Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5935 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 04/03/2021), n.5935

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25822-2019 proposto da:

B.L., BO.MA., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato

ANGELO COLUCCI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIOVANNI FRANCHI;

– ricorrenti –

contro

BANCO BPM SPA, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NAZIONALE 204, presso lo studio

dell’avvocato LUCA ZITIELLO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 423/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata l’08/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

 

Fatto

RILEVATO

– che con sentenza dell’8 febbraio 2019 la Corte d’appello di Bologna ha respinto l’impugnazione avverso la decisione di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Parma, che aveva a sua volta disatteso le domande di nullità, risoluzione, annullamento e risarcimento del danno, con riguardo a contratto di intermediazione finanziaria concluso fra le parti nel 1999 ed all’acquisto di titoli “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” negli anni 2000, 2002 e 2003;

– che avverso la sentenza viene proposto ricorso per cassazione dai soccombenti, sulla base di due motivi, illustrati anche da memoria;

– che si difende con controricorso l’intimata, depositando anche la memoria.

Diritto

RITENUTO

– che i motivi vanno come di seguito riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 23 t.u.f., in quanto manca nel contratto-quadro la firma del legale rappresentante della banca, nè al cliente è stata consegnata una copia del documento contrattuale;

2) violazione o falsa applicazione dell’art. 21 t.u.f. e del Reg. Consob n. 11522 del 1998, art. 29, in quanto, in punto di fatto, e come ritenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, le obbligazioni (OMISSIS) erano ad alto rischio, emesse da una finanziaria estera, la Cirio Finance s.a., senza informazioni ai clienti; e, afferma parte ricorrente, “anche questa Corte d’appello si pronunciata su un caso analogo”, donde la necessità di denunciare “gli errori del giudice di prime cure” alla stregua della “recentissima sentenza della S.C. n. 18039112”, ampiamente riprodotta nel ricorso;

– che la corte del merito, per quanto ora rileva, nel decidere circa i due motivi di appello – esattamente speculari a quelli odierni – ha affermato come: a) il contratto a firma del solo cliente è valido, ai sensi della sentenza Cass. sez. un. 898 del 2018; b) non vi è stata violazione degli obblighi informativi, attesa la media o alta esperienza speculativa dei clienti, la prova delle informazioni rese, la mancanza di appello circa l’adeguatezza delle operazioni e, comunque, la sussistenza di tale requisito;

– che, ciò posto, il primo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis c.c., comma 1, n. 1, laddove pretende di sostenere tesi opposta al principio affermato dalle citate sezioni unite, già richiamate dalla sentenza di appello, senza offrire il pur minimo argomento in contrario; ed è inammissibile, altresì, laddove introduce il fatto nuovo della pretesa mancata consegna del documento contrattuale al cliente, atteso il costante orientamento di legittimità, per il quale, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – sia stata del tutto ignorata dal giudice di merito, il ricorrente, al fine di evitare una statui7ione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicità di tale asserzione (cfr. Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 2 aprile 2014, n. 7694; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 31 agosto 2007, n. 18440): ed, invero, i motivi del ricorso per cassazione devono investire a pena di inammissibilità questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, di modo che è preclusa la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi o introducano, comunque, piste ricostruttive fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli allegati nelle precedenti fasi processuali (cfr. Cass. 13 aprile 2004, n. 6989);

– che il secondo motivo è radicalmente inammissibile, in quanto la parte ricorrente – come risulta dalla lettura del motivo e dalle espressioni sopra riportate – si limita a riprodurre il motivo proposto con l’atto di appello, onde impugna la sentenza di primo grado e non si confronta affatto con gli argomenti esposti dalla sentenza impugnata:

– che, invero, secondo i principi consolidati, il ricorso per cassazione è ancorato ad uno dei cinque vizi del provvedimento impugnato, previsti dall’art. 360 c.p.c., cui ciascuna doglianza deve poter essere agevolmente ricondotta: pertanto, il ricorrente ha l’onere di indicare puntualmente, a pena di inammissibilità, oltre alle norme asseritamente violate, anche l’esatto capo della pronunzia impugnata, prospettando altresì le argomentazioni intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, secondo l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni (ex multis, Cass., sez. un., n. 25392/2019; Cass. n. 635/2015; Cass. n. 26307/2014; Cass. n. 16038/2013; Cass. n. 22348/2007; Cass. n. 5353/2007; Cass. n. 4178/2007; Cass. n. 828/2007);

– che le spese di lite seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore della controricorrente, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori, come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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