo a questioni di competenza; f) ne consegue che “la sentenza che dispone il rinvio costituisce individuazione del giudice funzionalmente competente (e quindi statuizione sulla competenza) nella sola parte che individua l’ufficio giudiziario di pari grado davanti al quale dovrà riassumersi il giudizio di rinvio, che potrà, quindi, essere o lo stesso ufficio giudiziario o altro ufficio, purchè di pari grado, mentre le locuzioni “ad altra sezione” o “in diversa composizione” sono espressioni sostanzialmente equipollenti per affermare la necessità dell’alterità del giudice, come persona fisica, rispetto a quello che ha pronunziato la sentenza cassata” (punto 7.1);

6.5. va pertanto affermato il seguente principio di diritto: “nel rinvio cd. proprio o prosecutorio, a norma dell’art. 383 c.p.c., comma 1, il provvedimento cassa torio esaurisce l’individuazione del giudice del rinvio con l’indicazione dell’ufficio giudiziario, unitariamente inteso, di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, senza che rilevi anche l’articolazione organizzativa interna in sezioni dell’ufficio giudiziario indicato”;

7. il secondo e il terzo mezzo, da scrutinarsi congiuntamente poichè all’evidenza connessi, devono essere del pari disattesi poichè in parte inammissibili e in parte infondati;

7.1. deve premettersi che il ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di rinvio disposto a norma dell’art. 383 c.p.c. è disciplinato, quanto ai motivi deducibili, dalla legge temporalmente in vigore all’epoca della proposizione dell’impugnazione, in base al generale principio processuale tempus regit actum e a quello secondo cui il giudizio di rinvio, a seguito di cassazione, integra una nuova ed autonoma fase processuale di natura rescissoria: ne consegue che, se la sentenza conclusiva del giudizio di rinvio è stata pubblicata – come nella specie – dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (Le. dall’11 settembre 2012), si applica l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) nella nuova formulazione restrittiva introdotta dal D.L. cit., art. 54, comma 1, lett. b), (cfr. Sez. 6-3, 18 dicembre 2014, n. 26654; conf. Sez. 3, 24 maggio 2016, n. 10693);

7.2. ciò posto, deve in primo luogo chiarirsi che la CTR della Calabria ha correttamente operato la ricognizione dei principi espressi da questa Corte con la sentenza n. 12837/2010 (ammissibilità della motivazione per relationem; irretrattabilità della questione della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7) per poi procedere al riesame del merito disposto da questa Corte, offrendo così una nuova motivazione rispetto a quella, meramente apparente, spesa dalla sentenza cassata; il “principio” asseritamente enucleato dal ricorrente a p. 10 del ricorso con il secondo mezzo (“Motivare il convincimento significa invece esplicitare il percorso-logico giuridico che ha portato alla adozione di una decisione, lungo una direttrice di costante collegamento biunivoco tra fatto e diritto”) tale non è, costituendo all’evidenza una mera notazione di carattere generale nel contesto della motivazione cassatoria;

7.3. orbene, la CTR, muovendo dalle irregolarità riscontrate dagli accertatori in sede di verifica fiscale, ha – sia pur sinteticamente, ma esaustivamente – valutato dette irregolarità partitamente per ciascuno degli anni (1996, 1997 e 1998) oggetto di verifica, espressamente indicandole anno per anno (ricevute fiscali omesse, operazioni imponibili non fatturate, indebite detrazioni IVA per costi inerenti e non spettanti, omessa contabilizzazione di maggiori ricavi, detrazioni di costi non pertinenti: tutti analiticamente individuati dagli accertatori anche con riferimento ai documenti contabili posti a fondamento della verifica fiscale, come appunto dato conto dalla CTR), ed ha perciò ritenuto, con apprezzamento insindacabile in questa sede, non conducenti le generiche censure del contribuente a fronte dell’analitica e completa ricostruzione della sua situazione reddituale operata, nei sensi testè detti, dall’ufficio;

7.4. alla luce delle coordinate interpretative del nuovo n. 5) dell’art. 360 c.p.c. fissate da Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 – tra l’altro in fattispecie relativa proprio all’impugnazione per cassazione di sentenza di una CTR – una motivazione siffatta risulta rispettosa del “minimo costituzionale” richiesto per il sindacato di legittimità sulla motivazione, non sovvenendo nella specie un’anomalia motivazionale tale da tramutarsi nell’inesistenza della motivazione in sè immediatamente percepibile dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, in quanto concretante – come chiarito dalle Sezioni Unite – la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” o la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;

7.5. nè la CTR è incorsa nell’omesso esame del fatto decisivo: invero, la censura in tal senso mossa con il terzo mezzo dal contribuente si concreta, piuttosto, in un preteso omesso esame di risultanze istruttorie (e, in definitiva, in una censura alla complessiva valutazione delle presunzioni operata dalla CTR) che, di per sè, non integra affatto il detto vizio (in tal senso, ancora, Sez. U, n. 8053/2014 cit.) e perciò trasmoda in un’inammissibile richiesta di rivalutazione alternativa dei fatti.

8. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, poste conseguentemente a carico di parte ricorrente. Doppio contributo unificato secondo legge, sussistendone i presupposti processuali.

PQM

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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