Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5926 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 11/03/2010), n.5926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Campobasso, di seguito “Comune”, in persona del sindaco in

carica, signor D.F.G., rappresentato e difeso dall’avv.

Calise Antonio della Civica Avvocatura;

– ricorrente –

contro

il signor D.G.C.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Campobasso 25 ottobre 2004, n. 115/3/04, depositata il 25 maggio

2005;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 26

gennaio 2010 dal Cons. Dott. MELONCELLI Achille;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti introduttivi del giudizio di legittimita’.

1.1.1. Il 7 – 10 luglio 2006 e’ notificato al signor D.G. C. un ricorso del Comune per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha respinto l’appello del Comune contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Campobasso n. 32/04/2003, che aveva accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso di rettifica n. (OMISSIS) dell’ICIAP 1995.

1.1.2. Il ricorso per Cassazione del Comune e’ sostenuto con due motivi d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa in Euro 269,82, si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con vittoria di spese.

1.2. Il contribuente intimano non si costituisce in giudizio.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) il 19 novembre 2000 il Comune notifica al signor D.G. C., esercente l’attivita’ di bar – tabacchi, l’avviso di rettifica n. (OMISSIS) dell’ICIAP 1995, liquidando un aggravio d’imposta di L. 522.450, determinato dall’attribuzione di una superficie maggiore (fino a mq 200, per una superficie accertata in mq 103, 59) rispetto a quella dichiarata dal contribuente (fino a mq 100);

b) il ricorso del contribuente e’ accolto dalla CTP;

c) l’appello del Comune e’, poi, respinto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per Cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per Cassazione, e’ cosi’ motivata:

a) la CTP ha accolto il ricorso del contribuente, “assumendo che il Comune…, in sede di verifica, concordava con il contribuente una superficie di 100 mq., invece che di mq. 135,73, come ritenuto in origine dal Comune”;

b) nel suo appello il Comune “ha chiesto la riforma della sentenza, rilevando che, ai fini dell’imposta il locale misurava mq. 103,58 complessivi”;

c) “dalla scheda di rilevazione n. (OMISSIS), allegata agli atti della controversia, emerge chiaramente che in data 28.01.98 la parte e il responsabile dell’Ufficio dei Tributi di Campobasso, addivenivano a concordare la rettifica di quanto accertato dal Comune, in mq. 100,00 di superficie. Sulla base di quanto rilevato, quindi, la sentenza di primo grado deve essere confermata”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il primo motivo d’impugnazione.

4.1.1. Il primo motivo d’impugnazione e’ preannunciato dalla seguente rubrica: “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto”.

4.1.2. Il Comune ricorrente, dopo aver richiamato il principio di commisurazione dell’IClAP D.L. n. 66 del 1989, ex art. 1, comma 6, convertito nella L. n. 144 del 1989, afferma che “non e’ revocabile in dubbio come nel caso di specie fosse da riconoscersi la piena computabilita’ dell’intera superficie dell’insediamento produttivo, unitariamente destinata all’esercizio dell’attivita’ esercitata. Da quanto dato rilevare dall’Ente in sede di giudizio di appello come pure dai riscontri documentali prodotti e’ infatti chiaramente emerso: 7 – che la superficie dei locali al coperto si estende per mq 100 (circostanza questa emergente dal concordato TARSU stipulato in data 28.01.1998 – all. C – evidentemente riferentesi alla sola superficie coperta); – che la superficie dell’area attrezzata scoperta si quantifica in mq 30,98 (dato risultante dalla scheda di rilevazione n. (OMISSIS) del 30 agosto 1995 – all. B), rilevando ai fini ICIAP nella misura di mq 3.09 (corrispondenti al 10% dell’intera area scoperta). Da quanto sin qui esposto, discende con tutta evidenza che la superficie complessiva dell’insediamento produttivo ICIAP risulta necessariamente pari mq 103,98, rientrando pertanto nella classe di superficie “fino a mq 200”, cosi’ come correttamente riportato nell’avviso di accertamento impugnato (all. E). Il Giudice di secondo grado, sia travisando i fatti che erroneamente valutando in diritto, ha ritenuto che le parti fossero addivenute nel 1998 “…a concordare la rettifica di quanto accertato dal Comune in mq 100 di superficie” e che tale concordato TARSU potesse riverberare la propria efficacia anche sull’avviso di accertamento ICIAP 1995, cio’ peraltro senza neppure considerare la circostanza che tale avviso di accertamento e’ stato emesso nel 2000 ovvero successivamente al concordato del quale tra l’altro rispetta correttamente le risultanze, essendo nello stesso accertata una superficie coperta di mq 100 in luogo degli originari mq 135,73 accertati nei precedenti avvisi ICIAP – all. F – sulla base della scheda di rilevazione n. (OMISSIS) del 1995”.

4.2. Il primo motivo d’impugnazione e’ inammissibile per tre distinte ed autonome ragioni.

Anzitutto, la censura e’ presentata come un’ipotesi di violazione o falsa applicazione di legge, ma, poi, il ricorrente non indica alcuna norma sulla quale la sua censura si fondi, incorrendo cosi’ nell’inammissibilita’ prevista dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

In secondo luogo, le argomentazioni addotte a sostegno del primo motivo fanno riferimento ad una serie di atti preprocessuali, della cui rilevanza, ai fini della censura, non si da contezza alcuna, perche’ non si riproducono testualmente nel ricorso per Cassazione quelle parti che sono ritenute decisive, ma che sono oggetto di mera asserzione. Ne consegue che la Corte, che non puo’ accedere direttamente agli atti di causa, non e’ posta in condizione di conoscere i dati necessari per valutare la fondatezza della censura proposta senza l’osservanza del principio di autosufficienza.

Infine, la doglianza del Comune, nonostante sia presentata sotto la rubrica della violazione di legge, denuncia in realta’ un errore di fatto, che non puo’ farsi valere con il ricorso per Cassazione.

5. Il secondo motivo d’impugnazione.

5.1.1. Il secondo motivo d’impugnazione e’ posto sotto la seguente rubrica: “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione relativamente a un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio”.

5.1.2. Il Comune rileva “l’assoluta insufficienza e incongruita’ della motivazione della sentenza impugnata, la quale riporta addirittura in maniera non corretta gli stessi elementi istruttori rilevabili dagli atti di causa, in particolare laddove si afferma:

… dalla scheda di rilevazione n. (OMISSIS) (…) emerge chiaramente che in data 28.01.98…; mentre in realta’ la scheda menzionata, compilata in data 30.08.1995, non contiene ne’ poteva contenere alcun riferimento al concordato TARSU stipulato in data 28.01.98”.

5.2. Il motivo e’ inammissibile, perche’ la censura non e’ sostenuta da alcuna specifica motivazione, ma da affermazioni che ipotizzano, in realta’, un errore di fatto, cosicche’ esso e’ inammissibile anche perche’ il ricorrente cerca cosi’ di far rettificare un errore di diritto con un mezzo inidoneo a tal fine, qual e’ il ricorso per Cassazione.

6. Conclusioni.

Le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso.

Poiche’ l’intimato non si e’ costituito in giudizio, nulla deve disporsi sulle spese processuali relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

 

 

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