Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5912 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2022, (ud. 30/09/2021, dep. 23/02/2022), n.5912

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Intestazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 21567-2020 proposto da:

PARTECIPANZA AGRARIA DI CENTO, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA, 214,

presso lo studio dell’avvocato LUISELLA VALENTINO, rappresentata e

difesa dall’avvocato CESARE BENAZZI;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE ENGINDUE SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3353/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

CONSIDERATO

che il Relatore ha formulato proposta nei termini seguenti:

“ritenuto che la Partecipanza Agraria di Cento ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna di cui in epigrafe, che rigettò l’impugnazione avanzata dalla ricorrente avverso la sentenza di primo grado, che aveva disatteso la domanda di negatoria servitutis prediale, nei confronti della Engidue, proprietaria di un fondo confinante e della s.r.l. F.G.R., locataria di quest’ultimo fondo e riconosciuto il diritto di passaggio, acquisito per usucapione, in furore della Engidue;

che le controparti sono rimaste intimate;

Considerato che il primo motivo, con il quale la ricorrente denunzia nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per non aver partecipato al giudizio il titolare (non meglio specificato) del diritto di superficie del fondo di proprietà della ricorrente, di cui al “rogito notaio G. del 2006”, è manifestamente infondato alla luce del principio di diritto, più volte ribadito da questa Corte, secondo il quale in materia di procedimento civile, “actio confessoria” o “l’actio negatoria servitutis” (in quanto volta a pronuncia di mero accertamento) diretta – nell’ipotesi che il fondo dominante o quello servente o entrambi appartengano “pro indiviso” a più proprietari – soltanto a far dichiarare, nei confronti di chi ne contesti o ne impedisca l’esercizio, l’esistenza della servitù o a conseguire la cessazione delle molestie, non dà luogo a litisconsorzio necessario, né dal lato attivo né da quello passivo. Solo qualora sia domandato anche un mutamento dello stato di fatto dei luoghi, mediante la demolizione di manufatti o di costruzioni, che incida su di un rapporto inscindibilmente comune a più soggetti, l’azione deve essere esperita nei confronti di tutti i proprietari, giacché solo in tal caso la sentenza, ove non avesse efficacia nei confronti di tutti, risulterebbe ineseguibile e, pertanto, “inutiliter data” (Sez. 2, n. 8261, 776/2002, Rv. 554957; conf. Cass. nn. 6622/2016 e Cass. n. 17663/2018).

Considerato che il secondo motivo, con il quale la ricorrente deduce, in via di subordine, violazione o falsa applicazione della L. n. 168 del 2017, art. 3, commi 1 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, “nella parte in cui sancisce e conferma che il regime giuridico dei beni collettivi resta l’inalienabilità e l’inusucapibilità”, è inammissibile per la novità della questione, che non consta essere stata posta nel corso del giudizio di merito;

considerato che, di conseguenza, siccome a ermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, R2). 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2,” sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti””.

Diritto

CONSIDERATO

che il Collegio esclude sussistere evidenza decisoria.

 

P.Q.M.

rimette il processo alla pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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