Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5926 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5926 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

Data pubblicazione: 13/03/2014

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SENTENZA

sul ricorso 8141-2008 proposto da:
AGRICOLA BERTI S.S., nella qualità di incorporante
l’AZIENDA AGRICOLA LA PALAZZINA DI CONTI MARIO E C.
S.S., in persona del legale rappresentante pro
tempore ,elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
GIUNONE REGINA l, presso l’avvocato CARLEVARO
2013
1797

ANSELMO, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLI
GIAMPIERO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

C.A.F.A.R.

SOCIETA’

AGRICOLA

COOPERATIVA

FRA

ALLEVATORI ROMAGNOLI A R.L., in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA GERMANICO 146, presso l’avvocato MOCCI
ERNESTO, che la rappresenta e difende unitamente

margine del controricorso;
– controricorrente contro

AGRICOLA BIONATURE S.R.L., AVICOLA SANTA LUCIA
S.R.L.;
– intimate –

avverso la sentenza n.

648/2007 della CORTE

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/11/2013 dal Consigliere Dott. ANDREA
SCALDAFERRI;
udito,

per

la

controricorrente

CAFAR

SCAR,

l’Avvocato MOCCI ERNESTO che ha chiesto il rigetto

all’avvocato MUCCIOLI SAURO, giusta procura a

del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo
Con due successivi atti di citazione, notificati nel
giugno e nel settembre 2001, la società semplice
Azienda Agricola La Palazzina di Conti Mario & c., la

s.r.1., che sino al 4 aprile 2001 erano state socie
della C.A.F.A.R. s.c.r.1., convenivano quest’ultima
società dinanzi al Tribunale di Forlì impugnando di
nullità (per violazione dei principi di chiarezza e
precisione) le due deliberazioni assunte dall’assemblea
ordinaria nelle riunioni del 20 maggio 2000 e del 9
giugno 2001 con le quali erano stati approvati,
rispettivamente, il bilancio relativo all’esercizio
chiuso al 31.12.1999 e il bilancio relativo
all’esercizio chiuso al 31.12.2000. Nella seconda
citazione, inoltre, veniva chiesto l’accertamento della
causa di scioglimento della società convenuta,
costituita dalla perdita del capitale sociale,
verificatasi nel corso dell’esercizio chiuso al
31.12.2000, e la nomina del liquidatore. La C.A.F.A.R.
contestava le domande sotto più profili, chiedendone il
rigetto.
Riunite le due cause, ed espletata consulenza tecnica
d’ufficio, il Tribunale, con sentenza in data 27 giugno
2004, ravvisata -anche se con riferimento ad alcune
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Avicola Santa Lucia s.r.l. e la Agricola Bionature

soltanto delle prospettazioni di parte attrice- la
violazione dei principi di chiarezza e verità posti
dall’art.2423 cod.civ., dichiarava la nullità delle
delibere di approvazione dei bilanci 1999 e 2000,

proposta in corso di causa, la domanda di accertamento
dell’avvenuto scioglimento della cooperativa convenuta.
La sola società semplice Azienda Agricola La Palazzina
di Conti Mario & c. proponeva appello, cui resisteva la
C.A.F.A.R.
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza depositata
il 24 maggio 2007 e notificata il 17 gennaio 2008, in
parziale riforma della sentenza impugnata riteneva
ammissibile (in quanto tempestivamente proposta nella
seconda citazione) la domanda di accertamento della
causa di scioglimento, rigettandola tuttavia nel merito
sulla base delle seguenti considerazioni: a)l’appello,
nella restante parte, era da ritenere inammissibile per
difetto di specificità dei motivi, essendosi
l’appellante limitata a chiedere genericamente
l’accertamento delle ulteriori irregolarità di bilancio
lamentate in primo grado e non riconosciute dal
tribunale, senza addurre alcuna giustificazione a
supporto argomentativo di tale pretesa; b)poiché,
secondo le non più contestabili valutazioni del
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dichiarando invece inammissibile, perché tardivamente

consulente tecnico d’ufficio recepite dal tribunale, il
totale delle rettifiche da apportare al bilancio al
31.12.99 ammontava a lire 2.088.775.155, tali
rettifiche non erano idonee a condurre alla perdita

al 31.12.2000 in lire 2.544.862.478; c)conseguentemente
la domanda di accertamento della relativa causa di
scioglimento è priva di fondamento.
Avverso tale sentenza, la società semplice Azienda
Agricola Berti, che nelle more ha incorporato la
originaria appellante, ha proposto ricorso per
cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste con
controricorso lo CAFAR s.c.r.l.
Motivi della decisione
1. Con i primi due motivi la ricorrente lamenta che la
sentenza d’appello, accogliendo le conclusioni del
consulente tecnico d’ufficio il quale aveva omesso di
rispondere in modo completo ad un quesito peritale, ha,
da un lato, condiviso il vizio afferente la consulenza,
dall’altro ha omesso di motivare circa (la questione
non adeguatamente approfondita dal consulente, e cioè)
la necessità di una rettifica del bilancio 2000 volta
ad espungere dalla voce dell’attivo “immobilizzazioni
materiali” una posta (di 481 milioni di lire)

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integrale del patrimonio netto, indicato nel bilancio

corrispondente ad una non giustificata capitalizzazione
dei costi sostenuti dalla società nell’esercizio 2000
per il completamento di un determinato progetto. Deduce

di diritto (artt.194 e/o 112 cod.proc.civ.) sia il
otetirtdt.
Valla
carenza di
vizio di motivazione, precisando che,
elementi che secondo la relazione del consulente
d’ufficio non consentiva di affermare che il suddetto
progetto fosse stato abbandonato in tutto o in parte,
la Corte di merito, invece di disporre il richiesto
supplemento di consulenza diretto a verificare se il
Consiglio di amministrazione avesse o non abbandonato
il progetto, si è limitata ad evidenziare la carenza di
prova rilevata dal c.t.u. in primo grado; in tal modo
ignorando, da un lato, l’illegittima omissione posta in
essere dal c.t.u., dall’altro la richiesta suddetta di
supplemento che avrebbe potuto condurre ad una
rettifica del bilancio decisiva ai fini
dell’accertamento della perdita del patrimonio sociale
e quindi della declaratoria della relativa causa di
scioglimento. 1.1. Con il terzo ed il quarto motivo la
ricorrente denuncia sia il vizio di motivazione sia la
violazione o falsa applicazione dell’art.342
cod.proc.civ., sostenendo che erroneamente la Corte di

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quindi sia la violazione o falsa applicazione di norme

merito avrebbe omesso di considerare, ai fini della
determinazione del contenuto dei motivi di appello, le
eccezioni anche tecniche contenute negli atti di primo
grado (quale la comparsa conclusionale ivi depositata e

citazione in appello ha fatto espresso rinvio.
2.

Le

doglianze

relative

alla

inammissibilità

dell’appello, che occorre prioritariamente esaminare,
sono infondate. Secondo l’orientamento consolidato di
questa Corte (cfr.Cass.n.1248/13; n.2558/10;
n.20261/06), che il Collegio condivide, la funzione
essenziale attribuita dalla legge alla formulazione dei
motivi di appello -di delimitare cioè l’estensione
dell’invocato riesame, indicandone le ragioni-, implica
che l’onere di specificazione imposto dall’art. 342
cod. proc. civ. non può ritenersi assolto con il
semplice richiamo

“per relationem” alle difese svolte

in primo grado, perchè per dettato di legge i motivi di
gravame devono essere contenuti nell’atto
d’impugnazione e, peraltro, la generica “relatio” a
tutto quanto prospettato in prime cure finisce per
eludere il menzionato precetto normativo, demandando al
giudice “ad quem” un’opera d’individuazione delle
censure che la legge processuale non gli affida. Nella

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la relazione tecnica di parte) ai quali l’atto di

specie, quindi, rettamente la Corte territoriale ha
ritenuto inidoneo a svolgere detta funzione l’atto di
appello nella parte in cui l’appellante ha espresso la
volontà di impugnare il rigetto degli ulteriori quattro

introduttivo dell’impugnativa al bilancio 1999″
limitandosi a supportare tale manifestazione di volontà
con il mero richiamo alla comparsa conclusionale di
primo grado ed alla relazione del consulente di parte
attrice.
3.

Parimenti infondate sono le doglianze di cui ai

primi due motivi. In primo luogo, tanto il consulente
d’ufficio quanto la corte d’appello hanno puntualmente
esaminato la specifica questione relativa alla
appostazione nell’attivo patrimoniale dei costi
relativi al completamento del progetto Progman:
entrambi hanno concluso che gli elementi a disposizione
dell’ausiliario del giudice non consentissero di
affermare che tale completamento fosse stato
abbandonato dal CdA della CAFAR, e che quindi, in
difetto di prova di tale circostanza di fatto (che
neppure in ricorso si afferma esistente), non potesse
ritenersi illegittima la capitalizzazione di tali
costi. Devono dunque escludersi tanto la violazione

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motivi di nullità “dedotti nell’atto di citazione

dell’art.194 c.p.c. (anche perché non risulta che al
c.t.u. fosse stato affidato l’incarico di accertare la
suddetta circostanza di fatto), quanto la violazione
dell’art.112 c.p.c., anche per quanto riguarda

consulenza d’ufficio, in relazione alla quale non
potrebbe comunque discutersi di omessa pronuncia
(prospettabile solo con riferimento a domande o
eccezioni di merito:cfr.ex multis Cass.Sez.L n.6715/13;
S.U.n.15982/01). D’altra parte, disattendendo tale
istanza istruttoria, diretta (come si legge in ricorso)
a richiedere al c.t.u. di

“verificare se il CdA della

CAFAR nominato nel dicembre 2000-febbraio 2001 avesse
abbandonato o meno il progetto Progman”,

la corte di

merito non ha omesso un accertamento dovuto, bensì si è
conformata all’orientamento consolidato della
giurisprudenza di questa corte di legittimità. Secondo
il quale (cfr.tra molte: Cass.n.8989/11; n.6155/09;
n.24620/07; n.3191/06) la consulenza tecnica d’ufficio,
non costituendo un mezzo di prova in senso proprio, non
può essere utilizzata al fine di compiere una indagine
esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o
circostanze che non solo non risultano provati ma
neppure allegati dalla parte gravata dei relativi

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l’implicito rigetto della richiesta di supplemento di

oneri; circostanze il cui accertamento, oltretutto, non
appare richiedere nella specie l’ausilio di speciali
cognizioni tecniche.
4.

Si impone pertanto il rigetto del ricorso, con la

in favore di controparte delle spese di questo giudizio
di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte
ricorrente al rimborso in favore di controparte delle
spese di questo giudizio di legittimità, in complessivi
C 8.200,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre

accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione,
il 21 novembre 2013

conseguente condanna della parte ricorrente al rimborso

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