Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5920 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5920 Anno 2014
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

Ud. 25.6.2013
SENTENZA
sul ricorso n. 10189 dell’anno 2010 proposto da:
LABOR S.A.S. DI PADOVANI ANTONIO
PADOVANI ANTONIO
CARRAVIERI GIANNA
Elettivamente domiciliati in Roma, via Giulio Cesare, n. 14, nello studio dell’avv. Maria Teresa Barbantini Fedeli, che li rappresenta e difende, unitamente agli avv.ti Giannantonio Altieri e Nicola
Rcbgobello, giusta procura speciale in calce al ricorso.

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Data pubblicazione: 13/03/2014

ricorrenti
contro

Elettivamente domiciliata in Roma, via del Tritone,
n. 102, nello studio dell’avv. Ugo Ticozzi, che la
rappresenta e difende, giusta procura speciale a
margine del controricorso.
controricorrente

per la revocazione ex art. 391 bis c.p.c. della
sentenza di

questa Corte di cassazione n.

1601/2012, depositata in data 8 febbraio 2012, con
la quale veniva dichiarato improcedibile il ricorso
avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia, n. 420/11, depositata il 3 marzo 2011;
sentita la relazione all’udienza del 25 giugno 2013
del consigliere Dott. Pietro Campanile;
sentito per i ricorrenti l’avv. Nicola Rigobello;
udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del Sostituto Dott. Aurelio Golia, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

l -Con atto di citazione del 12 febbrfaio 1999 la
Labor s.a.s. di Padovani Antonio, nonché quest’ultimo in proprio e Carravieri Gianna y convenivano in

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CASSA DI RISPARMIO DEL VENETO S.P.A.

giudizio davanti al Tribunale di Rovigo la Cassa di
Risparmio di Padova e Rovigo, per sentirla condannare alla restituzione di quanto da essa indebita-

1.1. In proposito il Padovani e la Carravieri precisavano di essere stati soci unici della Labor,
della Immobiliare Agricola s.a.s. e della Cerere
s.n.c.; che le prime due società erano state dichiarate fallite, mentre la terza si era estinta;
che la Banca si era insinuata al passivo di ciascuno dei fallimenti per la somma di L. 796.165.370,
somma, ad avviso degli attori, non dovuta nella
sua interezza, per effetto dell’illegittimo addebito di interessi in misura ultralegale.
1.2 – La Banca, costituitasi, eccepiva l’intervenuta prescrizione del diritto azionato e chiedeva comunque il rigetto della domanda, richiesta che il
tribunale accoglieva decidendo in conformità.
1.3 – La decisione di rigetto adottata in primo
grado veniva poi confermata dalla Corte di Appello
di Venezia, che, in particolare, rilevava l’intervenuta prescrizione del diritto di credito vantato
dagli originari attori, in ragione della duplice
considerazione che il fallimento non sospenderebbe
il termine di prescrizione, mentre il “dies a quo”

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mente percepito.

del termine per far valere il diritto azionato
coinciderebbe con la data di chiusura del conto
corrente (i fallimenti erano stati dichiarati

1.4 – Avverso tale sentenza la società Labor, il
Padovano e la Carravieri proponevano ricorso per
cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui resisteva la Cassa di Risparmio del Veneto (già Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo)
con controricorso.
1.5 – Questa Corte, con sentenza n. 1601 del 2012,
accogliendo l’eccezione della controricorrente circa la tardività dell’iscrizione a ruolo del ricorso
(avvenuta il 26 maggio 2001, a fronte della notificazione del ricorso in data 5 maggio 2011), ne dichiarava l’improcedibilità.
1.6 – Avverso tale decisione la Labor s.a.s., il
Padovani e la Carravieri propongono ricorso per
revocazione i sensi dell’art. 391 bis c.p.c. in relazione all’art. 395, n. 4 c.p.c., affidato ad unico motivo, cui la Cassa di Risparmio del Veneto resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative ai
sensi dell’art. 378 c.p.c..

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nell’anno 1986) e della revoca degli affidamenti.

Motivi della decisione
2 – I ricorrenti, denunciando violazione dell’art.
369 c.p.c., rilevano che questa Corte, nel dichia-

avrebbe considerato che, essendosi il proprio difensore avvalso, ai sensi dell’art. 134 disp. att.
C.p.c., del servizio postale per l’invio del plico, la relativa data di spedizione era anteriore a
quella, indicata nella stessa sentenza revocanda,
del 26 maggio 2011, ed inoltre che il plico era
pervenuto all’Ufficio Protocollo della Corte in data 24 maggio 2011.
2.1 – La censura è fondata, in quanto dall’esame
diretto degli atti processuali, consentito dalla
denuncia di un “error in procedendo”, risulta che
il plico contenente il ricorso notificato e gli altri documenti prescritti dall’art. 369 c.p.c. venne
spedito il 19 maggio 2011 e, per altro, pervenne
all’Ufficio del protocollo il successivo 24 maggio.
2.2 – Deve quindi trovare applicazione la disposizione contenuta nel quinto comma del citato art.
134 delle disp. att. del codice di rito, a mente
del quale il deposito e le varie integrazioni di
cui al comma precedente si hanno per avvenute a
tutti gli effetti alla data di spedizione dei pli-

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rare la tardività del deposito del ricorso, non

chi con lettera raccomandata (Cass., 3 marzo 2010,
n. 5071, Cass., 23 gennaio 2009, n. 1694).
3 – Deve, pertanto, accogliersi la domanda di revo-

te, in quanto la dichiarazione di improcedibilità
del ricorso venne determinata dall’erronea percezione di un atto interno del giudizio di cassazione.
4 – Deve quindi procedersi all’esame dei motivi
contenuti nel ricorso proposto avverso la suindicata sentenza della Corte di appello di Venezia, in
relazione ai quali, contrariamente a quanto sostiene la controricorrente, non sussiste, per chi propone ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391
bis c.p.c., alcun onere di riproposizione (Cass., 2
novembre 2010, n. 22292; Cass., Sez. un., 30 dicembre 2004, n. 24170; Cass., Sez. un., 20 novembre
2003, n. 17631).
5 – Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione in relazione al contrasto insanabile fra la
motivazione della decisione impugnata, in relazione
alla legittimazione ad agire quali soci delle società sciolte, espressamente ritenuta sussistente,
e il dispositivo, che, con il riferimento alla conferma della decisione di primo grado, nella quale

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cazione della decisione n. 1601/2012 di questa Cor-

detta legittimazione era stata esclusa, ha affermato il contrario.
6 – Con il secondo mezzo si denuncia violazione

c.c., nonché motivazione contraddittoria, in relazione all’individuazione del termine iniziale di
prescrizione dell’indebito oggettivo, effettuata in
base alla data della chiusura del conto e non a
quella dell’effettivo pagamento.
7 – Il primo motivo è fondato. Nella decisione impugnata si dà atto che il Tribunale di Rovigo, con
sentenza n. 129 del 2005, aveva ritenuto che i signori Antonio Padovani e Gianna Carravieri fossero
privi di legittimazione ad esercitare l’azione di
ripetizione di indebito.
La corte di appello, in motivazione, ha affermato
(evidentemente ispirandosi al principio della efficacia solo endofallimentare dell’ammissione al passivo : cfr. Cass., 9 maggio 2007, n. 10634) che i
predetti “hanno titolo ad agire nei confronti della
Banca per ottenere il pagamento di quanto in più da
questa incamerato”, ma nel dispositivo ha confermato la decisione di primo grado, che, come sopra
evidenziato, tale legittimazione aveva espressamente escluso.

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degli art. 1823, 1842, 1843, 1419, 2033 e 2935

Deve pertanto ritenersi che si sia verificato un
insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo,
tale da determinare – “in parte qua”, la nullità

to dalla mancanza di una motivazione idonea a sorreggere la statuizione adottata (Cass., 27 giugno
2012, n. 10747; Cass., 21 giugno 2005, n. 13325).
8 – Parimenti fondato è il secondo motivo, in quanto i principi affermati da questa Corte nelle decisioni indicate dalla corte territoriale (Cass., 9
aprile 1984, n. 2262; Cass., 14 maggio 2005, n.
10127), e ribaditi di recente a Sezioni unite
(Cass., 2 dicembre 2010, n. 24418, richiamata anche
nella nota decisione della Corte cost. n. 78 del
2012) riguardano la prevalenza, rispetto alle anteriori annotazioni nel conto corrente, della chiusura del rapporto contrattuale ai fini della individuazione del “dies a quo” per la prescrizione dei
diritti nascenti dalle annotazioni stesse, ma senza
pregiudicare il termine iniziale coincidente con il
pagamento solutorio, verificatosi, come nella specie, in epoca successiva alla chiusura del conto.
Infatti il suddetto orientamento si fonda sulla tesi che, quando il passivo non abbia superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, i versa-

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della decisione, affetta dal vizio logico costitui-

menti da questi posti in essere hanno natura di atti ripristinatori della provvista di cui il correntista può ancora continuare a godere (cfr. anche

bre 2005, n. 24588; Cass., 18 ottobre 1982, n.
5413). La corte territoriale non ha considerato che
quanto, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia preteso e
ottenuto dal correntista la restituzione del saldo
finale, nel computo del quale risultino comprese
somme e competenze non dovute, è, contrariamente
all’ipotesi sopra esaminata, configurabile la fattispecie dell’adempimento, sub specie di pagamento.
Trova applicazione, in questo caso, il principio,
ribadito di recente (Cass., 15 luglio 2011, n.
15669), secondo cui il termine di prescrizione
dell’azione di ripetizione di indebito oggettivo,
volta ad ottenere la condanna alla restituzione
della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, inizia a decorrere dalla data del pagamento.
9 – Quanto alla tesi della controricorrente, secondo cui il ricorso andrebbe comunque rigettato, in
quanto la decisione – della quale dovrebbe correggersi la motivazione – sarebbe conforme a diritto,

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Cass., 6 novembre 2007, n. 23107; Cass., 23 novem-

non potendo considerarsi indebito il pagamento eseguito sulla base di un provvedimento di ammissione
al passivo, osserva la Corte che non è consentita,

gole del contraddittorio, un’interpretazione
dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., tale da investire aspetti della controversia che – in quanto
totalmente assorbiti – non abbiano formato oggetto
di esame da parte del giudice del merito e non abbiano alcuna attinenza con il punto della sentenza
impugnato con il ricorso.
Giova in proposito ricordare che in virtù della natura preclusiva dell’eccezione di prescrizione, la
decisione che l’abbia accolta non presuppone necessariamente un accertamento implicito – sul quale
possa formarsi il giudicato – in ordine alla sussistenza del diritto ritenuto prescritto ed alla individuazione dei soggetti del relativo rapporto obbligatorio (Cass., 18 ottobre 2000, n. 13815;
Cass., 2 dicembre 1994, n. 10333). Pertanto, non
avendo la Corte di appello esaminato il delicato
tema del rilievo, nella presente controversia, del
principio dell’efficacia endofallimentare del decreto di esecutività dello stato passivo, non è
possibile estendere in questa sede la cognizione a

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in violazione del principio dispositivo e delle re-

questioni non devolute al giudizio di questa corte
ed assorbite dal tema della prescrizione
dell'”actio indebiti”.

deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Venezia, che, in diversa composizione,
esaminerà la questione della legittimazione del Padovani e della Cannavieri senza incorrere nel rilevato vizio motivazionale ed applicherà i principi
sopra enunciati in tema di prescrizione
dell’azione, provvedendo, altresì, al regolamento
delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.

Accoglie il ricorso per revocazione della sentenza
di questa Corte n. 1601/2012; pronunciando sul ricorso n. 13138/2011, accoglie entrambi i motivi.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese, alla Corte di appello di Venezia, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 25 giugno 2013.

10 – L’impugnata decisione, per le esposte ragioni,

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