Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5918 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5918 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA

91/

sul ricorso 26876-2012 proposto da:
RICCARDUCCI MARIA RITA (RCCMRT59A56A271F)
elettivamente domiciliata in ROMA, ‘VIA FRANCESCO SAVERIO
NITTI 11, presso lo studio dell’avvocato NAPOLETANO PAOLO,
che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
ASTRAZENECA SPA in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato LOTTI MASSIMO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAVERIO
FABRIZIO, giusta delega a margine del controricorso;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 13/03/2014

avverso la sentenza n. 1236/2012 della CORTE D’APPELLO di
MILANO del 17.7.2012, depositata il 04/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito per la controricorrente l’Avvocato Massimo Lotti che si riporta

agli scritti.

Ric. 2012 n. 26876 sez. ML – ud. 04-02-2014
-2-

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 3 febbraio
2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a
norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” La Corte di appello di Milano, con sentenza del 4 ottobre 2012,

domanda proposta da Riccarducci Maria Rita intesa ad ottenere la
declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatole con missiva del 13
settembre 2010 dalla Astrazeneca s.p.a. e la condanna di quest’ultima alla
sua reintegra nel posto di lavoro nonché al pagamento delle retribuzioni
globali di fatto dalla data del recesso alla effettiva reintegra, oltre
rivalutazione monetaria ed interessi legali.
Ad avviso della Corte territoriale l’unico motivo di appello — ovvero la
diversa qualificazione del recesso come licenziamento individuale
nonostante la qualificazione di licenziamento per riduzione di personale e
collocazione in mobilità contenuta nella lettera del 13.9.2010 — era
inammissibile oltre che infondato. Rilevava la Corte che era inammissibile
ex art. 345 c.p.c. perché la deduzione contenuta nel gravame – secondo
cui la società datrice di lavoro aveva apposto una condizione
all’applicazione dell’accordo sindacale aziendale del 19 aprile 2010 ragion
per cui, non essendosi verificata tale condizione, detto accordo non
trovava applicazione alla Riccarduccci e, quindi, il licenziamento era da
considerarsi individuale e non collettivo — era stata proposta per la prima
volta in appello. Aveva, poi, osservato che il motivo era anche infondato
in quanto la lettura complessiva della missiva di licenziamento smentiva la
ricostruzione effettuata dalla appellante.
Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso la Riccarducci
affidato ad un unico motivo.
L’Astrazeneca s.p.a. resiste con controricorso.
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confermava la decisione del Tribunale di Milano che aveva rigettato la

Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione dell’art. 1353 c.c.
per non aver la Corte di appello di Milano rilevato l’incidenza della
condizione della transazione sulla efficacia del licenziamento finendo con
il ritenere quest’ultimo un licenziamento collettivo e non individuale così
non ammettendo i mezzi istruttori articolati. Si deduce, altresì, violazione

lettera del 13.9.2010 con la quale si intimava il recesso.
Si argomenta che dal contenuto di detta missiva emergeva che,
contrariamente a quanto affermato nella impugnata sentenza,
l’applicazione dell’accordo sindacale aziendale ex art. 5 L.n. 223/91 del
19.4.2010 era stata subordinata alla condizione della definitiva e generale
transazione del contenzioso in essere tra la ricorrente e la Astrazeneca e,
dunque, non essendosi verificato tale evento, il licenziamento era
individuale ed andavano ammessi i mezzi istruttori articolati nel ricorso
introduttivo.
La lettera di licenziamento era nulla, inoltre, perché il subordinare
l’efficacia di un accordo sindacale per la riduzione del personale e la
collocazione in mobilità a condizione era causa di nullità, ex art. 1354 c.c.,
per contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon
costume.
Il motivo è inammissibile.
Vale ricordare che nel caso in cui venga impugnata con ricorso per
cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni,
tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla
cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato
oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo
nella sua interezza con raccoglimento di tutte le censure, affinché si
realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve
mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per

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dell’art. 1354 c.c. in relazione alla mancata dichiarazione di nullità della

tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne
consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia
formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia
respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo
capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo

poste a base della sentenza o del capo impugnato ( Cass. Sez. U, n. 16602
del 08/08/2005; successive conformi , ex multis: Cass. n. 21431 del
12/10/2007; Cass. Se

U, n. 10374 de/08/05/2007).

Orbene, nel caso in esame, è stata censurata solo una delle due “rationes
decidendi” poste a fondamento della impugnata sentenza. Ed infatti,
nessuna critica è stata mossa alla prima delle ragioni addotte dalla Corte di
merito a sostegno del rigetto del gravame e cioè che la deduzione secondo cui la società datrice di lavoro aveva apposto una condizione
all’applicazione dell’accordo sindacale aziendale del 19 aprile 2010 ragion
per cui, non essendosi verificata tale condizione, detto accordo non
trovava applicazione alla Riccarduccci e, quindi, il licenziamento era da
considerarsi individuale e non collettivo — era stata proposta per la prima
volta in appello e, perciò, era inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c..
Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di
inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc.
civ., n. 5.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
La Riccarducci ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. le cui
argomentazioni non scalfiscono le motivazioni di cui alla riportata
relazione che il Collegio condivide nel contenuto e nelle conclusioni.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.

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inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni

Le spese, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della
ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014
esidente

2.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

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