Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5919 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 24/10/2016, dep.08/03/2017),  n. 5919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15927/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.V. titolare dell’omonima Ditta, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA 262-264, presso lo

studio dell’avvocato SALVATORE TAVERNA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALESSANDRO PAINO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 65/2009 della COMM. TRIB. REG. della SICILIA,

depositata il 24/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/10/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato STEFANINI per delega orale

dell’Avvocato TAVERNA che si riporta e chiede il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di M.V. venne emesso relativamente all’anno d’imposta 2003 avviso di accertamento sulla base di p.v.c. Secondo il p.v.c. il contribuente aveva acquistato da ditta di un paese comunitario bestiame mediante la fittizia interposizione della ditta CO.BE.VI. e successivamente di S.V., così creando un credito d’imposta ai fini dell’IVA e dei costi deducibili in sede di imposte dirette. Il ricorso proposto dal contribuente venne accolto dalla CTP, con condanna dell’Amministrazione finanziaria al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, reputando l’esistenza di rapporti commerciali solo con la ditta S., priva di debiti IVA, e la legittimità della “triangolazione” ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 4. L’appello dell’Ufficio venne rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia sulla base della seguente motivazione.

L’Ufficio, su cui incombeva l’onere di provare l’inesistenza delle operazioni, non ha provato il proprio assunto. “Ampiamente argomentate invece risultano le tesi difensive di parte contribuente: i documenti di trasporto sono stati rinvenuti presso il destinatario finale; i certificati veterinari risultano essere conformi alle prescrizioni; i pagamenti risultano essere stati effettuati con bonifici bancari (e quindi indubbiamente “tracciabili”). Tali elementi sono stati sostenuti da idonei elementi di prova…anche nella sede che qui ci occupa sussistono i presupposti previsti dalla legge per integrare la responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., concretizzatasi nella mancanza di quella doverosa diligenza che consente di avvertire l’infondatezza della propria domanda a danno del contribuente”.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che l’affermazione della CTR secondo cui l’accertamento sarebbe privo di supporto probatorio è infondata in quanto sia nel p.v.c. che nell’atto di appello risultano richiamate le prove a base dell’azione impositiva, ed in particolare: il rinvenimento dei documenti di trasporto (CMR) presso il consegnatario e non presso il destinatario/importatore dei bovini; la circostanza che nelle fatture emesse dalla ditta S. era contenuto l’espresso riferimento a detti documenti; l’avvenuta sottoscrizione delle comunicazioni all’ufficio veterinario per gli adempimenti comunitari da parte del contribuente e non da parte dell’importatore/destinatario; l’assenza di documentazione amministrativa/contabile relativa ai trasporti attestanti l’esistenza di un effettivo rapporto commerciale tra le parti. Lamenta che la CTR ha concluso apoditticamente nel senso di mancanza degli elementi probatori senza considerare le circostanze sopra evidenziate.

Il motivo è fondato. La motivazione della decisione impugnata contempla solo in parte le circostanze enunciate nel motivo di censura. E’ ben vero che al fine di adempiere l’obbligo della motivazione il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti essendo sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali è fondato il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non siano menzionati specificamente, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 1 ottobre 2002, n. 14075). Le circostanze menzionate nel motivo non possono reputarsi valutate per implicito perchè restano compatibili con la decisione adottata.

La CTR ha valutato la circostanza del rinvenimento dei documenti di trasporto presso il destinatario finale, ma quale circostanza favorevole al contribuente. Allo scopo di neutralizzare la pretesa impositiva, basata sull’inesistenza soggettiva dell’operazione economica anche grazie alla considerazione del rinvenimento dei documenti di trasporto presso il destinatario finale, non è chiaro, nel percorso logico della decisione, perchè questo elemento abbia giocato un ruolo favorevole al contribuente.

Riconoscere poi che i certificati veterinari risultano essere conformi alle prescrizioni e che i pagamenti sono stati effettuati con bonifici bancari non neutralizza il rilievo delle circostanze evidenziate nel motivo in esame. Sulla base di quanto evidenziato nella motivazione della decisione resta infatti non confutato il fatto dell’avvenuta sottoscrizione delle comunicazioni all’ufficio veterinario per gli adempimenti comunitari da parte del contribuente e non da parte dell’importatore/destinatario e l’assenza di documentazione amministrativa/contabile relativa ai trasporti attestanti l’esistenza di un effettivo rapporto commerciale tra le parti. Tali elementi restano privi di spiegazione all’esito della lettura della motivazione. Non si comprende quindi se le circostanze in esame siano state valutate nel corso del procedimento decisionale. Di qui il carattere gravemente deficitario della motivazione.

Con il secondo motivo si denuncia insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che con l’atto di appello era stato evidenziato che non era ascrivibile all’Ufficio il danno derivante dall’attribuzione della notizia di reato, posto dalla CTP alla base della responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. e che la CTR non aveva confutato tale rilievo, limitandosi a richiamare l’astratta sussistenza dei presupposti della fattispecie di responsabilità.

L’accoglimento del precedente motivo determina l’assorbimento del motivo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo motivo, e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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