Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5931 del 13/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 5931 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

o

SENTENZA

sul ricorso 5661-2008 proposto da:
CASTI S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, ALLUMINIO DONGO S.P.A. IN LIQUIDAZIONE
(già FRANCO TOSI ALLUMINIO SPA), in persona del
Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliate
in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso
2014
135

l’Avvocato BIAMONTI LUIGI, che le rappresenta e
difende unitamente agli avvocati VANZETTI ADRIANO e
PUERARI SERGIO, giusta procure a margine del
ricorso;

Data pubblicazione: 13/03/2014

FRANCO TOSI MECCANICA S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70,
presso l’Avvocato GUARDASCIONE BRUNO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Notaio dott. ALBERTO BULDINI di BOLOGNA – Rep.n.5
del 8.1.2014;
– ricorrenti contro

ITALMOBILIARE S.P.A., in persona del Direttore
Generale pro tempore, FRANCO TOSI S.R.L., in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA DI PIETRA
26, presso l’avvocato JOUVENAL LONG DANIELA,
rappresentate e difese dagli avvocati GUGLIELMETTI
GIOVANNI, LANCIANI CESARE, giusta procure speciali
per Notaio CARLO MARCHETTI di MILANO
rispettivamente

Rep.n.3958

e

Rep.n.3957

del

MAFFEI ALBERTI ALBERTO, giusta procura speciale per

28.3.2008;
– controricorrenti contro

ANSALDO ENERGIA S.P.A., PUBBLICO MINISTERO PRESSO
LA CORTE DI APPELLO DI MILANO;
– intimati –

2

sul ricorso 10143-2008 proposto da:
ANSALDO ENERGIA S.P.A.

(P.I.

03279700102),

in

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA
135, presso l’avvocato BERRUTI PAOLO, che la

controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

ITALMOBILIARE S.P.A. (c.f. 00796400158), in persona
del Direttore Generale pro tempore, FRANCO TOSI
S.R.L. (c.f. 80008610018), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliate in ROMA, PIAZZA DI PIETRA 26, presso
l’avvocato JOUVENAL LONG DANIELA, rappresentate e
difese dagli avvocati GUGLIELMETTI GIOVANNI,
LANCIANI CESARE, giusta procure speciali per Notaio
CARLO MARCHETTI di MILANO rispettivamente
Rep.n.3958 e Rep.n.3957 del 28.3.2008;

rappresenta e difende, giusta procura a margine del

– controricorrenti al ricorso incidentale contro

CASTI

S.P.A.,

FRANCO

TOSI

MECCANICA

S.P.A.,

ALLUMINIO DONGO S.P.A. IN LIQUIDAZIONE ;

avverso la sentenza n.

intimate

113/2008 della CORTE

3

D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 20/01/2014 dal Consigliere
Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito, per le ricorrenti, l’Avvocato P.L. BIAMONTI,

uditi, per le controricorrenti, gli Avvocati C.
LANCIANI e G. GUGLIELMETTI che si riportano ai
motivi;
uditi, per la ricorrente FRANCO TOSI MECCANICA, gli
Avvocati A. MAFFEI ALBERTI e B. GUARDASCIONE (con
procura speciale notarile depositata in udienza)
che si riportano al ricorso;
udito,

per

la controricorrente

e

ricorrente

incidentale ANSALDO, l’Avvocato P. BERRUTI che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità dei motivi primo, settimo, ottavo

con delega, che si riporta;

e nono, in subordine rigetto, rigetto dei motivi
restanti; assorbito il ricorso incidentale, in
subordine inammissibilità o rigetto.

4

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 23/27 febbraio 2001, la

assumendo di essere titolari di diritti esclusivi sul nome “Franco
Tosi” sia come denominazione sociale, sia come marchio,
convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, sezione
distaccata di Legnano, la Franco Tosi Meccanica s.p.a., la Franco
Tosi Alluminio s.p.a. e la Casti s.p.a., per sentirle dichiarare
responsabili della violazione dei loro diritti sul nome “Franco
Tosi” e del compimento di atti di concorrenza sleale, con le
pronunce consequenziali di inibitoria dell’uso del nome “Franco
Tosi”, condanna generica al risarcimento del danno, fissazione di
una penale, ritiro e distruzione dei prodotti e del materiale
pubblicitario

riproducente

il

nome

“Franco

Tosi “,e pubblicazione del dispositivo dell’emananda sentenza.
Le società convenute si costituivano in giudizio mediante il
deposito di un’unica comparsa in data 12 aprile 2001, nella quale
spiegavano di essere le continuatrici dell’attività della storica

Italmobiliare s.p.a. e la Franco Tosi s.p.a. (ora Franco Tosi s.r.1.),

Franca Tosi di Legnano, da oltre un secolo una delle principali
imprese italiane nel settore meccanico, siderurgico ed elettrico, e di
avere acquisito nel 2000, insieme all’azienda della originaria
Franca Tosi, anche i diritti di utilizzare questo nome come marchio

quindi come le pretese delle attrici fossero infondate e chiedevano
in via principale che venissero rigettate le domande avversarie, ed
in via riconvenzionale che venisse dichiarata la nullità del marchio
delle attrici stesse. La Franca Tosi Meccanica s.p.a., la Franca Tosi
Alluminio s.p.a. e la Casti s.p.a. chiedevano inoltre di essere
autorizzate a chiamare in causa l ‘Ansaldo Energia s.p.a., ossia la
società dalla quale avevano acquistato l’originaria azienda della
Franca Tosi e il diritto ad utilizzare il relativo nome, per essere
tenute indenni da ogni eventuale pregiudizio derivante dalle
pretese delle società attrici.
Disposta la chiamata in causa del terzo, la Ansaldo Energia si
costituiva in giudizio mediante il deposito di una comparsa con la
quale sollevava preliminarmente eccezioni sia di carenza di
giurisdizione (nei soli confronti di Casti) per essere la domanda di
manleva sottoposta alla cognizione di arbitri, sia di incompetenza
t

e come ditta/denominazione sociale. Le convenute rilevavano

per territorio del Tribunale adito; e, nel merito, chiedeva in
subordine che venissero rigettate tutte le domande proposte nei
suoi confronti.
Il Giudice della sezione distaccata di Legnano, rilevato che la

richiedeva la decisione collegiale, disponeva la trasmissione del
fascicolo alla sezione centrale del Tribunale di Milano.
Con sentenza n. 3839/2004, il Tribunale di Milano, in
accoglimento delle domande proposte dalle attrici, dichiarava
l’illiceità dell’utilizzo del nome “Franco Tosi” da parte di Casti
s.p.a., Franco Tosi Meccanica s.p.a. e Franco Tosi Alluminio s.p.a.,
sia come denominazione sociale sia come marchio, inibendone
l’uso e pronunciando le ulteriori misure consequenziali domandate
dalle attrici. Il Tribunale rigettava inoltre le domande proposte
dalle convenute nei confronti della società terza chiamata.
Contro questa sentenza Casti s.p.a., Franco Tosi Meccanica
s.p.a. e Franco Tosi Alluminio s.p.a., proponevano appello con atto
notificato in data 8 luglio 2004, chiedendo l’integrale riforma della
sentenza di primo grado.
Il 28 ottobre 2004 si costituivano in giudizio Italmobiliare s.p.a.

domanda riconvenzionale proposta dalle società convenute

e Franco Tosi s.p.a. (ora Franco Tosi s.r.1.) chiedendo, in via
principale, il rigetto dell’appello proposto da Casti s.p.a., Franco
Tosi Meccanica s.p.a. e Franco Tosi Alluminio s.p.a. e, in via
incidentale, la riforma della decisione di primo grado nella parte in

compimento di atti di concorrenza sleale e, più in generale, di atti
illeciti ai sensi dell’art. 2043 c.c. ai loro danni.
Il 23 novembre 2004 si costituiva anche Ansaldo Energia s.p.a.
domandando il rigetto delle domande formulate da Casti s.p.a., da
Franco Tosi Meccanica s.p.a e da Franco Tosi Alluminio s.p.a. nei
suoi confronti.
Con sentenza n. 113/08 la Corte d’Appello di Milano
respingeva sia l’appello principale di Casti s.p.a., Franco Tosi
Meccanica s.p.a. e Franco Tosi Alluminio s.p.a., sia quello
incidentale di Italmobiliare s.p.a. e di Franco Tosi s.p.a. (ora
Franco Tosi s.r.1.), confermando la sentenza di primo grado.
Avverso questa decisione, ricorrono per cassazione la Casti
s.p.a., la Franco Tosi Meccanica s.p.a. e la Franco Tosi Alluminio
s.p.a. (ora Alluminio Dongo s.p.a. in liquidazione), chiedendone
l’annullamento parziale. Resistono con separati controricorsi, da

cui non aveva ritenuto responsabili le società del gruppo Casti del

un lato, l’Immobiliare spa e la Franco Tosi srl e, dall’altro,
l’Ansaldo Energia spa che propone altresì ricorso incidentale cui
resistono con controricorso l’Immobiliare spa e la Franco Tosi srl.

Il ricorso principale e quello incidentale vanno preliminarmente
riuniti.
Con il primo motivo di ricorso principale le ricorrenti
sostengono che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che
“il principio della connessione tra ditta e azienda di cui all’art.
2565… vale ad impedire il trasferimento della ditta separatamente
dall’azienda ma non comporta il divieto della diversa vicenda
nella quale la cessione di azienda non sia accompagnata dalla
cessione della ditta, la quale così rimanga di pertinenza
dell’originario titolare, che continui, come nel caso di specie a
farne uso senza alcuna reazione da parte dell’acquirente di
azienda” .Secondo le ricorrenti il principio di cui all’art 2565 c.c.
sarebbe applicabile solo alle imprese individuali, ma non anche
alle grandi imprese con organizzazione societaria .Inoltre il
mantenimento della ditta in capo alla venditrice dell’azienda

5.

Motivi della decisione

avrebbe comportato una situazione di concorrenza sleale ai sensi
dell’art 2557 c.c.
Il motivo in esame contiene infine una censura alla decisione
proposta sotto il profilo del vizio di motivazione.

L’articolo 2565 ,comma secondo, c.c espressamente prevede
che, nel caso di trasferimento dell’azienda, la ditta non viene
trasferita all’acquirente se non con il consenso dell’alienante.
Tale principio è stato ribadito da questa Corte che a più riprese
ha affermato che nel caso di trasferimento di azienda il contestuale
trasferimento anche della ditta (ai sensi del secondo comma
dell’art. 2565 cod. civ.) deve essere oggetto di una distinta
manifestazione di volontà negoziale, che tuttavia non richiede
un’esplicita menzione della ditta nell’atto di trasferimento, potendo
la volontà di estendere quest’ultimo alla ditta ricavarsi
dall’interpretazione dell’atto, sulla base dei criteri interpretativi
indicati dagli artt. 1362 e s. cod. civ. ( Cass 7305/09; Cass
3234/98; Cass 2755/94).
L’assunto delle ricorrenti di trasferimento necessario della ditta
unitamente all’azienda non trova quindi fondamento.

í

Il motivo è infondato.

Ciò posto, occorre considerare che nel caso di specie si è trattato
— come incidentalmente osservato dalle stesse ricorrenti – di
trasferimento di una azienda facente capo ad una società di capitali
e dunque ciò di cui si discute non è il collegato trasferimento o

meno di una ditta, bensì di una denominazione sociale.
L’articolo 2567 c.c. inserito nel capo II del titolo VIII del libro
V del codice civile relativo alla ditta ed all’insegna espressamente
stabilisce che la ragione sociale e la denominazione sociale sono
regolate dai titoli V e VI del medesimo libro ma che tuttavia ad
esse si applicano le disposizioni dell’art 2564 c.c. che prevede
l’obbligo di modificare la ditta quando questa in quanto uguale o
simile a quella usata da altro imprenditore può causare confusione
in ragione dell’oggetto dell’attività e del luogo ove essa è
esercitata.
Proprio in ragione del mancato richiamo dell’art 2565 c.c da
parte dell’art. 2567 c.c questa Corte, in relazione al trasferimento
di una azienda facente capo ad una società di capitali , ha ritenuto con una risalente sentenza – che non è stata peraltro mai oggetto di
contrasto da parte di altre e che ha trovato consenso da parte di un
ampia dottrina – che la denominazione sociale, investendo la sua

4

funzione distintiva la stessa soggettività della società non può
essere oggetto di autonoma circolazione neppure insieme
all’azienda ( Cass 1078/68) e ciò perché la cessione dell’azienda
non estingue la persona giuridica la cui continuità ed identità è

sociale. ( Cass 1078/68).
La giurisprudenza in esame ha poi ulteriormente affermato che”
la società non potrebbe disporre della sua denominazione sociale
in cui sia incluso il nome di un socio avendo questi consentito alla
inclusione in relazione a quella determinata società” ; fattispecie
questa ricorrente nel caso di specie.
La ulteriore questione posta con il motivo in esame relativa al
collegamento interpretativo con l’art 2557 c.c, risulta del tutto
inconferente nel caso di specie poiché la conservazione della ditta
o della denominazione sociale in capo all’alienante prescinde dal
successivo svolgimento della sua attività imprenditoriale e dalla
possibilità — da accertare in concreto – se questa possa interferire
quanto ad oggetto , ubicazione o altre circostanze con quella
dell’acquirente l’azienda.
Per quanto riguarda poi il vizio di motivazione, lo stesso,

preservata proprio dal mantenimento della sua denominazione

riguardante il significato del nome Franco Tosi nella consuetudine
linguistica e nel ricordo presso il pubblico, tendendo a proporre
una diversa interpretazione degli elementi emersi nel processo
rispetto a quella ,del tutto adeguata, fornita dalla Corte territoriale

in occasione dell’esame del secondo motivo di appello, involge
invero delle mere questioni di fatto che investono il merito della
decisione impugnata e che , come tali, non sono proponibili in
questa sede di legittimità.
Con il secondo motivo, le ricorrenti principali censurano
l’interpretazione della Corte di appello dell’atto di conferimento di
complesso aziendale” con il quale nel 1988 Franco Tosi Industriale
conferì a F.T.C. Legnano i rami d’azienda turbine e caldaie
osservando che l’art. 2 del predetto atto dispone che il
conferimento comprende anche “il diritto ai nomi Franco Tosi
Industriale, Franco Tosi, F. Tosi, e Tosi che potranno essere
utilizzati per la produzione di boilers e turbine”.
Secondo le ricorrenti, la Corte di appello avrebbe ritenuto che

quest’ultimo trasferimento in realtà non vi sia stato”

non

motivando adeguatamente tale conclusione e violando la norma in
tema di unitarietà dei segni distintivi (art. 13 legge marchi ora art.

4

22 codice della proprietà industriale).
Con il terzo motivo, le ricorrenti censurano il riferimento
effettuato dalla Corte di appello all’accordo quadro con ABB per
ricostruire la comune volontà della parti dell’atto di conferimento

Legnano non era parte di detto accordo, e ,dall’altro, che la
clausola dell’atto di conferimento era già di per sé, per il suo tenore
letterale, chiara e univoca, onde per cui non si poteva far ricorso al
“criterio sussidiario” della comune volontà delle parti.
Con il quarto motivo si dolgono del fatto che la Corte di appello
abbia tenuto conto, ai fini dell’interpretazione dell’atto di
conferimento, anche del comportamento successivo tenuto dalle
parti dell’atto di conferimento, e in particolare del fatto che F.T.C.
Legnano non adottò mai la denominazione sociale France Tosi e
mai nulla obiettò alla prosecuzione dell’uso della denominazione
stessa da parte della Franco Tosi Industriale. Affermano che la
mera inerzia o il ritardo nell’esercizio di un diritto non
costituiscono elementi sufficienti per poter dedurre una volontà del
suo titolare a “rinunciare” al diritto medesimo.
Gli indicati motivi prospettano complessivamente un vizio di

nella FTC Legnano. Esse obbiettano, da un lato, che F.T.C.

interpretazione del contratto sotto i diversi profili di una errata
interpretazione del dato letterale che non necessitava del ricorso
alla intenzione delle parti contraenti e di una errata applicazione
del comportamento successivo delle parti nonché di un vizio di

relativamente alla violazione del principio di unicità dei segni
distintivi per avere ritenuto trasferito il marchio di fatto e non
anche la ditta.
I motivi in esame, tra loro connessi, possono essere esaminati
congiuntamente anche unitamente al primo motivo del ricorso
incidentale che pone una analoghe questioni deducendo che
erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che con l’atto di
conferimento di azienda intercorso tra la Franco Tosi industriale e
la FTCL si fosse trasferito solo il marchio di fatto e non anche la
ditta.
I motivi sono infondati.
La Corte d’appello ha interpretato il dato letterale dell’Accordo
del 22.12.88 rilevando che la Franco Tosi Industriale trasferiva
alla FTCL ” il complesso aziendale posseduto in Legnano e
Canegrate nonché il diritto ai nomi Franco Tosi Industriale,

11

motivazione .Inoltre deducono un profilo di violazione di legge

Franco Tosi,F.Tosi e Tosi che possono essere utilizzati per la
produzione di boilers e turbine”.
Da tale tenore letterale la Corte d’appello ha desunto che detto
accordo non prevedeva il trasferimento della denominazione

produzione di boilers e turbine nel senso quindi di un trasferimento
di marchi in quanto collegati ai prodotti.
A rafforzamento della interpretazione letterale, la sentenza ha
poi osservato, sotto il profilo della comune intenzione delle parti,
che l’accordo in questione costituiva attuazione dell’accordo
quadro del 14.11.88, intercorso tra la Italmobiliare e la Asea
Brown Boveri (ABB) che, pure intercorso in assenza della FTCL,
tuttavia costituiva il presupposto del successivo accordo , ove era
espressamente previsto che ciò che veniva garantito alla Newco ( e
cioè alla futura FTCL ad hoc costituita ) era proprio il diritto
esclusivo di uso come marchi dei nomi riportati poi nell’accordo
del 22 dic. 1988 in stretta connessione con i boilers e le turbine e
che ogni altro uso dei nomi stessi era proibito.
Non è dubbio che, sotto il profilo interpretativo, essendo tale
accordo del 14.11.88 il presupposto contrattuale in base al quale è

4.2

sociale ma solo dei nomi sovraindicati in stretta correlazione alla

avvenuto il successivo trasferimento dell’azienda del 22.12.88, lo
stesso costituiva un elemento correttamente utilizzabile al fine di
ricostruire la volontà delle parti.
La sentenza impugnata ha poi osservato che il comportamento

tra le stesse concordato, dimostrava quale fosse l’effettivo
contenuto dell’Accordo.
Trattasi di una motivazione del tutto coerente e logicamente
argomentata che pone in corretta connessione i dati contrattuali
con il comportamento delle parti e che ricostruisce in modo del
tutto plausibile la loro effettiva intenzione.
La stessa non risulta pertanto suscettibile di sindacato in questa
sede di legittimità.
Le censure che le ricorrenti muovono a siffatta interpretazione
tendono in realtà a prospettare una diversa interpretazione degli
accordi e dei comportamenti delle parti in tal modo investendo
inammissibilmente il merito della decisone.
Del tutto inconferente appare poi la questione relativa alla
rinuncia ovvero alla decadenza per mancato uso del nome Franco
Tosi da parte della FTCL e di Ansaldo.

±3

successivo delle parti , che per un decennio si è attenuto a quanto

La Corte d’appello si è infatti limitata ad accertare il mancato
trasferimento della denominazione sociale e l’argomento del
mancato uso della stessa da parte delle ricorrenti è stato utilizzato
non già per accertarne la rinuncia o la decadenza ma

delle parti successivo alla stipula del contratto che con questo non
si era provveduto a trasferire la denominazione sociale.
Quanto alla questione della violazione della norma in tema di
unitarietà dei segni distintivi (art. 13 legge marchi ora art. 22
codice della proprietà industriale),sollevata in particolare con il
secondo motivo, la stessa è infondata.
Occorre infatti rilevare che il principio della unitarietà dei segni
distintivi di cui all’ad 13 1. m ,applicabile ratione temporis, opera
sotto il profilo della protezione dei segni stessi al fine di evitare
pericoli di confusione tra i consumatori Sotto tale profilo l’articolo
in questione detta, in particolare, il divieto di adottare come ditta,
denominazione o ragione sociale o insegna un segno uguale o
simile ad un precedente marchio se in ragione dell’affinità
dell’attività delle due imprese e dei loro prodotti o servizi è
possibile che si determini un rischio di confusione tra il pubblico.

4.

esclusivamente per argomentare sotto il profilo del comportamento

L’articolo 13 1.m non contiene alcuna norma relativa all’ipotesi
di trasferimento di una ditta o denominazione sociale ovvero di un
marchio.
Come è noto, tale aspetto è disciplinato quanto alla ditta dall’art

sociale , mentre per i marchi trovano applicazione ,ratione
temporis , l’art 2573 c.c e l’art 15 legge marchi nel rispettivo testo
anteriore alla riforma operata dal d.lgs n. 480 del 1992.( v. Cass .
26901/08,Cass 14787/07).
La normativa in questione prevede ,per quanto concerne la
ditta, che questa non può essere trasferita separatamente
dall’azienda e che in caso di trasferimento di azienda per atto tra
vivi, la ditta si trasferisce all’acquirente solo con il consenso
dell’alienante (consenso che nel caso di specie è stato accertato
non essere stato accordato).
Lo stesso principio vale per il marchio nel senso che questo,
secondo il concorde disposto dell’art 15 1.m. e 2567 c.c., non può
essere trasferito se non in occasione del trasferimento dell’azienda
o di un ramo particolare di questa ( principio abrogato ,come è
noto, dall’attuale art 23 c.p.i che prevede al contrario la

4. 5

2565 c.c e dall’art 2567 per la ragione sociale o denominazione

trasferibilità del marchio anche disgiunto dall’azienda) .
L’art 15 1.m prevede poi , per evitare il pericolo di confusione
tra i consumatori che è alla base del principio della unitarietà dei
segni distintivi dell’impresa, che il trasferimento del marchio non

sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico.
A sua volta l’art 2573 ,comma secondo, c.c. prevede che quando
un marchio è costituito da un segno figurativo , da una
denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il
diritto all’uso esclusivo di esso sia trasferito insieme con l’azienda
( tale ultima previsione normativa sarà oggetto di specifica
valutazione in occasione dell’esame del sesto motivo di ricorso
principale).
La normativa fin qui esaminata si presenta dunque come
differenziata per ciò che concerne la ditta ed il marchio nel caso di
trasferimento dell’azienda e nessuna disposizione prevede che in
caso di trasferimento dell’azienda, qualora venga trasferito anche il
marchio, debba essere trasferita anche la ditta o la denominazione
sociale, tranne il caso peculiare di presunzione di cui all’art 2753,
comma secondo, c.c. di cui si dirà. In particolare nessun

i

deve trarre in inganno sui caratteri dei prodotti o delle merci che

collegamento la normativa in esame prevede con l’art 13 1.m.
tranne il riferimento ,già esaminato, al fatto che il trasferimento del
marchio non deve trarre in inganno il pubblico.
La doglianza esaminata non merita dunque accoglimento.

ritenuto che FTCL e poi Ansaldo Gie avrebbero comunque perduto
anche il diritto ai marchi Tosi, non avendone mai fatto uso dal
momento dell’acquisto del ramo di azienda turbine e caldaie della
Franco Tosi Industriale (1988) in avanti. Inoltre contestano la
sentenza per non aver considerato se la “ripresa” di tale uso
avvenuta nel 2000 non fosse valsa a sanare la perdita del diritto a
seguito del mancato uso in applicazione analogica dell’art. 24 n. 3
c.p.i, riferito ai marchi registrati, ma analogicamente applicabile
secondo le ricorrenti anche ai marchi di fatto.
Il motivo è inammissibile in quanto censura una ratio decidendi
inesistente.
Invero la sentenza impugnata non ha in alcun modo preso in
esame la questione della perdita del diritto delle ricorrenti sui
marchi ceduti dalle resistenti e non si rinviene dunque in essa
alcuna pronuncia relativa a tale questione essendosi la Corte

Con il quinto motivo le ricorrenti censurano la sentenza per aver

d’appello limitata ad affermare il non avvenuto trasferimento della
denominazione Franco Tosi e non già la decadenza o la rinuncia ai
marchi trasferiti.
Con il sesto motivo censurano la sentenza di appello, per come

alla denominazione sociale non sia applicabile la regola sulla
presunzione di trasferimento insieme all’azienda dettata dall’art.
2573 Co. 2 c.c. in relazione ai marchi.
Il motivo è inammissibile.
Premesso quanto già esposto su tale argomento in occasione
dell’esame del secondo motivo di ricorso ( congiuntamente con il
terzo ed il quarto ) si osserva che sul punto la Corte d’appello ha
rilevato che nel caso di specie non ricorrevano gli estremi della
ditta derivata poiché alla data di cessione dell’azienda (1988) la
ditta coincideva con il nome del cedente.
Le ricorrenti contestano tale assunto sostenendo che la ditta era
a carattere derivativo essendo risalente probabilmente ai primi del
1900 ed essendo stata già oggetto di trasferimenti prima di
pervenire alla Franco Tosi Industriale.
Trattasi di un assunto che richiede, prima di ogni altra
18

la doglianza risulta cristallizata nel quesito, laddove ha ritenuto che

valutazione , un accertamento in punto di fatto improponibile in
sede di legittimità non avendo oltretutto le ricorrenti neppure
dedotto ed indicato ove tale questione era stata posta nel giudizio
di appello e non essendovi di essa traccia nella sentenza

Con il settimo motivo le ricorrenti censurano la sentenza della
Corte di appello per non aver considerato che, in ogni caso, non
svolgendo più la originaria Franco Tosi e la Franco Tosi
Industriale dopo il 1988, alcuna attività produttiva, e operando
soltanto come società holding, ogni interferenza con l’uso della
medesima denominazione da parte della Franco Tosi Meccanica e
della Franco Tosi Alluminio a partire dal 2000 era da escludere in
ragione del diverso campo di attività. In particolare le ricorrenti
insistono nel considerare irrilevante l’uso della denominazione
Franco Tosi del gruppo Italmobiliare nel campo della “attività
finanziaria” trattandosi di settore completamente diverso e ben
distante da quello della “attività produttiva”. Pertanto ad avviso
delle ricorrenti comunque le società del gruppo Casti avrebbero
lecitamente adottato (a titolo originario se non derivativo) il segno
Franco Tosi a partire dall’amo 2000, poiché all’epoca non esisteva

impugnata.

alcun soggetto che poteva vietare loro tale uso.
Il motivo è manifestamente infondato.
La denominazione sociale in quanto relativa all’individuazione
della società come soggetto di diritto prescinde dall’oggetto

corso della loro esistenza le società mutare l’oggetto della propria
attività senza che ciò comporti un mutamento della loro
soggettività e senza quindi che ciò renda necessaria una modifica
della loro denominazione o che consenta ad altri l’uso della stessa.
Con l’ottavo motivo le ricorrenti contestano la sentenza per non
aver considerato che il marchio depositato nel 2000 dalla Franco
Tosi s.r.l. fosse nullo ai sensi dell’art. 22 1. marchi, perché
depositato “anche per le classi di prodotti e servizi relativi alle
attività industriali svolte dalle ricorrenti, benché la titolare del
marchio non abbia mai operato in questo settore, né mai abbia
progettato di operarvi”. La nullità deriverebbe anche dal carattere
emulativo della registrazione.
Il doglianza appare per certi versi inammissibile e per altri
infondata.
La circostanza che il marchio sia stato richiesto per classi di

9_ o

sociale di questa e dall’attività in concreto svolta, potendo nel

prodotti e servizi in cui la resistente non aveva operato e non aveva
intenzione di operare è innanzi tutto una petizione di principio non
essendo stati forniti — come rilevato dalla Corte d’appello elementi per addurre una mancanza di intento ad operare nel

settore relativo alle classi richieste.
Comunque, l’art 22 legge marchi, come modificato dal decreto
legislativo 480 del 1992, prevede la possibilità di registrare un
marchio non solo per utilizzarlo per la propria attività commerciale
o industriale, ma anche per cederlo a terzi.
Di qui la assoluta irrilevanza della circostanza che il marchio
fosse richiesto per classi estranee all’attività svolta dalla resistente
potendo questa comunque chiedere la registrazioni al mero fine di
cedere il marchio a terzi una volta registrato.
Per quanto concerne il carattere emulativo della registrazione,
esso è stato escluso dalla sentenza impugnata con ampia e coerente
motivazione incentrata sulla considerazione che la ricorrente non
vantava alcuna aspettativa di tutela in suo favore del nome Franco
Tosi e ciò perché non vi era stato alcun trasferimento della ditta
(rectius denominazione sociale) dalla Franco Tosi Industriale alla

FTLC sia perché non vi era stata alcuna valida cessione del nome

9.1

4

Franco tosi Ingegneria da Ansaldo Energia a Casti. In sostanza la
Italmobiliare aveva provveduto a tutelare propri diritti già esistenti.
Trattasi di motivazione del tutto adeguata e corrispondente a
quanto già si è avuto di accertare con l’esame dei motivi

Tale motivazione non costituisce oggetto di specifica censura
onde la lamentata natura emulativa della registrazione resta al
livello di apodittica affermazione con la quale si tende a
prospettare — senza alcuna adeguata argomentazione – una diversa
interpretazione delle risultanze processuali, in tal modo investendo
inammissibilmente il merito della decisione.
Con il nono motivo di ricorso le ricorrenti lamentano, sotto il
profilo del vizio di motivazione, che la Corte di appello abbia
omesso di motivare sul difetto di novità del marchio Franco Tosi
depositato nel 2000 per essere questo anticipato “dai più risalenti
diritti legati all’azienda di Legnano fin dal XIX secolo”, diritti che
sarebbero stati “trasferiti a Casti e alle società del suo gruppo da
Ansaldo o comunque pervenuti a Casti e alle società del suo
gruppo in conseguenza dell’acquisto degli stabilimenti di
Legnano”.

2

precedenti.

Il motivo per come sintetizzato dal dianzi riportato quesito
appare inammissibile.
Un precedente acquisto dei diritti sul nome Franco Tosi da parte
delle ricorrenti risulta escluso da quanto fin qui detto.

l’adozione della denominazione Franco Tosi da parte di una delle
ricorrenti era avvenuta solo due giorni prima del deposito del
marchio Franco Tosi da parte di una delle resistenti e pertanto non
aveva avuto di fatto divulgazione alcuna come segno distintivo
onde la stessa non era tale da escludere il carattere di novità del
marchio depositato. Era onere delle ricorrenti, in osservanza del
principio di autosufficienza del ricorso dedurre di avere posto con
l’atto di appello tale questione , ma nulla di tutto ciò si rinviene nel
ricorso onde la questione appare nuova e ,come tale non
scrutinabile in questa sede di legittimità.
Con il decimo motivo le ricorrenti deducono la violazione
dell’art 342 cpc e del vizio motivazionale laddove la Corte
d’appello ha ritenuto privo di specificità il motivo di appello
relativo al mancato riconoscimento della garanzia cui l’Ansaldo
sarebbe stata tenuta nei loro confronti. A tal fine riproduce nel

t3

La sentenza risulta inoltre incentrata sull’unico punto che

ricorso il brano dell’atto di appello ove venivano avanzate le
censure ritenute generiche ed aspecifiche dalla sentenza
impugnata.
Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha riportato il contenuto del motivo di
appello , per esteso riprodotto nel motivo di ricorso in esame, e ne
ha rilevato la genericità.
Invero dalla lettura dello stesso si evince la correttezza della
valutazione del secondo giudice.
Il motivo di appello infatti altro non fa che censurare la
decisione del tribunale riportandosi ad alcuni documenti prodotti
di cui non viene ripetuto il contenuto e sulla base dei quali
nessuna argomentazione critica viene svolta nei confronti della
sentenza del giudice di primo grado, limitandosi il motivo ad
affermare apoditticamente che da detti atti si ricavava che la
Ansaldo Energia aveva inteso cedere a Casti spa il diritto alla
denominazione ed al marchio Franco Tosi e non solo a quelli
Franco Tosi Ingegneria.
Con l’undicesimo motivo lamentano la violazione dell’art 345
cpc perché la Corte d’appello non avrebbe motivato sulla
8111

4

indispensabilità del documento prodotto in secondo grado e
dichiarato inammissibile.
Il motivo è infondato.
Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale già

comma, cod. proc. civ., il collegio è tenuto a motivare
esclusivamente l’indispensabilità che giustifica l’ammissione del
documento per la prima volta prodotto in sede di gravame , in
deroga alla regola generale che invece ne prevede il divieto, ma
non anche la mancata ammissione delle prove ritenute non
indispensabili, che si conforma alla predetta regola generale. ( Cass
16971/09, Cass 15346/10).
Comunque nel caso di specie, la Corte d’appello ha fornito
motivazione sul punto laddove ha rilevato che ,a prescindere dalla
inammissibilità della nuova produzione, le ricorrenti non avevano
fornito alcuna argomentazione in ordine alla rilevanza della nuova
documentazione rispetto al tema decisivo della specificità o meno
dell’accordo trasferito con l’accordo quadro del gennaio 2000.
Tale motivazione appare del tutto corretta poiché non è
comunque dubbio che la parte che produca in sede di appello un

espresso da questa Corte secondo cui a norma dell’art. 345, terzo

documento nuovo ha l’onere di dedurne anche il carattere della
decisività nel senso che lo stesso sarebbe idoneo a portare ad una
decisione diversa da quella assunta in primo grado.
Resta da esaminare il secondo motivo del ricorso incidentale

ha ritenuto che nessun trasferimento della denominazione Franco
Tosi Ingegneria vi sarebbe stata da Ansaldo Energia a Casti.
L’infondatezza di tale motivi discende da quanto già in
precedenza detto ed in particolare in occasione dell’esame del
quinto motivo.
Una volta escluso infatti che vi fosse stato il trasferimento della
denominazione sociale assieme al trasferimento dell’azienda in
favore di FTCL è evidente che quest’ultima non avrebbe potuto a
sua volta trasferire la detta denominazione ai suoi successivi
cessionari e pertanto nulla poteva in tal senso essere pervenuto ad
Ansaldo Energia.
Entrambi i ricorsi vanno in conclusione respinti. I ricorrenti
principali e quello incidentale vanno conseguentemente condannati
( i primi in solido tra loro) al pagamento ciascuno delle spese
processuali liquidate come da dispositivo

.

2,6

con cui la Ansaldo contesta la decisione della Corte d’appello che

PQM
Riunisce i ricorsi e li rigetta ; condanna i ricorrenti principali in
solido e quello incidentale al pagamento ciascuno delle spese di
giudizio liquidate in euro 10.000,00 oltre euro 200,00 per

Ro a 20.1.14
Il

ns.est.
t

esborsi ed oltre accessori di legge.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA