Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5922 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 23/02/2022), n.5922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18760-2020 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA CORETTI, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO,

CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

80, presso lo studio dell’avvocato ANNA (ANNAISA) GARCEA,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SARDANELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1200/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 14/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALERIA

PICCONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza depositata il 14 novembre 2019, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da C.L. avente ad oggetto la dichiarazione di illegittimità dell’iscrizione d’ufficio del ricorrente alla Gestione separata per l’anno 2008 e la non debenza delle somme a tale titolo pretese dall’INPS;

– la Corte in particolare, ha ritenuto che, sebbene non potesse in linea generale dubitarsi dell’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata per gli esercenti la professione di ingegnere ove a) esercitino abitualmente l’attività professionale per cui sono iscritti all’albo; b) esercitino quell’attività occasionalmente, producendo un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 44 (conv. con L. n. 326 del 2003), nel caso di specie, tuttavia, l’Inps non avesse assolto l’onere di dimostrare l’esercizio abituale, da parte del ricorrente, nell’anno considerato, della propria attività di ingegnere;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un unico, articolato, motivo di censura;

– resiste, con controricorso assistito da memoria, C.L..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e ss., del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2 (conv. con L. n. 111 del 2011), del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, della L. n. 576 del 1980, artt. 10, 11 e 22, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 10, e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, (conv. con L. n. 326 del 2003), per non avere la Corte d’appello ritenuto che dall’iscrizione del C. all’Albo degli ingegneri non si desumesse, inequivocabilmente, lo svolgimento a parte della stessa di un’attività abituale;

– il motivo è infondato;

– ricostruendo la portata precettiva della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, per come autenticamente interpretato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 (conv. con L. n. 111 del 2011), questa Corte, sulla scorta di Cass. S.U. n. 3240 del 2010, ha avuto modo di affermare più volte che l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (ancorché non esclusivo) ed anche occasionale (oltre la soglia monetaria indicata nel D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con L. n. 326 del 2003) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così, espressamente, Cass. n. 4419 del 2021 che era stata preceduta da Cass. n. 32167 del 2018, in motivazione nonché tra le numerose, Cass. n. 519 del 2019, Cass. n. 317 e Cass. n. 1827 del 2020, Cass. n. 477 e Cass. n. 478 del 2021); – trattasi di affermazione che discende agevolmente dalla lettura del combinato disposto della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, entrambi cit., il primo dei quali, per quanto qui rileva, prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione a carico dei “soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, e successive modificazioni ed integrazioni”, mentre il secondo, a decorrere dal 10 gennaio 2004, estende tale obbligo anche ai “soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale (…) solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad Euro 5.000”;

– tanto premesso, risulta evidente come la sentenza impugnata si sia conformata all’interpretazione di questa Corte accertando, in fatto, l’assenza di abituale svolgimento di attività professionale;

– nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettera delle disposizioni citate, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento;

– la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità;

– deve, quindi, ritenersi dirimente il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno;

– nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività ma va rilevato che si tratta di presunzioni che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto;

– ciò che rileva è che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, valorizzando all’uopo i sopra mentovati indici e, fra di essi, la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a Euro 5.000,00 può semmai rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto, l’INPS abbia dimostrato che l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità;

– tale abitualità (cfr., sul punto Cass. n. 4419 del 2021 cit.) dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina ch’e’ propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui al citato D.L. n. 269 del 2003, art. 44, che invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale;

– in quest’ottica, reputa il Collegio che l’affermazione contenuta in Cass. n. 3799 del 2019, secondo cui la produzione di un reddito superiore a Euro 5.000,00 darebbe luogo ex se all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, debba essere intesa come volta ad affermare che, in quella data fattispecie, la produzione di un reddito superiore alla soglia considerata valeva a privare di rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell’attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che, quand’anche se ne fosse voluta predicare la non abitualità, il superamento della soglia di cui al citato D.L. n. 269 del 2003, art. 44, ne avrebbe comunque determinato la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata;

– nel caso di specie, tale accertamento è stato compiuto dalla Corte d’appello di Salerno che, in presenza di un reddito prodotto sicuramente inferiore al predetto limite, ha escluso che, in punto di fatto, fosse stata fornita la prova del carattere abituale dello svolgimento della professione;

– il ricorso deve, quindi, essere respinto;

– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 1000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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