Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5937 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 5937 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA
sul ricorso 7752-2013 proposto da:
STELLATO PASQUALE STLPQL43R22E784C, FILIPPELLI
RENATO FLPRNT46L26M169C, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA ANTONIO BAIAMONTI 4, presso lo studio
dell’avvocato LIPPI ANDREA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SIMONETTA MARCHETTI, giusta procura
speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580 in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 13/03/2014

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende, ope legis;

resistente

D’APPELLO di BOLOGNA del 10.7.2012, depositato il 10/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Andrea Lippi che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso e per la
condanna alle spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 10 maggio 2012 presso la Corte di appello di Bologna

Renato FIL1PPELLI e Pasquale STELLATO proponevano, ai sensi della legge n. 89
del 2001, domanda di equa riparazione del danno patrimoniale e non sofferto a
causa della non ragionevole durata del giudizio di equa riparazione introdotto — in
grado di appello – dinnanzi alla Terza Sezione Giurisdizionale Centrale della Corte
dei Conti, con ricorso depositato il 7 marzo 2008, al fine di ottenere la riforma della
sentenza emessa dalla Sezione Giurisdizionale Regione Friuli Venezia Giulia che
aveva respinto la domanda per il ricalcolo e la riliquidazione del trattamento
pensionistico in godimento con inclusione e computo nella base pensionabile del
18% ex art. 53 del D.P.R. n. 1092 del 1973, dell’indennità di cui alla legge n. 468
del 1987, procedimento definito con sentenza pubblicata 11 12 ottobre 2011, per cui
il grado di appello era durato tre anni, sette mesi e cinque giorni, ossia un anno e
sette mesi oltre il limite (di due anni) previsto dalla Corte dei diritti dell’uomo.

Ric. 2013 n. 07752 sez. M2 – ud. 26-11-2013
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avverso il decreto nel procedimento R.G. 178/2012 della CORTE

La Corte di appello di Bologna, con decreto in data 10 agosto 2012, rigettava il
ricorso ritenendo che il periodo eccedente la ragionevole durata del processo
dovesse essere valutato in riferimento all’intera durata del processo stesso, nella
specie sviluppatosi nei due gradi di cognizione di merito, per cui essendo — secondo
i criteri posti dalla CEDU — la durata ragionevole del processo per il primo ed il

ricorrenti quanto al primo grado di giudizio, essendo la durata del giudizio di appello
pari a complessivi tre anni e sette mesi, doveva ritenersi inferiore ai termini di cui
sopra.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per Cassazione FILIPPELLI e
STELLATO, affidato a tre motivi, costituito il Ministero dell’economia e delle finanze
al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza e/o del
procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. o, in subordine, omessa
motivazione e/o motivazione apparente circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio per avere la corte di merito nel respingere il ricorso ritenuto ragionevole la
durata del giudizio presupposto pur eccedente di un anno e sette mesi i termini
indicati dalla CEDU, presumendo che complessivamente la durata del giudizio non
eccedeva il quinquennio. Di converso — assumono i ricorrenti — che il giudice
distrettuale non ha tenuto conto che, contrariamente a quanto affermato, il
processo di primo grado era durato oltre sei anni, ma le pretese rispetto a detto
grado erano state avanzate in altro separato giudizio di equa riparazione, durato
compies3ivamente l giudizio presupposto dieci anni.
Con il secondo motivo è dedotto il vizio di motivazione contraddittoria e
illogica sempre in ordine alla medesima questione posta con il primo mezzo; infine
con il terzo motivo è censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 legge
Ric. 2013 n. 07752 sez. M2 – ud. 26-11-2013
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secondo grado complessivamente di cinque anni, nulla riferito ovvero richiesto dai

n. 89 del 2001, 13 e 41 CEDU, nonché 2697, comma, 1 c.c., perché su errato
presupposto di fatto, la corte di merito ha errato nel ritenere provata dai ricorrenti
l’irragionevole durata del giudizio contabile.
I tre mezzi — intimamente connessi — vanno trattati congiuntamente. Essi sono
inammissibili.

argomentazioni astratte e svincolate dalla specificità delle considerazioni contenute
nel decreto impugnato, la Corte d’appello non ha affatto escluso, in linea di
principio, il diritto degli stessi a percepire l’indennizzo per la irragionevole durata del
giudizio, con riferimento al primo e al secondo grado, ma ha ritenuto che non
poteva tenersi conto del periodo relativo al procedimento avanti alla sezione
giurisdizionale Regione Friuli Venezia Giulia, atteso che i ricorrenti avevano
trascurato completamente l’esigenza di dare conto della cronologia maturata
durante la doppia fase del giudizio pensionistico.
La Corte d’appello ha poi rilevato che per i ricorrenti non era ipotizzabile alcuna
lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, atteso che dal momento
della introduzione del giudizio di appello a quello della decisione era decorso un
periodo inferiore a quello ritenuto ragionevole di cinque anni.
Orbene, le generiche argomentazioni contenute nel ricorso non attingono in alcun
modo la ratio decidendi del provvedimento impugnato.
Per completezza deve rilevarsi che il profilo principale delle doglianze, sebbene
prospettate in relazione alla violazione dello standard di durata della procedura, in
effetti non incidono sui criteri di determinazione della durata ragionevole del
giudizio, nella specie individuata dalla corte territoriale, senza che sul punto siano
stati avanzati rilievi, in cinque anni, ma in realtà si incentra, in maniera per altro
meramente assertiva, sull’errata individuazione del termine iniziale per determinare
la durata del processo.
Ric. 2013 n. 07752 sez. M2 – ud. 26-11-2013
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Contrariamente a quanto supposto dai ricorrenti, i quali hanno svolto

In tal modo le censure si rivelano, anche sotto detto profilo, inammissibili,
essendosi in realtà denunciato un vizio di natura revocatoria, non deducibile in
questa sede. Ben vero, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, che
il collegio condivide e intende in questa sede confermare, l’errore revocatorio,
previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, è quello dovuto alla falsa percezione di una

ossia l’errore che, consistendo in una mera svista materiale, abbia indotto il giudice
ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto che i documenti e gli atti di causa
escludevano, ovvero l’inesistenza di un fatto che, da tali atti e documenti, risultava
invece positivamente affermato (Cass. SS.UU. n. 5303 del 1997; Cass. n. 1232 del
1999; Cass. n. 12983 del 1999; Cass. n. 2057 del 2000; Cass. n. 9198 del 2004;
Cass. n. 3190 del 2006; Cass. n. 7127 del 2006; Cass. n. 9396 del 2006).
Di qui la conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nulla per le spese, non avendo l’Avvocatura generale dello Stato svolto, ma solo
preannunciato la propria attività difensiva.
Risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente
dal pagamento del contributo unificato, non sì deve far luogo alla dichiarazione di
cui all’art. 13, comma 1 quater del T.U. approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità

circostanza decisiva in contrasto con quanto manifestamente emergente dagli atti,

2013).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI – 2^ Sezione Civile, il 26
novembre 2013.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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